GenZ: i trend che i marketer europei devono considerare

In Europa la popolazione tra 14-27 anni è pari a 48,5 milioni di persone, di cui 7,6 milioni in Italia. Pur trattandosi di un segmento meno ampio rispetto alle generazioni precedenti (i Boomer sono quasi 70 milioni), i GenZ continuano a essere al centro delle attenzioni delle aziende.
Ma quali sono i trend che i marketer devono tenere in considerazione, e le domande che devono porsi?

Anzitutto, nonostante gli stereotipi sulla loro pigrizia, dall’Osservatorio Eumetra emerge l’ambizione e il desiderio di guadagnare, ma anche poter lavorare da casa e per gestire meglio l’equilibrio con la vita privata.
Che il denaro a disposizione provenga dal lavoro o dalla ‘paghetta’, poi, la grande maggioranza dei GenZ qualcosa vuole risparmiare. Un aspetto che i player del settore finanziario devono considerare.

Nuovi stili di acquisto e pagamento

Se i social sono anche un modo per esplorare brand o prodotti e fare acquisti, si affermano nuove pratiche di pagamento, come il Buy now, pay later’. Ma è il benessere mentale la meta più ambita dei giovani.
L’ansia è in parte condizionata dai social media e dalla proposta di corpi irrealistici, minacce sui cambiamenti climatici e video di guerra. Il costo della psicoterapia per alcuni è insostenibile. Cosa possono fare i brand per supportare i giovani?

E come è cambiata la relazione con il proprio corpo rispetto al passato? Persiste l’inseguimento di modelli irrealistici o c’è una maggiore accettazione di sé e delle diverse caratteristiche individuali?

Eco-ansia, cambiamenti climatici, sostenibilità

È nota la sensibilità e l’attenzione delle nuove generazioni verso i temi della sostenibilità nella declinazione ambientale e sociale. Otto GenZ su 10 ritengono che sia importante prendere misure urgenti per combattere il cambiamento climatico. Ma cosa fa la Gen Z concretamente per contribuire a cambiare la situazione attuale? Qual è il peso di questi temi sulla loro visione del futuro?

Quanto alla TV, quella lineare non è molto seguita dai GenZ, ma anche la TV in streaming deve competere con la visione di video o altro sulle diverse piattaforme online. Qual è la frequenza di esposizione a questi media? Che tipologie di contenuti sono preferiti?

Un nuovo immaginario per tante domande

Che ruolo ha la socializzazione fra i gamer della Gen Z? E quanto è diffuso il gioco con vincite in denaro? E ancora, quali sono le serie di fiction preferite? E i gruppi o i cantanti preferiti? Gli influencer seguiti? O quelli più associabili ai singoli settori? Qual è il peso dell’influenza di questi ultimi?

Le prime edizioni dell’Osservatorio Eumetra hanno evidenziato un atteggiamento decisamente diverso nei confronti delle marche rispetto alle altre generazioni. Meno legati alla notorietà e alla storicità della marche, i GenZ si attendono di avere qualcosa in ritorno dalle aziende e prestano particolare attenzione alle testimonianza di consumatori reali.
Insomma, come i brand possono coinvolgere i GenZ, e quali sono gli stili e i linguaggi di comunicazione più adatti a parlare con loro?

Healthcare, nuovi trend: benessere psicofisico e utilizzo delle nuove tecnologie

Rispetto a 5 anni fa, il 37% degli italiani dichiara di essere maggiormente interessato al proprio benessere fisico, mentre oltre un terzo è più attento al benessere psicologico, con un picco del 40% nella fascia di età tra 18 e 29 anni (fonte: Osservatorio Sanità UniSalute).
Nonostante l’aumento del costo della vita, le famiglie italiane sembrano decise di non rinunciare alle spese sanitarie, limitando invece quelle per beni e servizi ritenuti non essenziali.

