L’identità digitale avanza, ma il Paese è poco competente

Nonostante gli sforzi per rendere i servizi pubblici accessibili online l’inefficienza nell’utilizzo delle tecnologie ha reso vani gli investimenti realizzati. All’interno di un Paese sempre più vecchio, dove oltre il 50% dei cittadini non possiede competenze digitali di base, la digitalizzazione della PA incontra numerose difficoltà.

La conferma arriva dai risultati di una ricerca condotta da Ipsos sull’uso dell’identità digitale per l’accesso ai servizi della PA nelle diverse generazioni.
Due le sfide principali emerse, il divario tra la disponibilità dei servizi online attivabili con l’identità digitale e l’effettivo utilizzo di tali servizi, e un’esperienza di accesso che può essere migliorata.

Migliorare l’esperienza di utilizzo

L’Italia si sta impegnando per migliorare l’infrastruttura tecnologica digitale, rendendola più semplice, sicura e soddisfacente per tutti. Tuttavia, non va trascurato anche lo sviluppo dell’alfabetizzazione digitale.

Scarsa competenza digitale e limitata soddisfazione dei servizi possono creare disparità, soprattutto per le fasce di popolazione più adulte in termini di accesso al welfare e altri servizi pubblici. La tecnologia e il fattore umano devono, quindi, progredire di pari passo. Solo così potremo accorciare le distanze e garantire un accesso equo ed efficace ai servizi pubblici.
Non a caso il PNRR prevede di destinare parte dei fondi della Missione 1 all’abilitazione della popolazione all’uso delle tecnologie.

Identità digitale: per quali servizi online della PA si usa di più?

Nell’ultimo anno, l’identità digitale è stata utilizzata in media in tre ambiti di servizi online della PA, sfruttando solo parzialmente le molteplici possibilità offerte. In cima alla classifica quelli di Welfare, con il 72% degli utenti che vi fa ricorso (Boomers 77%).
Seguono i servizi della Fiscalità, usati dal 61% degli utenti e rilevanti per tutte le generazioni a eccezione della GenZ, e i servizi di Mobilità (47%), più usati proprio dalla GenZ (65%) e meno dai Boomers (38%).

Valutando l’esperienza complessiva, solo il 18% però si dichiara completamente soddisfatto, senza distinzioni tra le generazioni, e il livello di soddisfazione non varia neppure in base allo strumento digitale utilizzato.
Emergono difficoltà nel completare le operazioni online, e in un terzo dei casi (29%), è necessario recarsi di persona presso l’ufficio competente (Boomers, 34%).

SPID, lo strumento che garantisce il completamento online delle pratiche

Considerando gli strumenti digitali utilizzati, lo SPID garantisce maggiormente il completamento online delle pratiche (74%), mentre con la carta d’identità nazionale e la tessera sanitaria si è maggiormente costretti a ricorrere all’ufficio competente per evadere la richiesta.

In conclusione, l’utilizzo dell’identità digitale nei servizi online della PA è ancora limitato, soprattutto tra i Boomers, e la soddisfazione nell’utilizzo di tali servizi è contenuta.
È quindi necessario migliorare l’esperienza degli utenti, semplificando i processi di accesso e garantendo l’efficacia degli strumenti digitali utilizzati. Ma è soprattutto fondamentale promuovere un’alfabetizzazione digitale trasversale alle generazioni.

Quanto spendono gli italiani per i servizi di streaming? 

La rivoluzione digitale ha innescato una migrazione massiccia dal piccolo schermo tradizionale verso le piattaforme di streaming, che offrono una miriade di opzioni a portata di clic. Mentre in passato si pagava un canone per la televisione o si noleggiavano videocassette e DVD, oggi sono disponibili numerosi abbonamenti mensili a servizi come Netflix, Amazon Prime, Disney Plus, HBO e tanti altri.
Sommando i costi di ognuno di questi abbonamenti, ci si potrebbe chiedere quanto stiamo effettivamente pagando per questa nuova era di comodità digitale. Ma, soprattutto, ne vale davvero la pena?

