Scontrino perso? Ecco come far valere la garanzia

Niente scontrino, niente garanzia. O no? Parola dell’Unione nazionale consumatori: il Codice del consumo non fa espresso riferimento all’esibizione dello scontrino come requisito necessario per l’esercizio del diritto di garanzia, ma richiede semplicemente di dimostrare la data dell’acquisto.
Può capitare di comprare un prodotto difettoso, voler far valere la garanzia, ma rendersi conto che lo scontrino è scolorito o addirittura perso.

Ma l’unico scenario possibile non è recarsi in negozio e implorare il venditore. Per esercitare il diritto di garanzia nei confronti del venditore, il Codice del consumo (articolo 128 e seguenti) considera sufficiente dimostrare di aver acquistato il prodotto presso il rivenditore a cui il consumatore si rivolge. Non oltre, però, due anni dalla consegna del prodotto, o un anno per acquisti con fattura.

Non c’è scusa che tenga

La giurisprudenza afferma che il consumatore, per dimostrare l’acquisto, possa utilizzare anche mezzi probatori documentali o orali che consentano di dimostrare che il bene sia stato acquistato presso il rivenditore e in data certa.
Si possono utilizzare le ricevute di bancomat o carta di credito, la testimonianza di una persona presente al momento dell’acquisto, il libretto di garanzia firmato dal venditore, la registrazione dell’acquisto sulla carta fedeltà.

Insomma, non c’è scusa che tenga: il rifiuto verbale dell’addetto alle vendite, la presenza di una clausola contenuta nel contratto d’acquisto o nelle condizioni di vendita limitativa dell’esercizio del diritto di garanzia, l’esibizione di un cartello in negozio che obbliga a presentare lo scontrino e altre situazioni simili non hanno alcun valore.

La prova d’acquisto più comoda è comunque lo scontrino

Chiarito che lo scontrino non è necessario per ottenere la garanzia e che quindi, anche se mancante o scolorito, non condiziona l’esercizio del diritto, bisogna però anche riconoscere che è la più comoda prova d’acquisto da fornire al commerciante.

Lo scontrino, infatti, è il documento fiscale che viene rilasciato dal venditore al momento dell’acquisto e contiene una serie elementi utili ad attestare in maniera immediata l’effettuazione di una spesa (con tutti gli elementi temporali della transazione, i riferimenti dell’esercente, il numero seriale, il codice prodotto).
Per questo è utile organizzarsi per conservarlo seguendo semplici regole.

Le regole per conservarlo

In via precauzionale si consiglia sempre di fotografare, fotocopiare o scannerizzare lo scontrino in modo che sia conservato anche su un supporto digitale. Queste soluzioni, riporta Adnkronos, sono utili perché lo scontrino è generalmente stampato su carta termica che tende a scolorire in breve tempo. Si possono inoltre utilizzare applicazioni ad hoc per la sua archiviazione (meno consigliabile è affidarsi a servizi offerti a pagamento da molte catene per la sua conservazione).

Nel caso in cui sia oramai scolorito, esistono anche alcuni tutorial per far ravvivare il colore, a volte basta anche un ferro da stiro.

Gioco online: la tecnologia che dà sicurezza

Le innovazioni apportate dall’evoluzione della tecnologia permettono di offrire ai giocatori esperienze di gioco più immersive, realistiche e coinvolgenti da parte dell’industria dei casinò online.
Secondo uno studio di Farantube.com, realtà virtuale (VR), realtà aumentata (AR) e Intelligenza artificiale (AI) sono fra le principali responsabili della rivoluzione del settore del gaming e del gambling.

Grazie a VR e AR gli spazi dei casinò virtuali diventano veri luoghi di socializzazione tra utenti, mentre gli algoritmi dell’AI permettono di analizzare il comportamento di gioco e le preferenze dei giocatori, in modo da far vivere esperienze sempre più personalizzate.
Ma il potenziale innovativo tech è impiegato anche in favore della sicurezza. Blockchain e criptovalute, introdotte come metodo di pagamento, offrono elevati livelli di sicurezza e trasparenza nelle transazioni finanziarie dei siti gambling.

