Il digitale guida la ripresa del Turismo

La conferma arriva dall’Osservatorio Innovazione Digitale nel Turismo della School of Management del Politecnico di Milano: l’e-commerce dei viaggi guida la ripresa del Turismo italiano.
Dopo due anni caratterizzati dalle limitazioni alla mobilità, il settore del turismo nel suo complesso registra una forte ripresa, avvicinandosi ai livelli del pre-pandemia. E a guidare questo trend positivo è proprio la componente digitale. Nel 2022 l’e-commerce nel mercato dei trasporti cresce in valore assoluto del +84% rispetto al 2021, toccando quota 11,2 miliardi di euro, e attestandosi a -6% sul 2019. Nel mercato ricettivo invece gli acquisti online crescono del +32% e oltrepassano quota 14,9 miliardi, superando del 2% il dato pre-pandemia, ovvero i 14,5 miliardi del 2019.

Trasporti: un mercato da 16,6 miliardi di euro 

Nel 2022 il comparto dei trasporti, tra online e offline nelle tre componenti incoming, domestica e outgoing, vale complessivamente 16,6 miliardi di euro, riducendo a -24% il gap con il 2019, anno in cui il totale del mercato aveva toccato quota 21,7 miliardi. Si registra quindi un aumento del +62% rispetto al 2021, quando il valore complessivo dei trasporti era sceso a soli 10,2 miliardi. L’e-commerce di settore continua la sua rincorsa, e con 11,2 miliardi di raccolta arriva a superare i due terzi del totale del mercato (68%, contro il 32% del canale offline). La rilevanza degli acquisti online si manifesta in particolar modo nelle prenotazioni tramite canali diretti, che arrivano nel 2022 a rappresentare l’88% del volume digitale totale. 

Comparto ricettivo: +26% rispetto al 2021

Anche il comparto ricettivo, alberghiero ed extra-alberghiero, è in recupero. Considerando i flussi incoming e quelli domestici, nel 2022 il comparto vale 28,3 miliardi, in crescita del 26% rispetto al 2021. Restano ancora lontani i livelli del 2019, quando il totale del comparto (offline più online) valeva 33,4 miliardi di euro, ma la distanza si riduce sensibilmente.
Nell’ospitalità l’e-commerce raggiunge i 14,9 miliardi di euro (+3,6 miliardi rispetto al 2021), continuando a crescere a tassi più alti rispetto al totale del mercato, sebbene inferiori a quelli dello scorso anno, anche a causa del ritorno delle vendite in agenzia (+27% sull’anno scorso). Nel complesso, quindi, l’e-commerce rappresenta il 53% del comparto ricettivo contro il 47% dell’offline, mentre dopo due anni di sostanziale parità, le transazioni digitali sul canale indiretto (62%) tornano a erodere parzialmente l’incidenza di quelle sul canale diretto (38%).

Tour operator e crociere in crescita vertiginosa: +106% 

Anche il turismo organizzato (tour operator e crociere) registra una buona ripresa, cui contribuisce il ritorno dei viaggi internazionali. Il fatturato del comparto, in grande sofferenza nel 2021 (-66% rispetto al 2019), recupera oltre la metà della perdita, con una crescita del +106% negli ultimi 12 mesi. Anche per le agenzie di viaggio, dopo il crollo del -72% tra 2019 e 2021, si nota una netta inversione di tendenza in positivo: nel 2022 la crescita annua è del +182% e il differenziale con l’anno pre-pandemia torna a un incoraggiante -21%.

L’ora legale tutto l’anno? Farebbe risparmiare 3 miliardi di euro

Siamo tutti abituati, due volte l’anno, a spostare avanti o indietro le lancette dell’orologio di 60 minuti per assestarci sull’ora solare o legale. Tuttavia, dicono le più recenti stime, se mantenessimo tutto l’anno l’ora legale potremmo avere un deciso beneficio in termini di risparmio energetico. E, visti i tempi che corrono, l’opzione è particolarmente interessante, sia per le imprese sia per le famiglie. 
“Mantenere l’ora legale potrebbe certamente contribuire a scongiurare tutte quelle misure pratiche di emergenza – conferma Roberto Capobianco, presidente di Conflavoro Pmi – come la riduzione degli orari di lavoro, lo spegnimento anticipato e l’accensione posticipata dell’illuminazione e, nei casi peggiori, gli eventuali distacchi che le imprese potrebbero trovarsi costrette ad attuare per tamponare le criticità della situazione. Per questo facciamo appello al governo perché valuti con molta rapidità i benefici di questa proposta”.