Tuttavia, nonostante la televisione tradizionale stia affrontando una concorrenza senza precedenti, gli italiani mostrano una sorprendente prudenza economica. Dalle statistiche emerge una cifra emblematica: 30 euro al mese sembra il budget che la maggior parte è disposta a destinare per il consumo di contenuti digitali.

Contenuti di alta qualità, prezzo accessibile e pubblicità accettabile?

Questo dato sottolinea non solo una consapevolezza economica, ma pone anche una domanda cruciale alle piattaforme di streaming: come offrire un servizio che bilanci contenuti di alta qualità, un prezzo accessibile e una pubblicità accettabile? A quanto pare, gli italiani, pur riconoscendo il valore dei contenuti premium, non sono avversi all’idea di pubblicità, anche se la pubblicità deve essere ben dosata.
Il 59% degli intervistati sarebbe infatti disposto a tollerare spot pubblicitari pur di accedere a una piattaforma gratuita, ma ad alcune condizioni: pubblicità mirate e limitate interruzioni durante la visione. Quando sono inevitabili, che almeno lo spot sia breve.

Una media di 3 abbonamenti per persona

L’epoca in cui un unico abbonamento soddisfaceva tutte le esigenze di intrattenimento sembra essere un lontano ricordo. Ora, con giganti del settore che offrono cataloghi vastissimi e diversificati, la tentazione di diversificare gli abbonamenti è forte.

Questa tendenza, però, non è uniforme tra le diverse fasce d’età. Se da un lato un significativo 42% della popolazione mantiene un approccio più conservativo, limitandosi a 2-3 servizi, dall’altro la fascia più giovane (25-34 anni) mostra un comportamento decisamente diverso.
Quest’ultimo gruppo, infatti, sembra avere una sete insaziabile di contenuti, tanto da sottoscrivere a quattro o più servizi contemporaneamente.

Esiste la formula di streaming vincente?

L’integrazione di servizi bancari, come cashback e assicurazioni, suggerisce che gli italiani cercano soluzioni più olistiche. Le piattaforme dovranno quindi evolversi e offrire pacchetti di servizi integrati.
Una cosa che non sembra nemmeno troppo distante, visto il lavoro massiccio che stanno facendo le piattaforme in mercati più maturi, come per esempio quello Americano o quello Australiano.

L’evoluzione del consumo di media digitali mette poi in evidenza una marcata differenza tra le diverse fasce d’età. Questo divario generazionale nello streaming rispecchia le diverse esperienze e abitudini formatesi nel contesto tecnologico in cui ciascun gruppo è cresciuto.
C’è quindi la necessità di offrire contenuti e servizi che possano attrarre e soddisfare utenti di tutte le età, bilanciando innovazione e tradizione.

AI: i lavoratori la temono? Sì, ma con entusiasmo 

L’Intelligenza artificiale ha già avuto un forte impatto sulla vita professionale dei lavoratori di tutto il mondo. Ma quale è la percezione di questa tecnologia? Secondo un’indagine globale condotta da Linkedin il 60% degli intervistati è convinto che già nel corso del prossimo anno l’AI introdurrà nuove modalità di lavoro e altri cambiamenti significativi. Ma se 9 intervistati globali su 10 sono curiosi ed entusiasti di poter utilizzare l’AI al lavoro, 2 su 5 (39%) si sentono sopraffatti da questa trasformazione. Al contempo, per il 69% l’AI nei prossimi 5 anni l’AI diverrà un ‘aiutante invisibile’.
In Europa, gli italiani (60%) sono tra i più entusiasti, ma il 19% si sente in difficoltà a causa delle barriere linguistiche. Gli strumenti a disposizione sono infatti in larga parte più efficienti e fruibili se utilizzati in lingua inglese.