Per approfondire questo tema Nomisma ha realizzato una ricerca i cui risultati completi verranno presentati in occasione dell’evento About Health, dedicato a trend, normative e strategie di web marketing nel settore salute che si terrà a Bologna il prossimo 23 maggio.

A chi rivolgersi per cure e controlli?

La crisi sanitaria connessa alla diffusione della pandemia Covid-19 ha indubbiamente influenzato l’approccio degli italiani al tema salute e al tema del ricorso a cure e visite mediche. Al tempo stesso, ha condizionato anche l’operato delle strutture sanitarie italiane.

Ma a chi si rivolgono gli italiani per i controlli e le cure?
Dopo la pandemia, circa 13 milioni di persone hanno preferito prestazioni in libera professione, erogate da strutture private. Tra i criteri che guidano questa scelta, oltre a tempi di attesa inferiori (72%), anche maggiore disponibilità di date e orari per visite o esami (43%) e maggiore semplicità nel prenotare la visita o l’esame (28%).

La trasformazione digitale dell’healthcare

Un altro criterio riguarda la disponibilità di tecnologie avanzate (fonte: Osservatorio Sanità UniSalute).
A questo riguardo, il tema della trasformazione digitale del settore healthcare gioca un ruolo rilevante, tanto che la gran parte delle aziende sanitarie in Italia stanno dedicando ingenti risorse su questo fronte. Nel 2022 gli investimenti sono stati 1,8 miliardi di euro, soprattutto per cybersecurity, cartella clinica elettronica e telemedicina.

Del resto, 1 adulto su 3 utilizza strumenti digitali nell’ambito del benessere e della salute, considerando l’opportunità, in particolare, in termini di semplificazione all’accesso e all’utilizzo dei servizi (47%), maggiore possibilità di scelta (38%) e maggiore continuità nella cura (32%).

Internet o passaparola?

Nel complesso, il processo di digitalizzazione in ambito salute rappresenta una modalità integrativa della fruizione del servizio. Il contatto diretto con medici e professionisti sanitari non è messo in discussione, rappresentando sempre la modalità di interazione cruciale con il paziente.

Piuttosto, la digitalizzazione riguarda soprattutto la fase di ricerca di un servizio adeguato alle proprie esigenze.
Nelle fasi preliminari di individuazione della struttura a cui rivolgersi gli italiani si affidano infatti principalmente a internet, ritenuto più efficace per gli utenti del Nord Italia, mentre al Sud e nelle Isole il principale strumento è il passaparola e nelle regioni del Centro trova maggiore riscontro l’azione di promozione intrapresa dalle strutture sanitarie, realizzata tramite spazi fissi dedicati.

Salute mentale, come promuoverla anche in azienda?

Il tema della salute mentale è motivo di preoccupazioni su scala mondiale. A livello globale, infatti, il 32% della popolazione segnala la presenza di disturbi mentali, in aumento del 5% rispetto al 2022. In Italia, la percentuale si attesta al 28%, ma registra una crescita di 6 punti rispetto all’anno precedente.

Questi dati emergono dalla quarta edizione del Mind Health Report, un’indagine condotta da Ipsos per AXA sul benessere mentale in 16 Paesi, inclusa l’Italia.Tra i campanelli d’allarme principali vi è una scarsa consapevolezza sull’argomento e un aumento dell’autodiagnosi e dell’autogestione.

Benessere mentale e lavoro

In particolare, stanno raggiungendo livelli allarmanti i problemi di benessere mentale legati al lavoro. Tuttavia la maggior parte delle persone non considera il lavoro la principale causa di tali difficoltà.