Cosa cambierebbe con un’ora di luce in più

In base ai dati raccolti nella ricerca realizzata dal Centro Studi di Conflavoro Pmi in merito alle modalità per ammortizzare i costi energetici, si legge che confermando l’ora legale tutto l’anno nel 2023 si potrebbero spendere 2,7 miliardi di euro in meno in energia elettrica. “Facciamo un esempio pratico: a Roma, quando l’ora solare è in vigore, il 21 dicembre (il giorno più corto dell’anno) il sole tramonta alle 16.42. Con quella legale – spiega Roberto Capobianco, presidente di Conflavoro Pmi – diventerebbero le 17.42. È vero che l’alba dello stesso giorno verrebbe spostata alle 8.34, anziché alle 7.34, ma il risparmio di consumi e luce elettrica sarebbe comunque maggiore visto che alle cinque di pomeriggio la gran parte delle attività lavorative è ancora in pieno svolgimento”.

2,7 miliardi risparmiati nel 2023

Ipotizzando che nel periodo in cui vige l’ora solare si applicasse l’ora legale (30 ottobre – 26 marzo, per un totale di 147 giorni), si acquisterebbe un’ora di luce naturale al giorno in più, per un totale di 147 ore, riporta Askanews. Considerati gli attuali prezzi, determinerebbe nel nostro Paese risparmi sui consumi di energia ipotizzabili in 2,7 miliardi di euro per il 2023. Si tratta di una stima basata sull’ultimo fabbisogno energetico certo (dati del gestore al 2021) pari a 318,1 miliardi di KWh rinnovabili comprese (i primi 8 mesi del 2022 hanno già registrato una media di fabbisogno mensile di 25,9 miliardi di KWh) calcolati sul prezzo oggi nel mercato tutelato da Arera, ossia 0,51 euro/KWh calcolato al momento per il mese di ottobre 2022.

Export digitale italiano: +15% nel 2021

Nel 2021 le esportazioni digitali Made in Italy, ovvero l’export italiano di beni di consumo diretto, tramite sito proprio, marketplace o siti di vendite private, o intermediato, tramite retailer online, sono cresciute del +15%, toccando un valore di 15,5 miliardi di euro. Le esportazioni digitali B2c hanno invece raggiunto un peso pari al 9% dell’export complessivo, online più offline. Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Export Digitale della School of Management del Politecnico di Milano. Secondo lo studio, il settore più importante, pari al 56% del mercato complessivo dell’export digitale B2c e B2b2c, si conferma il fashion, con un valore di 8,6 miliardi di euro nel 2021, +20% sul 2020, superando i valori pre-Covid.

I settori dell’export B2c

Il secondo settore è il food & beverage, con un export online di 2,2 miliardi di euro, il 14% del totale, che prosegue la crescita (+10%), ma rallenta dopo l’exploit 2020 (+46%). Il terzo comparto è l’arredamento (1,2 miliardi, +12%), pari al 7% del totale delle esportazioni online di beni di consumo.
Elettronica, cosmetica, cartoleria, giochi, articoli sportivi e gli altri comparti valgono invece complessivamente il 23% dell’export digitale B2c. Le previsioni iniziali per il 2022 si stanno rivelando però troppo ottimistiche. Un’eventuale totale interruzione delle esportazioni digitali verso il mercato russo potrebbe portare a una perdita di circa 430 milioni di euro di esportazioni B2c, per oltre l’80% riconducibile al fashion.

Cresce anche l’export digitale B2b

L’export digitale B2b nel 2021 ha raggiunto un valore di 146 miliardi di euro, anch’esso in crescita del 15% rispetto al 2020, e con un peso del 28,3% sull’export complessivo di prodotti. Con l’eccezione del settore farmaceutico, in forte flessione dopo il boom del 2020, per tutti i settori B2b l’export online è cresciuto in modo importante, tornando sopra i livelli pre-Covid: nel 2019 il valore era di 134 miliardi. Nel B2b, la filiera più digitalizzata è l’automotive (33 miliardi, il 22,6% del totale), con una crescita quasi doppia rispetto a quella dell’export complessivo (+40% rispetto al 22,6% dell’export complessivo). Seguono poi il tessile e abbigliamento (il 14,8%), la meccanica (10,8%), il largo consumo (6,9%), il materiale elettrico (4,8%) e l’elettronica (3,3%).

