Fake news, come possono ingannarci le ricerche online?

Una ricerca condotta negli Stati Uniti da Kevin Aslett e dal suo team presso l’Università della Florida Centrale ha coinvolto più di 3.000 partecipanti e ha svelato il rischio insidioso nell’uso dei motori di ricerca online. Valutare notizie false attraverso questi strumenti potrebbe farci credere ancor di più a informazioni errate.
In pratica, tentare di approfondire un argomento o una notizia sul web spesso non aiuta a sfatare le notizie false e costruite ad arte.

Chi cerca di sfatare le fake news e approfondire un argomento cerca prima di tutto su internet, e nel 19% dei casi queste persone tendono a considerare queste notizie come vere rispetto a chi non compie ricerche online. Questo risultato è stato confermato attraverso quattro esperimenti separati condotti da Kevin Aslett e pubblicati su Nature.

Chi cerca sul web è più credulone? Lo sostiene la ricerca americana

I partecipanti allo studio sono stati chiamati a valutare l’accuratezza di notizie recentemente pubblicate, e i risultati hanno rivelato un dato sorprendente. Coloro che sono stati incoraggiati a cercare online per valutare la veridicità delle notizie false erano il 19% più propensi a considerare affermazioni false come vere rispetto a coloro che non sono stati spinti a fare ricerche online.
Questo esperimento è stato ripetuto quattro volte, ottenendo risultati consistenti.

Si tratta di una scoperta che solleva l’allarme sulla fiducia che viene riposta da noi tutti nelle ricerche online, e al contempo, sottolinea l’importanza di essere più critici nella valutazione delle informazioni trovate su Internet.
I ricercatori indicano però che questo fenomeno potrebbe essere causato dalla scarsa qualità delle informazioni ottenute tramite le ricerche effettuate online.

È colpa dei dati di bassa qualità?

In altre parole, le persone potrebbero finire per credere a notizie false semplicemente perché i motori di ricerca forniscono dati di bassa qualità.

In conclusione, lo studio americano sottolinea l’urgente necessità di sviluppare programmi di alfabetizzazione digitale che mettano in guardia sulle trappole delle ricerche online, e promuovano una valutazione più critica delle informazioni.
La fiducia nei motori di ricerca, riporta Agi, va accompagnata quindi a una consapevolezza della qualità delle informazioni che questi ci offrono.

Alla trappola non sfugge neanche ChatGpt

Ma alla trappola non sfugge neanche l’Intelligenza artificiale di ChatGpt, che secondo un altro studio presentato da ricercatori dell’Università di Waterloo in Canada al Workshop Trustworthy Natural Language Processing di Toronto tende a credere alle teorie del complotto.

In ogni caso, è tendenza comune ritenere che a veicolare la disinformazione, in particolare notizie false e teorie del complotto, siano i social network e che l’antidoto contro le false notizie sia quello di fare ricerche online per approfondire e fare poi valutazioni indipendenti, riporta l’Eco di Bergamo.

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