I crypto casinò

Su alcuni tipi di casinò, chiamati proprio casinò crypto, vengono utilizzate esclusivamente le criptovalute per le transazioni, perché offrono un livello di anonimato più alto, con commissioni di transazione più basse e tempi di prelievo più rapidi.
Ma il settore del gambling è stato raggiunto anche dall’Internet delle cose (IoT), che permette di raccogliere informazioni sui comportamenti e sulle preferenze di gioco degli utenti per migliorare il design e l’esperienza di gioco in generale.

Una grande opportunità per creare un gioco sempre più personalizzato, anche se l’IoT non è troppo rigido riguardo la salvaguardia delle informazioni dei giocatori, la sicurezza dei dati e la protezione della privacy.

Gioco mobile

Le tante applicazioni di casinò mobile e i siti web ottimizzati per device mobili danno la possibilità di giocare in maniera flessibile e accessibile da qualsiasi luogo e propongono una selezione di giochi diversificata, garantendo una navigazione fluida e metodi di pagamento sicuri.

I siti di gambling più all’avanguardia si sono poi muniti di una grafica avanzata e un design immersivo con l’integrazione di immagini HD, animazioni 3D ed effetti sonori autentici.
Gli sviluppatori di giochi ricoprono un ruolo fondamentale, devono tenersi costantemente aggiornati sulle nuove tecnologie e sui metodi di progettazione più innovativi per creare giochi coinvolgenti e dal grande impatto visivo.

Gioco online responsabile

Insieme all’integrazione delle nuove tecnologie, che permettono ai giocatori di vivere un’esperienza di gioco più sicura, esiste la necessità e la responsabilità, da parte degli operatori del settore, di adottare tutte le misure necessarie a promuovere il gioco responsabile. Ovvero, garantire pratiche di gioco corrette e limitare il rischio del gioco patologico.

In ogni caso, ogni tecnologia innovativa stabilisce nuovi modelli di business e strategie operative più mirate. I casinò online, quindi, devono esplorare nuovi orizzonti, raggiungere nuovi mercati, offrire tipologie di giochi sempre diverse e interessanti e operare nel modo più efficiente e sicuro possibile.

Chatbot a robotica entrano nel Food

Dalla robotica alle automazioni di ordini e prenotazioni, dai software gestionali alle strategie di comunicazione e marketing, nel 2023 si consolida l’impiego di tecnologie in sala e in cucina. Per un ristoratore su due questi strumenti consentono di far risparmiare allo staff fino a 20 ore di lavoro a settimana.
Emerge dalla ricerca ‘Tecnologia in Ristorazione – Scenari e Opportunità’, effettuata dall’Osservatorio Ristorazione.

Il 2023 della ristorazione verrà tuttavia ricordato come l’anno della diffusione capillare dell’AI. Quattro ristoratori su 10 ne hanno fatto uso in maniera costante, e per il 2024 il 73% dichiara di volerne implementare o potenziare l’uso, tra chatbot e strumenti generativi di foto e video, per proporre contenuti sempre più calibrati sul gusto dei clienti.

La tecnologia sopperisce alla mancanza di personale

L’84% dei ristoratori utilizza strumenti tecnologici in sala, in prevalenza gestionali di cassa, prenotazioni e ordini. Il 9% utilizza sistemi di self order, tra totem e menu digitali integrati con la cassa, che consentono di risolvere il problema del reperimento di personale ai tavoli. Solo l’1% dispone di robot di sala.

I ristoratori che utilizzano tecnologia in cucina rappresentano il 77% e fanno ricorso a supporti in grado di elevare la qualità della produzione.
Tra gli impieghi, spopolano i software per la gestione del magazzino e il calcolo del food cost, sistemi di ricezione e gestione delle comande, e per il 16%, l’utilizzo di robotica da cucina.
Anche in questo caso, l’impatto principale è sul lavoro più operativo, senza sacrificare a creatività degli chef.