L’e-commerce verso l’estero

L’Osservatorio ha elaborato un indicatore per identificare i paesi di maggiore interesse per l’export digitale italiano. Sulla base della performance di ciascun paese è stato sviluppato un ranking che ordina i paesi in ordine decrescente di attrattività per l’export digitale italiano. Ai primi posti, in questa classifica, si trovano Stati Uniti, Svizzera, Germania e Francia. Gli stessi paesi, anche se in ordine diverso, si trovano ai primi quattro posti della classifica dei maggiori importatori dell’export italiano.
Scorrendo le due classifiche, però, si notano anche risultati che sorprendono. La Danimarca, ad esempio, si colloca a pari merito con la Cina al 5°posto nella classifica dei paesi di maggior interesse per l’export digitale italiano, ma nella classifica dei paesi importatori dell’export italiano non compare neppure nelle prime 17 posizioni. 

Agroalimentare: nel 2021 registrati quasi 4.000 nuovi domini

Lo rende noto Registro .it, l’anagrafe del web a targa italiana, nonché organo dell’Istituto di informatica e telematica del Cnr (Cnr-Iit): sono quasi 4mila i nuovi domini .it legati al settore dell’agroalimentare registrati nel 2021. E nel 2022, tra gennaio, febbraio e marzo sono stati registrati finora 4.680 nuovi siti in questo settore. Dal 2016 Registro .it, in collaborazione con il dipartimento di informatica dell’Università di Pisa e Infocamere, ha istituito ‘Fine’, un osservatorio permanente per analizzare la diffusione di internet tra i vari settori appartenenti all’agroalimentare e studiare la loro diffusione.

Ristorazione (41,94%), farinacei (12%) e vino (10,17%) sul podio 

Secondo Registro .it, i nuovi siti con dominio .it legati al food nati nel corso del 2021 sono esattamente 3834. Di questi, quasi il 41,94% appartiene al settore della ristorazione, il 12% ai farinacei e il 10,17% al vino. A questi seguono i settori cosiddetti ‘altro agro’, come caccia, cattura di animali, silvicoltura e utilizzo di aree forestali, con una quota pari al 9,05%, il comparto agriturismo, con il 5,63% dei domini, e quello coltivazioni, con il 4,90%. Una situazione simile si riscontra anche su base totale: dei 101.605 siti .it registrati finora da Registro .it il 37,8% appartiene sempre al settore ristorazione, il 12,3% al settore vino, e l’11,3% a settore farinacei.

Dal 2016 a oggi +8,4% di registrazioni, circa 8000 in più 

Oltre alle prime tre voci, seguono, entrambi con una quota dell’8,3%, i settori ‘altro agro’ e agriturismo. Più in generale, riporta Ansa, dall’inizio della rilevazione dell’osservatori Fine nel 2016, e al netto delle cancellazioni avvenute nel corso degli anni, Registro .it  evidenzia un incremento di circa 8mila domini registrati per i siti web .it afferenti al settore agroalimentare, pari a un aumento dell’8,4%. Al momento della rilevazione iniziale nel 2016, dei 93.730 siti registrati per l’agroalimentare il 36,1% apparteneva sempre alla categoria ristorazione, l’11,5% a quella del vino, mentre l’11,3% a quella dell’agriturismo.

Un settore fondamentale per l’economia italiana

“Quello dell’agroalimentare è un settore fondamentale per l’economia italiana – ha commentato Marco Conti, responsabile di Registro.it e direttore di Cnr-Iit – ma siamo certi che questa circostanza trovi riscontro anche sul web? È per rispondere a domande come questa che, sei anni fa, è nato Fine”.
Secondo Maurizio Martinelli, primo tecnologo di Cnr-Iit, la risposta è sì. L’Osservatorio rappresenta, infatti, “una fotografia attendibile per osservare come la situazione cambi nel corso del tempo all’interno del web agroalimentare a targa italiana”.