Salute mentale in Italia

In Italia, il 28% della popolazione ha sofferto di disturbi mentali nell’ultimo anno, con un aumento del 6% rispetto all’anno precedente. L’ansia è il disturbo più comune (14%), seguito dalla depressione (12%). Sul fronte della gestione e della cura, il 44% degli italiani ha scelto di auto-gestire disturbi relativi al benessere mentale, un trend in aumento di 7 punti rispetto al 2022 e più diffuso rispetto al resto del mondo (40%). Un terzo degli italiani sospettati di soffrire di depressione, ansia o stress (33%), inoltre, non ha visto un medico quest’anno.  Dalla ricerca emerge una scarsa consapevolezza sull’importanza del supporto professionale e un aumento dell’autodiagnosi e dell’autogestione dei disturbi mentali.

Salute mentale… in ufficio 

A livello globale, le difficoltà mentali sono principalmente attribuite a ragioni personali anziché professionali. Tuttavia, in Italia, il 76% dei lavoratori manifesta disturbi collegati al lavoro, come stanchezza, perdita di interesse, disturbi del sonno, stress e ansia.

Che ruolo hanno le aziende? 

C’è un certo scetticismo sul supporto offerto dalle aziende, con oltre la metà del campione che ritiene che l’azienda non si preoccupi della salute mentale dei propri dipendenti.

Cosa vorrebbero gli italiani?

Cosa chiedono quindi gli italiani alle aziende per cui lavorano? Su questo tema vorrebbero azioni mirate quali una giornata dedicata al benessere mentale e consulenze specialistiche esterne, quest’ultime particolarmente ricercate da donne e giovani.

Il supporto offerto dal datore di lavoro impatta positivamente sulla decisione di rimanere in azienda, secondo il 50% degli italiani, soprattutto i giovani. Un investimento che paga in salute e non solo, dunque.

Le aziende utilizzano AI e IoT nei processi operativi

Intelligenza artificiale (AI) e Internet of Things (IoT) costituiscono una rete in continua crescita di dispositivi, applicazioni e sistemi collegati a Internet e tra loro. Trasformano le imprese, consentendo di raccogliere più dati e automatizzare i processi, ma comportano anche nuovi rischi e sfide per la sicurezza delle risorse aziendali, e la protezione dei clienti.

Un recente studio di Kaspersky ha rivelato che oltre il 50% delle aziende ha implementato l’AI e l’Internet of Things nelle infrastrutture aziendali. E il 33% prevede di adottare queste tecnologie entro due anni.
Ma gli esperti consigliano ai dirigenti aziendali di assicurarsi di adottare le soluzioni di cybersecurity adeguate per proteggerle.

Connettere il futuro del business

Per aiutare le aziende ad affrontare i cambiamenti che le tecnologie interconnesse comportano, Kaspersky ha realizzato la ricerca ‘Connecting the future of business’, che ha coinvolto 560 responsabili senior di IT security provenienti da Nord America, America Latina, Europa, Medio Oriente e Africa, Russia e Asia-Pacifico.
Con questo studio, Kaspersky ha cercato di analizzare l’opinione degli intervistati sulle tecnologie interconnesse. Oltre ad AI e IoT, anche Realtà aumentata (AR), Realtà virtuale (VR) e digital twins, 6G, Web 3 e Data space.

AI e IoT sono già utilizzati rispettivamente dal 54% e dal 51% delle aziende, e una su tre prevede di adottarli entro due anni. I data space sono invece utilizzati dal 32% delle imprese, e quasi la metà (49%) ha intenzione di adottarli nel prossimo futuro.
Digital twins, AR, VR, Web 3.0 e 6G sono utilizzate solo da un’azienda su cinque (20%-21%), ma più del 70% sta pensando di integrarle nei propri processi aziendali.

L’innovazione è più difficile da proteggere

Ma a fronte di un’incredibile diffusione AI e IoT sono vulnerabili a nuovi vettori di attacchi informatici.
Il 16%-17% delle organizzazioni ritiene che AI e IoT siano difficili da proteggere, mentre solo l’8% di chi utilizza l’AI e il 12% di chi dispone dell’IoT ritiene che le proprie aziende siano completamente protette.