Anche fuori dal ristorante spopola il ricorso al tech

All’esterno del ristorante, il 95% mette in moto azioni di marketing digitale nei confronti del mondo esterno.
Sul podio degli strumenti più utilizzati, social media (91%), piattaforme per le prenotazioni (73%) e WhatsApp Business (60%).
Molto utilizzati anche i software per l’email marketing (49%) e le piattaforme di intermediazione (The Fork, Just Eat, Deliveroo e affini, 24%).

Il 12% dichiara inoltre di utilizzare e-commerce per vendere i propri prodotti, l’8% di declinare la comunicazione in prodotti editoriali come podcast e web-radio, e il 6% di fare ricorso ai canali Telegram per aggiornare i propri clienti.

Il 2023 è l’anno dell’AI

Il 78% dei ristoratori nel 2023 ha fatto uso dell’AI per velocizzare o migliorare la stesura di testi, come contenuti social, e-mail e app di messaggistica. Ampio impiego (tra 23% e 35%), anche per l’elaborazione di piani editoriali, traduzioni, descrizioni dei piatti, stesura di procedure interne, ricerca di informazioni e dati.

Alla domanda sulle previsioni di utilizzo dell’AI nel 2024, riporta Adnkronos, la percentuale relativa alla stesura di testi per comunicare verso l’esterno cala al 54%, mentre crescono notevolmente l’analisi di dati (dal 13 al 40%), la produzione di idee creative (37%, 53%), la generazione di foto e video (36%, 47%) e la ricerca di spunti per le ricette (23%, 33%).

Sì alle recensioni, no agli influencer: gli italiani e gli acquisti online

I consumatori italiani si fidano dei loro “colleghi” quando devono effettuare acquisti on line, mentre sono diffidenti nei confronti degli influencer. In sintesi, prima di comprare seguono le recensioni – specie quelle negative – e non gli adv di tiktoker e star di Instagram. E’ in sintesi quanto emerge ‘Tableau de bord®. L’indice di fiducia dei consumatori, monitor sugli italiani’, documento realizzato dall’Istituto Piepoli per Udicon, e che Adnkronos/Labitalia ha visionato e diffuso.

Il 25% del campione guarda sempre le recensioni online

Dall’indagine condotta tra il 5 e il 7 febbraio 2024 attraverso 500 interviste con metodologia Cati/Cawi su un campione rappresentativo della popolazione italiana, composto da uomini e donne dai 18 anni in su, emerge un interessante quadro sul comportamento d’acquisto degli italiani. Prima di prendere una decisione sull’acquisto di un prodotto o servizio, come ad esempio hotel, ristoranti o servizi medici, il 59% del campione si affida alle recensioni online, di cui il 25% lo fa sempre e il 34% a volte.

Per il 73% di coloro che consultano le recensioni, queste influenzano in modo significativo o abbastanza la loro scelta di acquisto. Sorprendentemente, il 93% ammette di optare solo per prodotti o servizi con recensioni positive molto alte.

Solo i giovanissimi si fidano degli influencer

Dall’analisi si scopre poi che la fiducia riposta nei confronti degli influencer, almeno al momento dell’indagine, non equivale a quella per le recensioni. Solo il 23% del campione dichiara di fidarsi molto o abbastanza degli influencer, mentre il 36% non si fida affatto e il 38% si fida poco. La situazione migliora nella fascia di età tra i 18 e i 34 anni, con il 44% che afferma di avere una fiducia significativa negli influencer.
Per il 44% degli intervistati gli influencer non hanno nessun impatto sulle decisioni di acquisto

Quanto alla reale influenza dei consigli degli influencer sulle decisioni d’acquisto, il 44% del campione sostiene che non hanno alcun impatto, mentre il 35% dichiara un’influenza limitata. Ancora una volta, è la fascia di età tra i 18 e i 34 anni a distinguersi, con il 44% dei giovani che ammette di essere influenzato – da abbastanza a molto –  dai consigli degli influencer.