Italiani e digitale nel 2021: meno social, più dispositivi indossabili

Nell’ultimo anno è parzialmente diminuito il fascino di social media mentre è aumentato quello dei device digitali. Le piattaforme social restano comunque una fonte di informazione per una larga fetta della popolazione mentre lo smartphone si conferma lo strumento presellò per lo shopping online. E i contenuti streaming non hanno età, dato che i video on demand piacciono e vengono fruiti anche dagli over 65. Ecco, in estrema sintesi, le principali evidenze contenute nell’ultima Digital Consumer Trends Survey 2021 di Deloitte, una indagine basata su oltre 2 mila interviste a persone tra i 18 e i 75 anni.

Il 22% ha abbandonato almeno un social media

Il 73% dei nostri connazionali in possesso di uno smartphone, riferisce la ricerca ripresa da Ansa, ha utilizzato piattaforme social o app di messaggistica su base giornaliera. Però un altro 22% ha invece deciso di utilizzare almeno una piattaforma, sia in versione definitiva sia temporaneamente. Le ragioni di questo disamore, riporta l’indagine, sono sostanzialmente tre: l’essersi stancati dei contenuti (35%), la presenza eccessiva di fake news (25%) e le preoccupazioni per la propria privacy (21%). A fronte di questo parziale dietrofront, però, ci sono altri aspetti da considerare. Nello specifico, avverte la ricerca, i social media sono però diventati una fonte primaria per accedere alle notizie per una quota significativa di utenti (23%), poco al di sotto del risultato raggiunto dai media più tradizionali, come i giornali cartacei e i siti di notizie. Ma la Tv, riporta una nota diffusa da Ansa, resta la fonte più citata, con il 37% che la identifica come canale preferito di informazione. Nel 2021 in Italia sono saliti dal 40 al 63% gli utenti che fruiscono costantemente di contenuti video in streaming on demand (Svod), ed è cresciuta in modo rilevante la penetrazione dei servizi Video on demand tra gli ‘over 65’.

Lo shopping on line è via smartphone

Un altro dato interessante che si scopre dalla survey è che gli italiani apprezzano lo shopping online, in particolare attraverso il cellulare. Quattro italiani su 5 dichiarano di utilizzare lo smartphone per acquistare un prodotto online, per lo più almeno una volta al mese. Un’altra tendenza in decisa crescita è poi quella dei dispositivi indossabili: se nel 2017 solo il 10% possedeva uno smartwatch, nel 2021 questa percentuale è salita al 25%; mentre 1 su 5 ha un braccialetto per il fitness. E il principale utilizzatore è la Gen-Z, cioè gli individui nati tra il 1997 e il 2010.

Arriva l’esame della patente ‘mini’, ma è più difficile

Da lunedì 20 dicembre 2021 è cambiata la prova per l’esame della patente. Il numero dei quiz di teoria diminuirà, passando da 40 a 30, ma contestualmente il tempo a disposizione si ridurrà da 30 a 20 minuti. Con la riduzione delle domande scenderà anche il numero di errori consentiti: non più 4, ma al massimo 3. Con il quarto quindi scatterà la bocciatura. La nuova versione della prova di teoria è prevista dal decreto del Ministero delle Infrastrutture e mobilità sostenibili del 27 ottobre 2021, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 9 dicembre, cui ha fatto seguito la circolare della Direzione Generale della Motorizzazione che ne ha stabilito la data di entrata in vigore.

Le modalità di esecuzione della prova non cambiano 

Chi pensava di cavarsela meglio con il nuovo esame per la patente non si faccia ingannare dalla parola ‘mini’, essere promossi potrebbe infatti risultare più complicato. Non cambiano però le modalità di esecuzione della prova, che sarà sempre informatizzata. Verrà inoltre confermato il metodo casuale di estrazione delle proposizioni per la composizione della scheda da sottoporre a chi fa l’esame. Come già accade, i candidati dovranno rispondere vero o falso alle varie domande.