Tuttavia, minore è l’implementazione delle tecnologie, maggiore è la difficoltà di proteggerle, e viceversa.
Ad esempio, AR/VR e 6G, che sono meno adottati, secondo il 39%-40% delle aziende risultano essere le tecnologie più difficili da proteggere.

Immense opportunità commerciali, ma attenzione alle minacce informatiche

“Le tecnologie interconnesse offrono immense opportunità commerciali, ma inaugurano anche una nuova era di vulnerabilità a gravi minacce informatiche – ha commentato Ivan Vassunov, VP, Corporate products, Kaspersky -. Con un numero sempre maggiore di dati raccolti e trasmessi, le misure di sicurezza IT devono essere rafforzate. Le imprese devono proteggere le risorse più importanti, rafforzare la fiducia dei clienti in un panorama interconnesso in espansione e garantire risorse adeguate alla sicurezza informatica, in modo da poter utilizzare le nuove soluzioni per fronteggiare le nuove sfide della tecnologia interconnessa”. 

Global Risk Report: come affrontare i rischi globali nel 2024?

Da quasi due decenni, il Global Risks Report del World Economic Forum (WEF) svolge un ruolo chiave nel processo decisionale strategico. Realizzato in collaborazione con Marsh McLennan e Zurich Insurance Group, il Report 2024 esplora le sfide più pressanti che il mondo dovrà affrontare nei prossimi anni, con particolare attenzione ai cambiamenti tecnologici, l’incertezza economica, i problemi legati a clima e conflitti.
In un mondo caratterizzato da crescente complessità, incertezza e frammentazione, la previsione e la gestione del rischio globale diventano sempre più cruciali per i leader aziendali e i policy maker.

Tensioni geopolitiche, crisi climatiche e incertezze economiche contribuiscono a un panorama globale instabile, caratterizzato da narrativa polarizzante e crescente insicurezza. E mentre le società si adattano a queste sfide, la capacità di cooperare a livello globale viene messa alla prova.

La soluzione è il dialogo costruttivo tra governi, imprese e società civile

Il rapporto mette in luce la necessità di un maggiore consenso e cooperazione per affrontare efficacemente i rischi globali, identificando la possibilità di uno ‘sforzo minimo vitale’ per affrontare questi problemi in base alla loro natura.

Le intuizioni del rapporto sono supportate da dati originali sulla percezione del rischio globale, raccolti attraverso il Global Risks Perception Survey, che coinvolge leader globali provenienti da diverse aree, tra cui accademici, imprese, governi e società civile.
Guardando al futuro, il rapporto evidenzia la necessità di un dialogo aperto e costruttivo tra i leader del governo, delle imprese e della società civile per affrontare i rischi globali e sviluppare opportunità e soluzioni a lungo termine.

Le sfide future: clima, demografia, tecnologia, migrazioni

Dalla persistenza dei conflitti letali in varie regioni del mondo alle condizioni meteorologiche estreme legate ai cambiamenti climatici, il 2023 è stato caratterizzato da una serie di sfide.
Il malcontento sociale è cresciuto in molti paesi, con proteste violente e rivolte che hanno dominato i cicli di notizie. Sebbene le conseguenze destabilizzanti a livello globale siano state in gran parte evitate, le prospettive a lungo termine suggeriscono la possibilità di ulteriori shock globali.

Il rapporto delinea quattro forze strutturali che modelleranno la gestione dei rischi globali nel prossimo decennio: i cambiamenti climatici, la biforcazione demografica, l’accelerazione tecnologica e gli spostamenti geostrategici. Queste transizioni saranno caratterizzate da incertezza e volatilità, mettendo alla prova la capacità delle società di adattarsi e rispondere efficacemente ai rischi globali.