A sorpresa è la GenZ a temere maggiormente di rimanere indietro

Se il 73% degli uomini a livello globale vede nell’AI un alleato sul lavoro questa convinzione è condivisa dal 65% delle donne. A livello generazionale è la GenZ a temere maggiormente di rimanere indietro nell’apprendimento delle skill necessarie a utilizzare l’AI. Forse, proprio per via di una maggiore consapevolezza della vastità delle possibili applicazioni, dei suoi pro e contro.
È infatti preoccupato il 29% degli intervistati tra 16-26 anni, a fronte del 22% dei Millenials, il 16% dei GenX e il 15% dei boomers. Timore che trova riscontro anche nelle risposte italiane sul tema delle opportunità di formazione. Il 58% dei giovanissimi vorrebbe imparare a utilizzare al meglio l’AI sul lavoro, ma non sa come accedere a questo know-how (49% boomers).

Tra lacune formative e opportunità di progresso

Se in Italia il 57% dichiara di non aver ricevuto dal proprio datore di lavoro né linee guida né un training specifico volto a migliorare o ottimizzare il ricorso all’AI, al contempo, le aree in cui gli italiani vedono più opportunità di progresso grazie all’AI sono l’accesso più veloce al sapere e l’informazione (29%), l’aumento della produttività (28%), la velocizzazione dei lavori di sintesi (23%). Non mancano, tuttavia, i timori. In particolare, a preoccupare professioniste e professionisti italiani, è l’aspetto dell’adeguamento delle skills, e la mancanza di opportunità di formazione specifica in questo ambito.

Spetta alle imprese guidare il cambiamento

Di fatto se il 33% degli intervistati nel nostro Paese già ricorre all’AI per lo svolgimento delle proprie mansioni la stessa percentuale si sente sopraffatta dal cambiamento che potrebbe portare, e il 30% ha il timore di non riuscire a tenere il passo con l’innovazione. Inogni caso, se è difficile stimare quale sarà l’entità reale dell’impatto dell’AI sul lavoro quotidiano di professionisti e professioniste di tutto il mondo nei diversi settori, è chiaro invece che le imprese per poter crescere e attrarre nuovi talenti dovranno cercare di guidare questo cambiamento. Concentrandosi, in particolare, sull’offerta di nuove opportunità di formazione.

Si riduce la popolazione offline: nel 2023 sono disconnessi “solo” 2,6 miliardi

Nel mondo ci sono ancora 2,6 miliardi di persone non ancora connesse a Internet. Si tratta del 33% della popolazione mondiale, e circa il 96% di questi 2,6 miliardi vive in paesi in via di sviluppo. Nel 2022 i disconnessi erano 2,7 miliardi. È quanto rileva l’Unione internazionale delle telecomunicazioni (Uit), l’agenzia tecnologica delle Nazioni Unite, sottolineando che, al contrario, il 67% della popolazione mondiale è ‘online’, ovvero 5,4 miliardi di individui. 
Secondo le stime preliminari dell’Uilt, la crescita è più forte nei paesi a basso reddito, con il numero di utenti Internet in aumento di circa il 17% nell’ultimo anno, riferisce Adnkronos.

“Ci sono persone non sono in grado di accedere a Internet”

“Non dobbiamo dimenticare che dietro questi numeri ci sono persone che non sono in grado di accedere a Internet e godere dei vantaggi che questa tecnologia può offrire nell’era della trasformazione digitale, che può davvero cambiare il corso di una vita – sottolinea Cosmas Luckyson Zavazava, direttore del Telecommunication Development Bureau dell’Itu -. Questi numeri evidenziano l’importanza di misurare e monitorare i dati in modo da sapere dove concentrare i nostri sforzi per connettere in modo significativo tutti a Internet entro il 2030. Con questi sviluppi, dobbiamo anche concentrarci sulla costruzione di competenze digitali per tutti, in modo da fornire agli utenti le competenze necessarie”. 