Obiettivo trasparenza 

Per il presidente Udicon, Martina Donini, “le recensioni sono fonte di informazione nella vita quotidiana dei consumatori italiani. Viviamo nell’era della reputation economy dove le recensioni online sono diventate uno specchio delle esperienze dei consumatori. La gestione oculata di queste recensioni diventa cruciale per garantire un ambiente online affidabile e trasparente per gli acquirenti. Non possiamo permettere che alcuni giudizi recensiti siano influenzati da pratiche fraudolente o condizionate da bot. È nostro dovere assicurare e garantire che i consumatori abbiano accesso a informazioni oneste e non manipolate per prendere decisioni consapevoli nel processo di acquisto”, sottolinea con Adnkronos/Labitalia. Secondo Donini, “il rischio di commenti non verificati o falsi è sempre più alto e in questo contesto è necessario creare un sistema integrato tra le piattaforme per verificarne l’autenticità, proseguendo e rafforzando quella linea tracciata dalla recente Direttiva Omnnibus”.

“Per fare questo -aggiunge- dobbiamo obbligare le piattaforme ad adottare misure sempre più trasparenti e stringenti: rendere pubblico il processo di autenticazione, dichiarare e provare l’utilizzo effettivo di un prodotto, assicurare l’integrità dell’intero processo di raccolta e pubblicazione delle recensioni sono solo alcuni passi fondamentali per garantire la fiducia del consumatore ed evitare possibili pratiche commerciali scorrette”.

Fake news, come possono ingannarci le ricerche online?

Una ricerca condotta negli Stati Uniti da Kevin Aslett e dal suo team presso l’Università della Florida Centrale ha coinvolto più di 3.000 partecipanti e ha svelato il rischio insidioso nell’uso dei motori di ricerca online. Valutare notizie false attraverso questi strumenti potrebbe farci credere ancor di più a informazioni errate.
In pratica, tentare di approfondire un argomento o una notizia sul web spesso non aiuta a sfatare le notizie false e costruite ad arte.

Chi cerca di sfatare le fake news e approfondire un argomento cerca prima di tutto su internet, e nel 19% dei casi queste persone tendono a considerare queste notizie come vere rispetto a chi non compie ricerche online. Questo risultato è stato confermato attraverso quattro esperimenti separati condotti da Kevin Aslett e pubblicati su Nature.

Chi cerca sul web è più credulone? Lo sostiene la ricerca americana

I partecipanti allo studio sono stati chiamati a valutare l’accuratezza di notizie recentemente pubblicate, e i risultati hanno rivelato un dato sorprendente. Coloro che sono stati incoraggiati a cercare online per valutare la veridicità delle notizie false erano il 19% più propensi a considerare affermazioni false come vere rispetto a coloro che non sono stati spinti a fare ricerche online.
Questo esperimento è stato ripetuto quattro volte, ottenendo risultati consistenti.

Si tratta di una scoperta che solleva l’allarme sulla fiducia che viene riposta da noi tutti nelle ricerche online, e al contempo, sottolinea l’importanza di essere più critici nella valutazione delle informazioni trovate su Internet.
I ricercatori indicano però che questo fenomeno potrebbe essere causato dalla scarsa qualità delle informazioni ottenute tramite le ricerche effettuate online.

È colpa dei dati di bassa qualità?

In altre parole, le persone potrebbero finire per credere a notizie false semplicemente perché i motori di ricerca forniscono dati di bassa qualità.

In conclusione, lo studio americano sottolinea l’urgente necessità di sviluppare programmi di alfabetizzazione digitale che mettano in guardia sulle trappole delle ricerche online, e promuovano una valutazione più critica delle informazioni.
La fiducia nei motori di ricerca, riporta Agi, va accompagnata quindi a una consapevolezza della qualità delle informazioni che questi ci offrono.

Alla trappola non sfugge neanche ChatGpt

Ma alla trappola non sfugge neanche l’Intelligenza artificiale di ChatGpt, che secondo un altro studio presentato da ricercatori dell’Università di Waterloo in Canada al Workshop Trustworthy Natural Language Processing di Toronto tende a credere alle teorie del complotto.