Quasi un terzo di chi prova l’esame non riesce a superarlo

Nel percorso per ottenere la patente, riferisce Ansa, l’esame di teoria si conferma come il vero scoglio da superare. Nel 2020, 424.752 cittadini hanno superato la prova di guida, e ottenuto la patente B, pari all’87,8% di tutte le persone che hanno sostenuto i quiz. Ma la guida è solo la fase finale del test. Prima bisogna infatti superare proprio i quiz di teoria, dove il dato degli idonei si ferma al 70,2%. Poco meno di un terzo di chi prova l’esame non riesce infatti a superarlo (29,8%). Tra le regioni, la percentuale più alta di bocciati alla teoria si registra nel Lazio (36,3%), seguito da Liguria (31,1%) e Campania (31%). Il dato migliora leggermente in Emilia Romagna (27%) e Veneto (27,6%).

Solo per patenti A e B

Gli esami che subiscono il ridimensionamento sono quelli che riguardano le patenti A1, A2, A, B1, B e BE. La modifica non interessa quindi le patenti C, D e AM, quest’ultima per guidare i ciclomotori. La riforma del Codice della Strada, dello scorso 10 novembre, ha prolungato poi la validità del foglio rosa, passato da 6 mesi a un anno. Questa agevolazione consente a coloro che devono effettuare l’esame di guida di poter ripetere la prova pratica per ben tre volte (prima erano due). Tra le novità, anche la deroga sul limite di potenza delle auto utilizzate, da rispettare durante i primi 12 mesi in cui si è conseguita la patente B.
È infatti consentito ai conducenti freschi di patente di guidare un’auto di qualsiasi potenza, ma solo se accompagnati da una persona in possesso della stessa tipologia di patente da più di 10 anni e di età non superiore a 65 anni.

Il galateo dei meeting all’estero

Paese che vai usanza che trovi, si usa dire. E la regola è valida anche per quanto riguarda le riunioni di lavoro. I meeting, infatti, hanno riti precisi e modalità diverse a seconda del luogo in cui ci si trova. Siccome in un mondo sempre più interconnesso come quello che viviamo è davvero facilissimo incontrarsi, anche se a distanza, con persone che vivono dall’altra parte del globo, è opportuno conoscere le basi del galateo che valgono anche oltreconfine. Pena, altrimenti, il successo dell’incontro stesso, a causa delle brutte figure. Sapere come comportarsi nelle diverse situazioni può rappresentare un grande vantaggio, soprattutto nel corso dei primi incontri, favorendo la creazione di rapporti di collaborazione e fiducia, indispensabili per stringere affari.

I consigli dell’esperta

Le regole del buon meeting sono state svelate all’Adnkronos da Sibyl von der Schulenburg, imprenditrice nel settore delle telecomunicazioni e scrittrice, che ha detto: “Lavorare con l’estero rappresenta una grandissima occasione di crescita personale e professionale, ma è importante conoscere abitudini e usanze delle persone con le quali si interagisce per evitare di commettere errori che possano compromettere le trattative commerciali e/o i colloqui di selezione. Ci sono paesi, pensiamo ad esempio al Giappone, alla Corea o alla Russia, che hanno regole completamente diverse dalle nostre e che non possono essere ignorate. Non tenere in considerazione norme di comportamento che sono ritenute basilari porta a un unico risultato: il fallimento della trattativa commerciale o del colloquio”.

I sì e i no per il successo

Qualche esempio pratico? Ad esempio, dovrebbero essere evitati durante una riunione di lavoro tutti gli argomenti controversi. Insomma, meglio non affrontare temi quali la politica o la religione, più opportuno invece spostarsi su discorsi leggeri e neutri come il cibo e il meteo. Ci sono poi piccoli accorgimenti che possono fare la differenza: ad esempio per gli abitanti dell’Estremo Oriente prendere un biglietto da visita con una mano sola è considerato poco educato o percepito come un insulto; nella cultura araba, invece, non è ben visto afferrare un documento con la mano sinistra (quella proibita). Anche la stretta di mano (in tempi pre e speriamo presto post Covid) non è percepita da tutti come una buona prassi, a maggior ragione se avviene tra uomo e donna: in alcuni casi è preferibile un gentile inchino. No anche a contatti ravvicinati, come pacche sulle spalle, abbracci o peggio baci. Insomma, prima di incontrare un possibile partner straniero, meglio informarsi anche sugli usi e costumi del suo paese, così da non commettere inconsapevoli, ma spiacevoli, gaffe.