Garantire che tutti traggano vantaggio dalle tecnologie digitali 

Le ultime stime globali confermano che la crescita a due cifre della connettività Internet osservata durante il picco della pandemia di Covid-19 nel 2020 è stata di breve durata. Le tendenze attuali non sono abbastanza forti da garantire che l’obiettivo di una connettività universale e significativa venga raggiunto entro il 2030. Raggiungere una connettività universale e significativa entro il 2030, ovvero, la possibilità per tutti di godere di un’esperienza online sicura, soddisfacente, arricchente e produttiva a un costo accessibile, richiede un approccio globale che affronti le infrastrutture e altri fattori come l’accessibilità economica e le competenze.

Un passo avanti a sostegno degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu 

Internet è uno strumento essenziale per accedere alle informazioni, alle opportunità di lavoro e all’istruzione. Le persone senza un accesso significativo al web potrebbero essere lasciate indietro. E questo diventa ancora più importante man mano che tecnologie come l’Intelligenza artificiale diventano sempre più diffuse nella vita quotidiana.
“Questo miglioramento della connettività – aggiunge il segretario generale dell’Itu Doreen Bogdan Martin – è un altro passo nella giusta direzione e un ulteriore passo a sostegno degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Non avremo pace finché non vivremo in un mondo in cui la connettività sarà una realtà vissuta per tutti, ovunque”. 

La transizione verde è troppo lenta per gli europei

I cittadini europei continuano a sostenere in modo schiacciante la transizione energetica: considerano ambiente e cambiamento climatico come una delle questioni più importanti che l’Unione Europea deve affrontare, e si aspettano massicci investimenti nelle energie rinnovabili.
Secondo il nuovo sondaggio Eurobarometro, oltre la metà degli europei pensa che la transizione verso un’economia verde dovrebbe essere accelerata, e avverte la minaccia del cambiamento climatico nella vita quotidiana. In media, oltre un terzo degli europei si sente personalmente esposto a rischi e minacce ambientali e legati al clima. Dal punto di vista economico, per il 73% degli europei il costo dei danni dovuti ai cambiamenti climatici è molto più elevato dell’investimento necessario per una transizione verde.

Il cambiamento climatico è un problema molto serio

Più di otto intervistati su dieci ritengono importante che il proprio governo nazionale (86%) e l’Unione (85%) agiscano per migliorare l’efficienza energetica entro il 2030. Il 58% ritiene poi che l’uso delle fonti energetiche rinnovabili dovrebbe essere accelerato, l’efficienza energetica aumentata e la transizione verso un’economia verde accelerata. Per quasi nove cittadini UE su dieci (88%) le emissioni di gas a effetto serra dovrebbero essere ridotte al minimo, compensando al contempo le emissioni rimanenti per rendere l’UE climaticamente neutra entro il 2050. Più di tre quarti infatti (77%) ritiene che il cambiamento climatico sia un problema molto serio in questo momento, classificando la gravità del cambiamento climatico tra 7 e 10 su una scala fino a 10.

Il costo dei danni è molto più alto del costo dell’investimento

Per tre quarti degli intervistati (75%) agire sul cambiamento climatico renderà le imprese dell’UE più competitive, e quasi altrettanti (73%) concordano sul fatto che il costo dei danni causati dal cambiamento climatico è molto più alto del costo dell’investimento in una transizione verde.
Sette intervistati su dieci (70%) poi sono convinti che la riduzione delle importazioni di combustibili fossili extra UE può aumentare la sicurezza energetica e avvantaggiare economicamente l’UE (27% totalmente d’accordo, 43% tendenzialmente d’accordo). E quasi otto su dieci (78%) sono d’accordo sul fatto che si dovrebbe destinare più sostegno finanziario pubblico alla transizione verso le energie pulite, anche se ciò significa ridurre i sussidi ai combustibili fossili.