Supportare con le informazioni le decisioni politiche

A sostenere l’iniziativa del World Economic Forum nella gestione dei rischi globali ci penserà il neo nato Global Risks Consortium.
Il nuovo consorzio si concentrerà sull’elaborazione di azioni proattive per affrontare i rischi globali, migliorando la comprensione e la diffusione della previsione del rischio e promuovendo l’azione concreta attraverso il dialogo nazionale e di settore.

L’obiettivo principale di questa iniziativa è assicurare che i leader politici e aziendali di tutto il mondo prendano decisioni cruciali basate sulle migliori informazioni disponibili, riporta Adnkronos, con una chiara comprensione dei potenziali futuri e delle relative implicazioni.

Cosa fanno gli italiani on line? Lo rivela uno studio

Cosa fanno gli italiani quando sono collegati? Cosa guardano, cercano, digitano? A questa domanda risponde l’ultimo Global Digital Report di We Are Social e Meltwater, la più vasta ricerca realizzata sull’argomento. Si scopre così che, nel gigantesco panorama dell’online, le attività preferite sono quelle he coinvolgono la messaggistica e i social network. Un dato che riflette  la necessità umana di comunicare e condividere.

Secondo il report, il 94,7% degli utenti Internet, compresi tra i 16 e i 64 anni, ha utilizzato servizi di messaggistica nell’ultimo mese, mentre il 94,3% ha navigato su piattaforme sociali. Al terzo posto si collocano i motori di ricerca, con l’80,7% degli intervistati che li utilizza regolarmente. Lo shopping online è praticato da quasi tre quarti degli utenti, mentre i servizi basati sulla posizione, come mappe e app per il parcheggio, completano la top 5, coinvolgendo circa il 50% degli intervistati.

Perchè si usa il web: per avere informazioni, compagnia e intrattenimento 

Le principali motivazioni per l’utilizzo di Internet risultano essere “ricerca di informazioni”, “rimanere in contatto con amici e familiari” e “guardare video, programmi TV e film”. Nell’ultimo periodo tutti e tre gli ambiti hanno registrato una crescita significativa. Un altro dato interessante: l’utente medio di Internet oggi trascorre 6 ore e 40 minuti online ogni giorno.

Perchè si utilizzano i social? 

Quali sono invece i motivi per cui le persone si avvicinano ai social media? Il 50% degli utenti li utilizza principalmente per “restare in contatto con amici e familiari”, mentre un sorprendente 38,5% afferma di farlo per “riempire il tempo libero”.

Questo indica che i social media non sono solo un veicolo di connessione sociale, ma si sono evoluti in una piattaforma di intrattenimento. TikTok, con l’80,3% degli utenti che la scelgono per “cercare contenuti divertenti e di intrattenimento”, è la prima testimonianza questa trasformazione.

Instagram al primo posto

Con l’aumento della diversificazione delle piattaforme, il tipico utente ne utilizza 6,7 ogni mese. TikTok primeggia con 34 ore mensili per utente, seguita da YouTube con poco più di 28 ore. Tuttavia, in termini di preferenza globale, Instagram ha surclassato WhatsApp, ottenendo il titolo di piattaforma “preferita” per il 16,5% degli utenti tra i 16 e i 64 anni, relegando WhatsApp al secondo posto con il 16,1%.

In sintesi, il mondo online si presenta come uno spazio intricato di comunicazione, intrattenimento e connessione sociale, con le piattaforme emergenti che sempre più assorbono il tempo libero (e non solo) delle persone.

Consumi: la spesa dei turisti stranieri nei pubblici esercizi supera i livelli pre-pandemia

È quanto emerge dai dati elaborati da Fiepet, l’associazione dei pubblici esercizi aderenti a Confesercenti, sulla base di elaborazioni su dati del CER e del Centro Studi Turistici di Firenze. La spesa al bar e al ristorante dei viaggiatori stranieri in Italia costituisce il 33% dei loro consumi complessivi, che nel 2023 dovrebbero aver toccato quota 42 miliardi di euro, +7,8% rispetto al 2022.