Caffè, le città più care: espresso a 1,21 euro a Trento, a 80 centesimi in Calabria

Caffè, quanto mi costi? Fermo restando che alla classica tazzina di espresso non si rinuncia, neanche con le restrizioni imposte dal Covid, rimane il fatto che questo piccolo piacere può avere un costo molto differente a secondo da dove ci si trovi. Proprio così: al Nord generalmente il caffè consumato al bar costa di più che al Sud, pur con i lievi aumenti che scattano ovunque di anno in anno. La media, comunque, si aggira intorno a un euro, con i picchi più alti in Trentino e i più bassi in Calabria.

A Trento la tazzina più costosa

In Italia il caffè più costoso si beve nei bar di Trento: il prezzo medio raggiunge 1,21 euro. Il dato risulta da un’elaborazione dell’Adnkronos dal Rapporto Ristorazione 2020 di Fipe Confcommercio (su dati Istat dicembre 2020) che rileva il prezzo della tazzina di caffè nei diversi capoluoghi di provincia. Si rimane in Regione per il secondo posto della classifica, che vede Bolzano come seconda piazza più costosa per il tradizionale espresso, che al bancone si consuma a una media di 1,19 euro. Scontrino sempre sopra l’euro anche in due capoluoghi su quattro del Friuli Venezia Giulia: Udine e Pordenone, città alle quali si aggiunge Brescia dove il prezzo medio è di 1,12 euro. Ma anche Trieste è nel top della classifica con un centesimo in meno 1,11 euro a pari merito con Padova e Bologna. In molte città del nord e del centro nord i prezzi medi sono di 1,10 euro: Belluno, Ferrara, Gorizia, Modena, Ravenna, Rimini, Rovigo e Vicenza. Situazione più o meno analoga nelle principali città d’arte, come Firenze, Venezia e Torino, dove per un espresso al bar bisogna mettere in conto circa 1,09 euro.

A Catanzaro l’espresso più economico

All’estremo Sud d’Italia la situazione cambia sensibilmente, con differenze di prezzo importanti. Scorrendo l’analisi, si scopre che il prezzo più basso per un caffè si paga a Catanzaro, dove un espresso preparato al bar costa ben al di sotto dell’euro, 80 centesimi di media. Scontrini simili – circa 0,88 euro – sempre in Calabria, a Cosenza e a Reggio Calabria, mentre in Sicilia la medaglia d’oro della città più economica per un espresso va a Messina, con 0,81 euro. Ma anche a Roma si spuntano ottimi prezzi: nella capitale un caffè al bar in media costa 0,93 euro, 10 centesimi in meno di Milano con 1,03 euro. E Napoli, la capitale ufficiale della “tazzulella”? Sotto il Vesuvio i prezzi rimangono popolari, al di sotto dell’euro: la media per un buon caffè di 90 centesimi.

Il cellulare? E’ diventato la nostra vera “casa”

Il cellulare non è solo uno strumento per restare connessi con i propri contatti, ma è diventato a tutti gli effetti il nostro mondo. O meglio, la nostra “casa”, in cui viviamo e conserviamo ogni aspetto che ci interessa. I nostri ricordi, valori, hobby sono racchiusi lì, all’interno dello smartphone: perderlo equivale a ritrovarsi come degli homeless, dei senzatetto digitali. Ad affermare quanto sia ormai vitale il cellulare per la gran parte della popolazione mondiale è un nuovo studio condotto da una squadra di 11 antropologi dell’Ucl, University College London, che ha passato 16 mesi a documentare l’uso dello smartphone in 9 paesi in Africa, Asia, Europa (tra cui l’Italia) e Sud America, con particolare attenzione agli anziani. L’analisi e i relativi dati sono stati sono pubblicati su The Global Smartphone: Beyond a youth technology, nuovo libro coordinato dal professor Daniel Miller.

Senza cellulare siamo perduti

L’aspetto più interessante – e anche più sconvolgente – della ricerca è che se perdiamo il telefonino ci ritroviamo in una condizione di autentici senzatetto: questo perché è attraverso gli smartphone che esprimiamo sempre più la nostra personalità, i nostri interessi e valori. Li adattiamo alle esigenze e abbiamo ‘barattato’ il tempo trascorso faccia a faccia con la famiglia e gli amici con le ore “a casa” sui nostri cellulari.