Sostegno a riduzione delle emissioni, a rinnovabili ed efficienza energetica

Quasi nove su dieci (87%) pensano che sia importante fissare obiettivi ambiziosi per aumentare l’uso di energia rinnovabile, e l’85% ritiene importante che l’UE agisca per migliorare l’efficienza energetica, incoraggiando le persone a isolare la propria casa, installare pannelli solari o comprare auto elettriche. Inoltre, la grande maggioranza dei cittadini sta già intraprendendo azioni individuali per il clima (93%), e compie consapevolmente scelte sostenibili nella vita quotidiana. Tuttavia,  riporta Adnkronos, i cittadini sottolineano la necessità di riforme per accompagnare l’azione individuale, indicando anche la responsabilità dei governi nazionali (56%), dell’UE (56%) e dell’industria (53%).

Ue, il 96% dei giovani usa Internet quotidianamente 

Nel 2022, il 96% dei giovani tra i 16 e i 29 anni nell’Unione Europea ha dichiarato di utilizzare Internet quotidianamente, rispetto all’84% della popolazione adulta. L’uso giornaliero di Internet tra i giovani è stato superiore al 94% in tutti i paesi dell’UE. 

Percentuali di utilizzo più basse in Italia e Bulgaria

Le percentuali più basse sono state registrate in Italia e Bulgaria, entrambe al 94%, mentre le percentuali più alte sono state riscontrate in Irlanda al 100% e in sette paesi dell’UE: Malta, Lussemburgo, Portogallo, Repubblica Ceca, Lituania, Slovenia e Lettonia, dove l’utilizzo quotidiano di Internet ha raggiunto il 99% o il 100%.
Sebbene i giovani abbiano riportato percentuali molto elevate di utilizzo giornaliero di Internet in tutti i paesi, c’è stata una maggiore variabilità tra gli utenti adulti. 

Nel Nord Europa giovani e adulti usano il web quasi allo stesso modo 

In media, la differenza tra la percentuale di giovani e adulti che utilizzano Internet quotidianamente nell’UE era del 12%. Tuttavia, nei Paesi Bassi, Svezia, Danimarca, Finlandia, Irlanda, Belgio e Lussemburgo, questa differenza non superava il 7%. Altri paesi dell’UE hanno registrato un alto utilizzo giornaliero di Internet tra i giovani, ma con un divario significativamente maggiore rispetto agli adulti. Ad esempio, in Croazia e Grecia, il divario era del 21%, mentre in Portogallo e Bulgaria era del 19%, e in Polonia e Romania era del 18%.

Gli under vogliono la rete per i social network

La maggior parte dei giovani utilizza Internet, ma quali sono stati alcuni degli utilizzi principali nel 2022 e come sono cambiati nel tempo? Secondo i dati, nel 2022, l’84% dei giovani ha utilizzato Internet per partecipare ai social network. Tra le attività riportate, l’uso dei social network è stata la principale preferenza dei giovani dal 2014, con dati che oscillano leggermente ma rimangono su livelli elevati. Altri utilizzi principali sono stati la lettura di notizie online (68%) e l’home banking (64%).

Crescono l’home banking e i corsi online

Mentre l’uso di Internet per l’home banking è costantemente aumentato dal 2014 (dal 45% dei giovani), la lettura di notizie online ha raggiunto il picco nel 2020 (73%) e successivamente ha perso slancio, con una diminuzione del 5% nel 2022. A causa della pandemia di Covid-19, la maggior parte delle attività online ha registrato un aumento, in particolare l’utilizzo di Internet per corsi online, che è passato dal 13% nel 2019 al 35% nel 2021. Tuttavia, nel 2022, questa percentuale è scesa al 28% (-7%), ma rimane comunque significativamente superiore rispetto al 2019.
Nel 2022, solo il 23% dei giovani ha utilizzato Internet per partecipare a iniziative civiche o politiche, un’attività che ha registrato un leggero aumento dal 2015.