In ogni caso, è tendenza comune ritenere che a veicolare la disinformazione, in particolare notizie false e teorie del complotto, siano i social network e che l’antidoto contro le false notizie sia quello di fare ricerche online per approfondire e fare poi valutazioni indipendenti, riporta l’Eco di Bergamo.

Google trends 2023, chi sale e chi scende nelle ricerche

Come di consueto, ogni anno, Google stile la classifica delle parole e dei temi più cercati. La lista del 2023 riserva anche qualche sorpresa. Ad esempio, proprio sul finire dell’anno, il tennis ha registrato un boom di clic. In questo periodo, infatti, l’Italia ha vissuto un trionfo storico nella Coppa Davis, e non stupisce che Jannik Sinner abbia ottenuto l’aumento più significativo nelle ricerche su Google, superando altri personaggi come Romelu Lukaku e l’artista Peppino di Capri.
Il bilancio annuale tracciato dal motore di ricerca riflette anche l’attenzione degli italiani agli eventi attuali, specialmente dopo l’attacco del 7 ottobre, quando numerosi cittadini si sono precipitati online per informarsi su Hamas.

Addii ed entertainment

La classifica del 2023 presenta una sorpresa nella categoria ‘Addii’, con Maurizio Costanzo che supera inaspettatamente Silvio Berlusconi e Matteo Messina Denaro. Tra i film più ricercati, ‘Oppenheimer’ ha battuto concorrenti come ‘Barbie’ e ‘C’è ancora domani’, mentre nelle serie TV, il boom di ricerche ha premiato ‘Mare Fuori’. Nella categoria attrici-scrittrici, Chiara Francini si è imposta davanti a Luisa Ranieri, mentre tra i cantanti, Rosa Chemical ha superato nomi noti come Fedez e Marco Mengoni. Quest’ultimo, tuttavia, ha ottenuto la rivincita tra le canzoni più cercate con ‘Due vite’, trionfante a Sanremo.

Lenticchie in risalita e ricerche globali

In Italia, gli utenti hanno mostrato un aumento nelle ricerche sulle lenticchie, superando persino i bigoli. Nel 2023, Google ha festeggiato il suo 25° compleanno, ripercorrendo le tendenze che hanno suscitato la curiosità degli utenti nel corso degli anni. La classifica conferma la predilezione per i Beatles come la rock band più cercata di sempre, con Leonardo da Vinci come artista più ricercato (e la Monna Lisa che vince fra le opere), e Cristiano Ronaldo come l’atleta più googlato.
Nel mondo dello sport, il calcio trionfa, mentre Taylor Swift si aggiudica la palma del nome più cliccato anche nella categoria cantautori/cantautrici.

Cosa significa?

La classifica dei significati su Google nel 2023 mostra i termini più cercati per “cosa significa?”. Ai primi posti figurano le espressioni lutto nazionale, transgender, Papa emerito, armocromista e, inoltre, Apayinye, una parola nata su TikTok utilizzata come risposta a chi non comprende una domanda.
Per quanto riguarda le ricette più popolari tra gli italiani, spiccano le lenticchie, i bigoli e lo scammaro, un piatto tipico napoletano.

Patente online troppo facile e veloce? È una truffa! 

Su Intenet esiste un vero e proprio mercato per la vendita illegale di patenti. Lo ha scoperto, UNASCA, l’Unione Nazionale Autoscuole e Studi di Consulenza Automobilistica, che ha deciso di lanciare un allarme: sul web proliferano siti che promettono l’ottenimento della patente di guida in tempi troppo brevi e con modi del tutto irregolari.

Addirittura, vengono proposte lezioni di guida da seguire dalla poltrona di casa. Peccato che per poter conseguire la patente non esistono scorciatoie. La formazione in autoscuola, con la sua componente pratica e interattiva, è insostituibile, ed è fondamentale per sviluppare una guida consapevole e rispettosa delle regole.