Il “rovescio della medaglia”

Ovviamente, ci sono delle ripercussioni generate da questo nuovo modo di vivere sempre con il telefono a portata di mano. Come spiega il professor Miller, riporta Ansa, “Il rovescio della medaglia è che in qualsiasi momento, durante un pasto, un incontro o un’altra attività condivisa, una persona può semplicemente ‘scomparire’, essendo “tornata a casa” sul proprio smartphone. Questo comportamento, e la frustrazione o persino l’offesa che può causare, è ciò che chiamiamo la ‘morte della prossimità’. Stiamo imparando a convivere con il rischio che anche quando siamo fisicamente insieme, possiamo essere soli socialmente, emotivamente o professionalmente. Allo stesso tempo, lo smartphone ci sta aiutando a creare e ricreare una vasta gamma di comportamenti utili, dal ristabilimento di famiglie allargate alla creazione di nuovi spazi per la sanità e il dibattito politico”.

Sempre giovani

Un altro elemento emerso dalla ricerca è che l’utilizzo così massiccio del cellulare allontana lo spettro dell’invecchiamento. Proprio così: in molte regioni del mondo lo smartphone ha contribuito a cambiare l’esperienza dell’invecchiamento, facendo sentire continuità con la giovinezza. Il fatto di considerarsi anziani, quindi, non è più legato a un fattore anagrafico, ma bensì alla fragilità.

Bonus Vacanze 2021, ecco chi può richiederlo e come fare

L’estate si avvicina velocemente e il desiderio di concedersi un meritato periodo di ferie si fa sempre più pressante. Una buona notizia è che il Bonus Vacanze, la misura introdotta lo scorso anno per incentivare il turismo, è stata prorogata dal 30 giugno al 31 dicembre 2021. Tuttavia, per avere diritto all’agevolazione di 500 euro valida per soggiorni in albergo, campeggio, villaggio turistico, agriturismo e bed & breakfast in Italia è necessario averne fatto richiesta entro il 31 dicembre 2020. L’ammontare del bonus non cambia rispetto all’anno passato: 150 euro per i nuclei composti da una sola persona; 300 euro per i nuclei di due persone; 500 euro per i nuclei di tre o più persone.

Come si calcola l’Isee

Per avere accesso al bonus vacanze, è necessario presentare l’Isee. Come precisa il sito dell’Agenzia delle Entrate “Per il calcolo dell’Isee è necessaria la Dichiarazione sostitutiva unica (DSU), che contiene i dati anagrafici, reddituali e patrimoniali di un nucleo familiare e ha validità dal momento della presentazione e fino al 31 dicembre successivo. L’importo del bonus sarà modulato secondo la numerosità del nucleo familiare: 500 euro per nucleo composto da tre o più persone 300 euro da due persone 150 euro da una persona”. Le informazioni necessarie per sapere come ottenere la Dichiarazione sostitutiva unica e calcolare l’Isee sono indicate sul sito dell’Inps.

Voucher solo in formato digitale

Ancora, l’Agenzia delle Entrate precisa che il bonus potrà essere richiesto e sarà erogato esclusivamente in forma digitale. “Per ottenerlo è necessario che un componente del nucleo familiare sia in possesso di un’identità digitale SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) o CIE 3.0 (Carta d’Identità Elettonica). Al momento della richiesta del bonus, infatti, si dovranno inserire le credenziali SPID e successivamente fornire l’Isee. Se non hai la tua identità digitale richiedila (SPID e CIE 3.0)” spiega il sito delle Entrate. Non sarà necessario stampare nulla, perché sarà a disposizione sul cellulare o smartphone e basterà mostrarlo all’albergatore, quando sarà il momento di pagare il soggiorno, direttamente presso la struttura selezionata per trascorrere le vacanze. Una volta ottenuto, il voucher può essere speso presso la struttura ricettiva prescelta (a condizione che partecipi all’iniziativa) da un solo componente della famiglia. E’ fruibile nella misura dell’80%, sotto forma di sconto immediato, per il pagamento dei servizi prestati dall’albergatore, mentre il restante 20% potrà essere scaricato come detrazione di imposta.