Nel 2023 hanno visitato il nostro Paese oltre 65 milioni di stranieri, spendendo in media oltre 212 euro a persona in colazioni, pranzi, cene e aperitivi, per un totale di oltre 13,8 miliardi di euro. L’ammontare più alto dal 2019.
Insomma, una massa di vacanzieri nel 2023 ha mostrato di apprezzare il nostro Paese, non solo per le città, i borghi d’arte o le spiagge, ma anche per lo stile di vita. Soprattutto la cucina.

I tedeschi consumano di più

La spesa dei turisti stranieri nei pubblici esercizi è la seconda voce in assoluto dei visitatori esteri in Italia. Subito dopo l’alloggio, che ne assorbe il 36%, per un totale di oltre 15,1 miliardi di euro.
Seguono i trasporti (11%, 4,6 miliardi), ma anche lo shopping nei nostri negozi, cui i turisti hanno destinato circa 4,2 miliardi (10%). Circa il 6%, poco più di 2,5 miliardi, è stato destinato invece ad attività ricreative e culturali, mentre quasi 1,7 miliardi sono stati assorbiti per altre attività e servizi.

In generale, a consumare di più, per un totale complessivo di 6,8 miliardi di euro, sono i turisti tedeschi. Al secondo posto i visitatori in arrivo dagli USA (5,2 miliardi), seguiti da Regno Unito (3,8 miliardi), Francia (3,6 miliardi), Austria (2,1 miliardi), Spagna (1,8 miliardi) e Svizzera (1,6 miliardi).

Una parziale compensazione con il rallentamento della domanda interna

Seguono i viaggiatori del Canada (1 miliardo) e del Giappone (550 milioni), mentre la spesa dei Russi si ferma a 210 milioni. I restanti 15,34 miliardi di euro, invece, arrivano dai viaggiatori degli altri Paesi.

“I viaggiatori stranieri spendono un euro su tre in un pubblico esercizio – commenta Giancarlo Banchieri, Presidente Fiepet Confesercenti -. Una preferenza che ha permesso, nelle mete turistiche, di compensare in parte il rallentamento della domanda italiana e l’aumento dei costi di attività. E che conferma il ruolo fondamentale che i nostri bar, ristoranti, pizzerie e pub svolgono nel nostro turismo”.

L’Italia attira foodie e amanti della buona cucina

“Il sistema dei pubblici esercizi italiani ha caratteristiche uniche al mondo. A partire dalla numerosità, oltre 340mila imprese, dovuta alla scarsa penetrazione delle grandi catene e dalla prevalenza di locali indipendenti e a gestione familiare. Realtà spesso legate alla cucina tradizionale locale, che generano una varietà di offerta sul territorio unica, che rende l’Italia tra le mete più ambite per i viaggi ‘a scopo enogastronomico’ di foodie e turisti amanti della buona cucina – aggiunge Banchieri -. Anche grazie all’aumento di dehors e tavoli all’aperto: un ampliamento avvenuto per ragioni di sicurezza pubblica con la pandemia, ma che è diventato una delle modalità di consumo più gradite”.

Attivo l’IT Wallet, il nuovo portafoglio digitale per la gestione dei documenti 

Obiettivo, facilitare il rapporto tra i cittadini e la Pubblica Amministrazione, ma anche velocizzare e semplificare l’accesso ai servizi digitali. È quanto si prefigge il nuovo It Wallet, lo strumento digitale che rivoluzionerà l’accesso ai servizi pubblici e privati per tutti gli italiani, e che arriverà a metà del 2024. 
Il nuovo portafoglio digitale sarà disponibile all’interno dell’app IO, la piattaforma che consente di accedere ai servizi online della Pubblica Amministrazione e delle organizzazioni ed enti privati aderenti al servizio.

L’It Wallet, di fatto, è la soluzione elettronica che permetterà a cittadine e cittadini di conservare e utilizzare sullo smartphone, in modo semplice e sicuro, tutti i propri documenti digitali, come la Carta d’identità elettronica, la tessera sanitaria, la patente di guida e la carta europea della disabilità.