Pratiche illegali che espongono al rischio phishing e truffe online

Secondo UNASCA, in taluni casi, questi siti promettono il conseguimento della patente direttamente, senza la necessità di frequentare corsi di formazione in presenza, e senza sostenere esami. Di fatto. offrono l’acquisto della patente di guida dopo una insufficiente preparazione online. 

Unasca evidenzia, inoltre, che queste pratiche illegali espongono gli utenti malcapitati a rischi di phishing, e truffe online con la fornitura di patenti false e non valide.
Ancora più sconcertante è l’utilizzo da parte di alcuni siti di immagini vere ‘rubate’ alle autoscuole, per enfatizzare i risultati e ingannare gli utenti.

“Non sono ammessi corsi con il sistema e-learning”

La normativa italiana a riguardo è molto chiara. Il percorso per conseguire una patente di guida richiede tempi e modalità ben definiti, fondamentali per assicurare una preparazione adeguata, e le competenze necessarie per una sicurezza stradale efficace.  E nel Decreto Ministeriale 317/95 si legge: “Non sono ammessi corsi con il sistema e-learning” legge 

Riguardo all’intera vicenda, UNASCA, che ha già delegato il proprio ufficio legale ad avviare circostanziate denunce di queste truffe alle autorità competenti, invita l’utenza a rivolgersi sempre ad autoscuole di fiducia. 

Solo le autoscuole garantiscono una formazione adeguata

Solo queste istituzioni possono, infatti, offrire una formazione professionale adeguata, in linea con le normative vigenti, finalizzata alla vera educazione alla guida e alla convivenza civile sulle strade.
Tanto più che, a tutela del cittadino, le autoscuole sono sempre sotto il costante controllo delle Province competenti e dal Ministero dei trasporti.

UNASCA quindi sollecita i cittadini alla massima vigilanza, e li invita a diffidare di qualsiasi offerta che sembra troppo facile o troppo conveniente per essere vera, ricordando che la sicurezza stradale è una responsabilità collettiva.
Il conseguimento della patente attraverso un percorso formativo professionale, legale e completo, è il primo passo verso la realizzazione di questo obiettivo.

I longennials? Vogliono avviare un’attività imprenditoriale digitale

Oltre il 55% degli italiani desidera lavorare come freelance e diventare nomadi digitali, secondo l’ultima indagine condotta da BeDigital Academy, accademia digitale fondata nel 2016 da Angelo Laudati. Questo desiderio è particolarmente diffuso tra i professionisti over 40 e i cosiddetti “longennials” che aspirano a lasciare il tradizionale lavoro dipendente per avviare un’attività imprenditoriale digitale.

Dallo smart working all’aspetto economico, i vantaggi del lavoro digitale

Il mondo del lavoro sta attraversando profonde trasformazioni negli ultimi anni, e le competenze digitali sono diventate essenziali per mantenere la competitività delle aziende. Inoltre, la richiesta di professionisti specializzati nel campo digitale è in costante crescita, con numerose opportunità lavorative e un’elevata domanda da parte delle aziende. Secondo l’indagine di BeDigital Academy, il 43,2% dei lavoratori desidera entrare nel settore digitale proprio a causa di queste numerose opportunità.
Allo stesso tempo, il 42,7% ritiene che lavorare nel digitale offrirebbe la possibilità di lavorare da qualsiasi luogo, consentendo la flessibilità e la libertà di viaggiare (36,7%). Inoltre, il 24,5% è motivato da ragioni economiche, poiché il lavoro nel settore digitale può garantire un buon guadagno, e un altro 24,5% desidera evitare spostamenti e lavorare in modo più flessibile.

Molti professionisti, oltre il 40%, sognano di avviare un business digitale, ma spesso vengono frenati dalla mancanza di competenze digitali. Di questi, oltre il 55,1% aspira a lavorare come freelance, mentre solo il 28,6% cerca un impiego presso grandi aziende, e il 16,6% desidera collaborare come consulente con startup. In particolare, il 42,9% degli intervistati ha il sogno di lanciare un proprio progetto imprenditoriale o business digitale, mentre il 30,6% sta già lavorando in questa direzione, e il restante gruppo ritiene di non avere le competenze digitali e tecnologiche necessarie per farlo.