Imprese e innovazione in Italia nel 2023

Il mondo delle imprese italiane nel 2022 ha mostrato una notevole capacità di resilienza agli shock originati dall’incremento dei prezzi dei beni importati, e in particolare dai prodotti energetici. E nei primi mesi del 2023, appena fuori dalla fase più acuta della crisi energetica, una quota rilevante di imprese italiane nella manifattura e nei servizi di mercato ha intrapreso o pianificato l’adozione di strategie di sviluppo sostenibile. Comportamenti virtuosi estesi anche al campo dell’innovazione eco-sostenibile. Tuttavia, sul sistema produttivo italiano pesano, oltre agli scenari economici globali incerti e instabili, la sua elevata frammentazione e la sua scarsa propensione a investire, soprattutto da parte delle imprese piccole e micro. È quanto emerge dal Rapporto annuale dell’Istat per l’Italia nel 2023.

Maggiore competitività sui mercati internazionali

Nel corso del 2022, comunque, commenta l’Istat, “si è registrato un ampio recupero delle esportazioni, fortemente penalizzate durante la fase più acuta della pandemia. La partecipazione alle catene globali del valore si accompagna a una maggiore competitività sui mercati internazionali, ove quest’ultima è strettamente legata anche alla capacità di innovare e di investire in conoscenza. Inoltre, le imprese innovative godono di significativi vantaggi nelle performance economiche e nella propensione all’export, anche a parità di dimensione media di impresa. Gli incentivi pubblici a R&S, con il meccanismo del credito di imposta, sono uno stimolo efficace, ma selettivo, alla crescita della produttività totale dei fattori, in particolare per le imprese esportatrici manifatturiere e multinazionali”.

Imprese innovatrici: +37% di produttività

Nel mondo imprenditoriale, ancora caratterizzato dalla forte prevalenza di Pmi (solo l’1% è costituto da grandi aziende), diventano di fondamentale importanza innovazione, ricerca e sviluppo. La propensione all’innovazione cresce all’aumentare della dimensione aziendale: se nelle piccole imprese una su due è attiva sul fronte dell’innovazione, in quelle di media dimensione il 65,7% svolge attività innovative, e nelle grandi tre su quattro innovano. Il Rapporto evidenzia che le imprese innovatrici godono di un differenziale positivo (+37%) di produttività del lavoro rispetto alle non innovatrici. Differenziale che aumenta per le imprese innovatrici attive nella R&S (+44,7%) ed è massimo nelle grandi imprese attive nella R&S (+46,7%).

Investimenti in R&S

Tra le innovatrici, le imprese che investono in R&S beneficiano di un differenziale positivo di produttività rispetto a quelle che non svolgono attività di R&S (+5,6%). Il differenziale è massimo nel settore dei servizi (+8,2%). Nel triennio 2018-2020, il 50,9% delle imprese industriali e dei servizi con 10 o più addetti ha svolto attività innovative di prodotto e di processo. La quota è in calo di circa 5 punti percentuali rispetto al triennio precedente. Tra le cause della sospensione o riduzione dell’innovazione c’è stata l’emergenza sanitaria, indicata dal 64,8% delle aziende con attività innovative, in particolare per le più piccole, il 66,7, contro il 50,2% delle grandi.

Senior più consapevoli a tavola rispetto a Millennial e GenZ 

Oggi quando si parla di abitudini alimentari sane, benessere e sostenibilità vanno di pari passo, e vengono concepiti come valori da tramandare ai più piccoli. Tanto che per il 94% degli intervistati dal Trend Radar di Samsung, realizzato in collaborazione con Human Highway, è necessario insegnare ai bambini una cultura alimentare più consapevole. In dieci anni cresce infatti dal 61% al 91% la percentuale di italiani consapevoli di un’alimentazione sana e senza sprechi. Segno di una tendenza diventata a tutti gli effetti uno stile di vita. E a sorpresa, i più sensibili al tema sono i Senior (80%), che superano Millennials (61%) e GenZ (52%), generalmente considerati i paladini di questa filosofia.