Restano aperti i canali tradizionali di comunicazione con la Pubblica Amministrazione 

Inoltre, in futuro il portafoglio digitale sarà integrato con i sistemi di identità digitale europei, consentendo quindi ai cittadini e alle cittadine di usufruire dei servizi online anche negli altri Paesi dell’Unione Europea.

Nel frattempo, sarà certamente fondamentale garantire l’accessibilità anche ai cittadini meno avvezzi alla tecnologia, e mantenere funzionanti i canali tradizionali di comunicazione con la Pubblica Amministrazione.
In questo modo, viene reso più agevole il processo di digitalizzazione e modernizzazione della ‘macchina Stato’.

I documenti saranno protetti da un codice o tramite impronta digitale

L’It Wallet funzionerà attraverso l’app IO, e per l’accesso richiederà l’uso dello Spid o della Carta d’identità elettronica (Cie).

I documenti saranno protetti da codice o impronta digitale e potranno essere bloccati in caso di furto o smarrimento del telefono.
Oltre a essere più sicuro, It Wallet renderà certamente più pratico anchemostrare i documenti, senza la necessità di portare con sé documenti fisici.

Entro il 2025 diventerà l’unica identità digitale nazionale, ma è in arrivo anche il portafoglio digitale europeo

La versione dimostrativa di It Wallet verrà rilasciata entro il 30 giugno 2024, e cui seguirà la versione definitiva entro la fine dell’anno.
Entro il 2025, poi, l’It Wallet diventerà l’unica identità digitale nazionale, ed entro il 2026, verrà realizzato il portafoglio digitale europeo.

Per prepararsi all’arrivo di It Wallet, riporta Adnkronos, si consiglia anzitutto di scaricare l’app IO e registrarsi con lo Spid o la Cie.
Quindi, verificare la validità e l’aggiornamento dei documenti e seguire le informazioni ufficiali sulle novità di It Wallet.

Smart working, le novità del 2024 

Nel contesto del lavoro agile, un tema ancora molto dinamico, il 2024 si prospetta ricco di novità, grazie a un emendamento approvato durante la fase di conversione in legge del Decreto Anticipi presso la commissione Bilancio del Senato. Le principali modifiche coinvolgono i dipendenti del settore privato con figli minori e coloro che sono considerati lavoratori ‘fragili’.

Le opzioni per i genitori e per i lavoratori fragili 

Per quanto riguarda i genitori impiegati nel settore privato con figli fino ai 14 anni, è stato introdotto il diritto di aderire allo smart working fino al 31 marzo 2024. Questa opportunità è condizionata dalla compatibilità delle mansioni con tale modalità di lavoro, senza alcuna previsione di cambi di ruolo. Inoltre, entrambi i genitori devono essere occupati e non beneficiari di sostegno al reddito. Tuttavia, è importante notare che tale emendamento è ancora in attesa di una definitiva approvazione per diventare operativo.

Per i lavoratori definiti ‘fragili’, il diritto allo smart working è garantito solo fino al 31 dicembre 2023. Nonostante le aspettative di possibili proroghe, al momento non sono stati comunicati aggiornamenti in merito. Per i cosiddetti ‘super fragili’, individuati dal decreto del Ministero della Salute del 4 febbraio 2022, è contemplata la possibilità di cambiare mansione nel caso in cui il loro ruolo non sia adatto al lavoro da remoto.

Quali sono le regole attuali

Per fare un po’ di chiarezza, è interessante effettuare un breve “recapito” sulle normi attualmente in vigore. 
Nel settore privato, l’adozione dello smart working non è obbligatoria per le aziende. In caso di implementazione, è richiesto un accordo individuale con i dipendenti, la trasmissione dei dati al Ministero del Lavoro e il rispetto delle norme legali.
Per i dipendenti privati con figli fino a 14 anni, è consentito lo smart working fino al 31 marzo 2024, purché sia compatibile con la loro mansione e l’altro genitore sia impiegato.
I lavoratori ‘fragili’ possono usufruire dello smart working fino al 31 dicembre 2023, con la possibilità di cambio di mansione per i ‘super fragili’.