Servono competenze digitali, soprattutto fra gli over 50

Angelo Laudati, fondatore di BeDigital Academy, sottolinea l’importanza di acquisire competenze digitali per essere attori consapevoli della società della conoscenza e dell’innovazione in cui viviamo. Per rispondere a questa esigenza, BeDigital Academy ha lanciato il corso “Digitalizzati”, un programma di formazione online on-demand della durata di 25 ore che copre una vasta gamma di argomenti, tra cui SEO, social media, analisi e pubblicità.

Inoltre, l’indagine evidenzia che una nuova generazione di lavoratori, tra cui gli over 50, è pronta ad abbracciare nuove sfide e cambiamenti di carriera. Oltre il 50% dei professionisti over 40 e over 50, noti come “longennials,” aspirano a intraprendere una nuova carriera nel campo digitale. BeDigital Academy si impegna a colmare il divario generazionale digitale offrendo formazione a queste categorie di lavoratori che desiderano avviare una carriera nel settore o creare un’impresa digitale.

Le professioni più adatte agli over

Le professioni digitali più adatte agli over 40 includono consulenti in digital marketing, manager di e-commerce, specialisti SEO e esperti SEM. Per avere successo in queste carriere, è fondamentale acquisire competenze come la gestione dei dati, la strategia dei contenuti, l’ottimizzazione per i motori di ricerca, la gestione dei social media e la pubblicità online.

In conclusione, il panorama del lavoro sta subendo un cambiamento significativo con l’aumento della richiesta di competenze digitali, e sempre più persone, compresi i professionisti più maturi, stanno cercando di adattarsi a questa nuova realtà lavorativa attraverso la formazione e l’acquisizione di competenze digitali.

Donne e finanza: le differenze di genere nel rapporto con i soldi

Se gli uomini tendono a farsi carico delle scelte finanziarie di tutto il nucleo familiare tra le donne prevalgono le decisioni condivise. Quanto al conto corrente, le donne prediligono l’hub fisico, guardando molto alla prossimità della filiale, mentre per le coperture assicurative le donne più degli uomini ne possiedono di cointestate, soprattutto quelle non obbligatorie. Inoltre, a fronte della disponibilità di 10.000 euro meno della metà delle donne ne investirebbe almeno una parte, contro il 58% degli uomini. E una donna su quattro non saprebbe che cosa fare.  Emerge dalla ricerca dal titolo L’approccio degli italiani alla finanza: educazione e alfabetizzazione tra donne e uomini, condotta da Ipsos in collaborazione con UniCredit.

Un’avversione generale al rischio

Uomini e donne sono accomunati però da una gestione parsimoniosa e cauta del denaro, ma i primi mostrano più evidenti segnali di curiosità e apertura verso le novità in ambito economico finanziario, e maggiore interesse verso temi inerenti gestione del denaro, risparmio e investimenti. La rischiosità dell’investimento è comunque il primo driver di scelta trasversale a tutti i target considerati dalla ricerca. Ma se la solidità del proponente è il secondo driver per importanza tra le donne, tra gli uomini, o i più giovani propensi a investire, al secondo posto ci sono le attività con un impatto positivo su ambiente e società.

Meglio delegare a chi ne sa di più?

Tra le donne emerge forte il tema della delega, soprattutto tra le più mature, mentre quelle più giovani dichiarano anche una certa mancanza di interesse. Il 40% delle intervistate ritiene poi appagante la situazione economica personale, dato inferiore a quello degli uomini (55%). In generale, il campione concorda sulla crucialità della formazione in ambito economico finanziario, anche nelle scuole. Le donne, però, si dicono consapevoli di non avere tutti gli strumenti per valutare gli investimenti. Solo il 53% si sente all’altezza, contro il 65% degli uomini. In ogni caso, la banca resta il canale preferito da cui ricevere informazioni. 