Mangiare bene non basta: occorre uno stile di vita sano e sportivo

Altrettanto diffusa è la consapevolezza che non basta solo mangiare bene, ma occorre avere uno stile di vita sano e sportivo (94%) e uno stile di vita sano significa anche adottare un’alimentazione sana (93%). Quanto sulla sostenibilità alimentare, il 92% del campione è d’accordo sul fatto che ci sia uno spreco eccessivo di cibo, l’89% che tutti debbano cambiare le abitudini alimentari per salvaguardare la Terra, l’89% che sia fondamentale consumare alimenti stagionali. E la tecnologia in questo ambito è l’alleato principale. Gli italiani infatti si rivolgono a device o elettrodomestici per ricercare contenuti legati al cibo (91%), seguire uno stile di vita sano (90%) e avere un’alimentazione sostenibile (88%).

Un aiuto arriva dalle app, i food blogger e i programmi TV di cucina

Ed è la GenZ a utilizzare maggiormente le app, che vorrebbe personalizzate e in grado di suggerire ricette (41,3%), tracciare le calorie e indicare i benefici nutrizionali degli alimenti (35%).
Se il 48% del campione cerca ricette online, guarda programmi TV di cucina (46%) e legge recensioni dei ristoranti (45%), è sempre la GenZ a cercare maggiormente ricette online (43% Senior), recensioni di un ristorante (52%) o guardare video dei food blogger (37%), mentre i Senior guardano ricette in TV (50%), e i Millennials fotografano e postano le ricette (21%).

Elettrodomestici: frigo e forno al servizio dell’alimentazione healty

Gli italiani sono attenti soprattutto a come conservano il cibo nel frigorifero (38%) e utilizzano elettrodomestici che aiutano a cuocere in modo sano gli alimenti (30%). Le funzionalità del frigorifero sono più importanti per i Senior (54%), così come l’utilizzo di elettrodomestici per cucinare sano (35%), ma per tutti è il frigorifero l’elettrodomestico chiave (94%) per mantenere uno stile di vita alimentare sano e sostenibile. Il forno (91%) invece soddisfa le esigenze di una cottura healthy ottimale: il 77% predilige cucinare al forno perché più sano e il 63% al vapore per mantenere le proprietà nutrizionali.

Tecnologia e vita quotidiana: è una relazione stabile e serena?

La tecnologia è ormai parte integrante della vita quotidiana, e mediamente l’impatto con l’innovazione tecnologica è ritenuto positivo. Aumenta inoltre la consapevolezza sull’utilizzo dei propri dati una volta diffusi nel Web, e diminuisce la preoccupazione per la privacy dei dati. Sono alcune evidenze tratte dall’indagine annuale WIN World Survey, realizzata a livello internazionale in 39 Paesi da WIN (Worldwide Independent Network of Market Research) e per l’Italia BVA Doxa, sul tema dell’utilizzo quotidiano della tecnologia. Su scala globale, gli intervistati che si dichiarano spaventati per la condivisione delle proprie informazioni personali sono infatti diminuiti rispetto alla rilevazione precedente.

I social media stravolgono la vita?

I dati della ricerca analizzano le opinioni di circa 29mila persone anche riguardo l’uso dei social media, dimostrando, in particolare, come nell’ultimo anno sia diminuita la paura legata alla violazione della privacy dei dati. In Italia, il 35% degli intervistati si dichiara preoccupato di condividere le proprie informazioni digitali, ma il 10% non lo è per nulla. Ma il 22% degli intervistati a livello globale, è completamente d’accordo con l’affermazione secondo cui ‘i social media stanno stravolgendo completamente le nostre vite’. In particolare, Croazia (80%), Slovenia (75%) e Serbia (47,1%) sono i Paesi a sentirsi più impattati dal cambiamento.

Le nuove tecnologie aiutano a essere più organizzati

Altri paesi europei, come Francia (53%) e Germania (51%) confermano questa sensazione, mentre l’Italia (30%) non sembra particolarmente preoccupata di quanto i social network stiano condizionando la nostra quotidianità. Nonostante le persone mostrino sentimenti contrastanti riguardo l’argomento, l’uso della tecnologia nella vita quotidiana è innegabile. Il 45,3% degli intervistati a livello globale (Italia 45%) concorda sul fatto che le nuove tecnologie aiutino a essere più organizzati nella vita di tutti i giorni, soprattutto i giovani tra 18-24 anni (51,5%), e in prevalenza uomini (47,4%) rispetto alle donne (43%).