Possibili ulteriori modifiche

La legge di conversione del Decreto Anticipi è attualmente in discussione al Senato e successivamente dovrà essere approvata anche dalla Camera entro il 18 dicembre. Si lascia aperta la possibilità di ulteriori modifiche nella regolamentazione dello smart working. Che, in ogni caso, è una modalità destinata a rimanere.

Gen Z, quali sono i rischi delle challenge online?

La Generazione Z è cresciuta con uno smartphone in mano, uno strumento che li connette al mondo ma che, allo stesso tempo, li espone a rischi globali. Tuttavia, i ragazzi non hanno ancora maturato le competenze necessarie per gestire consapevolmente questa tecnologia. Sono impreparati a farlo dal punto di vista fisiologico.
Questa situazione li ha portati ad affrontare sfide sociali, alcune delle quali possono essere pericolose. Un esempio è la “Hot Chip Challenge”, una sorta di gara in cui i partecipanti devono mangiare patatine estremamente piccanti senza bere o cercare di lenire il bruciore. Tale fenomeno, che si è diffuso online, ha già causato malori ed è aperto anche ai minori, dato che il prodotto viene venduto in una confezione a forma di bara su Internet.

Oltre il 6% dei teenager ha partecipato a sfide social

Claudia Mortali, ricercatrice presso il Centro nazionale dipendenze e doping dell’Istituto superiore di sanità, segnala che circa il 6,1% degli studenti italiani di età compresa tra gli 11 e i 17 anni ha partecipato almeno una volta a sfide social. Le challenge legate al cibo sono particolarmente diffuse, spesso importate da altri Paesi, grazie alla globalizzazione. I video che le documentano superano facilmente i confini. Queste gare sono popolari tra i giovani perché sembrano meno pericolose rispetto ad altre attività estreme.
Tuttavia, i rischi sono reali, anche se inizialmente l’obiettivo potrebbe essere semplicemente quello di divertirsi.

Mortali sottolinea che, sebbene le social challenge non costituiscano una dipendenza, sono comunque comportamenti pericolosi legati a un uso distorto dei cellulari e dei social media. Inoltre, chi è già a rischio di sviluppare dipendenze è più incline a partecipare a queste sfide. Le challenge social sono più diffuse tra gli 11-13enni, mentre sembrano diminuire leggermente tra i più grandi, nella fascia 14-17 anni. L’imitazione tra coetanei è un fattore significativo che può portare a comportamenti incontrollati.

Rischio dipendenza?

La ricerca condotta da Mortali ha rilevato che le social challenge aumentano il rischio di dipendenza da social media o videogiochi, così come il rischio di isolamento sociale. Questi problemi sono più diffusi nel Sud e nelle Isole italiane.
È importante notare che i ragazzi di queste fasce d’età non sono completamente consapevoli delle conseguenze dei loro comportamenti. Il loro cervello non è ancora completamente sviluppato, e il lobo prefrontale, che controlla l’impulsività e la presa di decisioni, non è ancora pienamente formato fino a circa i 24 anni.

Il ruolo dei genitori 

Oltre ai rischi connessi alle sfide sociali, l’uso distorto del cibo può contribuire a disturbi alimentari. Pertanto, è importante che i genitori monitorino l’uso dei dispositivi mobili da parte dei loro figli e prestino attenzione al tempo trascorso online.
Inoltre, è fondamentale mantenere una comunicazione aperta e un rapporto con i giovani, in modo da rilevare segnali di pericolo e insegnare loro un uso responsabile e sicuro della tecnologia.