Il vocabolario dell’investimento

Tra le parole con connotazione positiva, ‘risparmio’ è la più citata per entrambi i target, insieme a ‘investimento’. Tra gli uomini spiccano parole come ‘futuro’, ‘crescita’, ‘soldi’. Tra le donne, ‘acquisti’, ‘accumulo’, ‘soldi’ e ‘autonomia’. Per entrambi i target ‘preoccupazione’ è la parola più citata associata a ‘rischio’ e ‘difficoltà’, mentre tra le donne vengono più citate parole come ‘ansia’ e ‘sacrificio’, e tra gli uomini ‘crisi’ e ‘ansia’. Sulla base delle evidenze della ricerca emerge l’opportunità di avvicinare la finanza al mondo delle donne e le donne ai temi economico finanziari. Più degli uomini, infatti, le donne avvertono il bisogno di maggiore semplicità e chiarezza nella spiegazione dei benefici derivanti da scelte finanziarie consapevoli.

Dipendenza da smartphone: è dovuta all’effetto camaleonte? 

Se è ben noto come lo sguardo sia, tra gli animali sociali, un elemento di comunicazione importantissimo, che guida il loro comportamento anche in situazioni di pericolo, tale meccanismo, il cosiddetto ‘gaze-following’, viene rilevato per la prima volta in relazione agli oggetti manipolati dagli individui che interagiscono tra loro. In pratica, la familiarità sembra avere un ruolo chiave nel favorire la risposta mimica nell’uso degli smartphone, e potenzialmente, quindi, nella dipendenza da questi dispositivi. Si tratta dell’effetto camaleonte, ovvero l’imitazione inconscia dei comportamenti altrui.

A innescare il meccanismo di imitazione è la direzione dello sguardo

A rivelarlo è un recente studio condotto da un gruppo di etologi del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, e pubblicato sulla rivista Human Nature edita da Springer.
“A innescare quello che viene definito dalla scienza come ‘effetto camaleonte’, ossia l’imitazione inconscia dei comportamenti altrui, è la direzione dello sguardo di chi, in un gruppo, utilizza lo smartphone per primo”, aggiunge la dottoressa Veronica Maglieri, primo nome nel lavoro che ha messo in evidenza questo elemento di novità.

Gli effetti del lockdown sulla risposta mimica nell’uso dei device

“Durante la pandemia da COVID-19 – ha spiegato la professoressa Elisabetta Palagi dell’Università di Pisa – abbiamo condotto un primo esperimento per valutare gli effetti del lockdown sulla risposta mimica nell’uso degli smartphone. I risultati raccolti – ha sottolineato Palagi – hanno confermato la presenza di tale fenomeno, e dimostrato che le limitate interazioni sociali ‘dal vivo’ possono modificare, almeno nel breve termine, il modo in cui interagiamo con gli altri rendendoci più inclini a impegnarci in interazioni sociali virtuali”.

Un po’ come la risata o lo sbadiglio

“A distanza di un anno abbiamo fatto un nuovo esperimento i cui risultati sono stati, da un certo punto di vista, sorprendenti – ha proseguito Palagi -. Non solo, infatti, questo fenomeno non scompare nel tempo, come era invece lecito attendersi, ma sembra essere strettamente legato al ‘gradiente di familiarità’. Come avviene con la risata o lo sbadiglio, anche la risposta mimica nell’uso dello smartphone è più evidente quando si è insieme a persone che si conoscono”.
Grazie a questo risultato, dunque, lo studio condotto dalla professoressa Elisabetta Palagi insieme al professor Dimitri Giunchi e alle dottoresse Veronica Maglieri e Anna Zanoli, apre a una miglior comprensione del successo di questi dispositivi, portando all’attenzione dei ricercatori un fenomeno etologico che potrebbe essere alla base del possibile fenomeno di dipendenza da questi ‘strumenti sociali’.