Italiani informati sull’uso dei dati personali condivisi sul web

Rispetto alla rilevazione precedente, crescono al 35% quanti si ritengono consapevoli dell’uso che viene fatto delle informazioni personali una volta condivise. Gli italiani, con un 44% che spicca nella classifica globale, si dimostrano particolarmente informati sull’uso che fornitori di servizi, inserzionisti, rivenditori, assicuratori o enti pubblici, fanno dei loro dati una volta ricevuti. Si registra anche un calo, su scala globale, di coloro che sono preoccupati di condividere le proprie informazioni.
Se un anno fa si trattava del 48% degli intervistati, nell’ultima indagine il dato scende al 45%.
Segue la tendenza anche l’Italia, dove la preoccupazione relativa alla condivisione dei dati passa dal 45% del 2019 al 35% dell’ultima rilevazione.

Podcast, i numeri di un successo: un terzo degli italiani li ascolta

I podcast sono diventati compagni fedeli delle giornate degli italiani. Tanto che, solo negli ultimi 12 mesi, la platea di chi li ha ascoltati ha raggiunto la quota di  16,4 milioni di persone. Si tratta di un numero in costante crescita, anno dopo anno. Rispetto al 2022, l’aumento è di un milione di ascoltatori (+7%), ma se si considera l’ultimo quinquennio l’incremento raggiunge addirittura il 59%. Nel 2018, infatti, gli appassionati di podcast erano “solo” 10,3 milioni. Questi dati emergono dall’ultima ricerca di NielsenIQ (NIQ) per Audible, società Amazon tra i principali protagonisti nella produzione e distribuzione di contenuti audio. “Siamo stati i pionieri dell’audio entertainment in Italia e la crescita impressionante di questa industry in questi sette anni ci riempie di soddisfazione: quasi un italiano su tre ha ascoltato un podcast o un audiolibro nell’ultimo anno. Stiamo parlando di quasi 17 milioni di persone con un incremento del 4% rispetto al 2022”. A commentare i dati con soddisfazione è Juan Baixeras, country manager Spain and Italy di Audible.

Si alza la frequenza di ascolto e si allarga la platea dei fruitori 

Un ulteriore dato che conferma l’interesse crescente degli italiani per i podcast è l’aumento della frequenza di ascolto: oltre la metà degli intervistati (53%, +10 punti percentuali rispetto all’anno precedente) li ascolta almeno una volta al mese, mentre coloro che li ascoltano almeno una volta alla settimana sono aumentati notevolmente (36% degli intervistati, +12 punti percentuali rispetto al 2022). Ma chi sono i fan dei podcast? Sono principalmente persone giovani o giovanissime (le fasce di età più rappresentate sono 18-24 e 25-34 anni) ed estremamente connesse. Però la tendenza è in cambiamento: i podcast stanno conquistando anche le fasce d’età più mature, con un aumento significativo delle persone oltre i 55 anni che li ascoltano (+8% rispetto al 2022). Inoltre, i podcast si confermano come un fenomeno che unisce le generazioni: il 40% dei genitori intervistati ha figli che ascoltano questo formato audio.

I luoghi dell’ascolto: a casa, ma anche “in movimento”

Sia che vengano ascoltati a casa (luogo preferito dal 75% degli intervistati) sia in movimento, il principale vantaggio riconosciuto ai podcast è la possibilità di ascoltarli in modalità multitasking, mentre si svolgono altre attività (per il 59% degli intervistati). I podcast vengono apprezzati principalmente per intrattenere, ma anche per imparare e come valido supporto allo studio. Inoltre, il 39% degli intervistati li trova utili per selezionare argomenti e approfondire notizie senza dover “subire” il ciclo tradizionale dei media, mentre cresce l’interesse (+5 punti percentuali dal 2022) per i podcast sulle tematiche sociali.