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Cybersecurity, gli hacker concentrano l’attenzione sulle Pmi

Stando ai trend osservati durante i primi sei mesi dell’anno sono le Pmi a essere particolarmente a rischio di attacchi informatici. È quanto emerge dall’aggiornamento del report di Acronis sulle minacce digitali 2021. Secondo il report, durante la prima metà del 2021 quattro organizzazioni su cinque hanno subito una minaccia alla cybersecurity che ha sfruttato una vulnerabilità nel proprio ecosistema di fornitori terzi. Questo in un momento in cui il costo medio di una violazione dei dati è salito a circa 3,56 milioni di dollari, mentre il pagamento medio di un riscatto del ransomware ha subito un’impennata del 33%, superando i 100.000 dollari.

Ottenere l’accesso all’attività degli MSP e dei clienti aziendali

Queste cifre rappresenterebbero un brutto colpo finanziario per qualsiasi organizzazione, ma segnerebbero la fine della maggior parte delle Pmi. Sferrando attacchi alla supply chain dei Service Provider gestiti (MSP), gli hacker ottengono infatti sia l’accesso all’attività degli MSP sia a quella di tutti i clienti aziendali. Insomma, un attacco messo a segno può comportare la violazione di centinaia o migliaia di Pmi negli anelli inferiori della supply chain. Un esempio è la violazione subita da SolarWinds lo scorso anno, così come l’attacco ai danni di Kaseya VSA avvenuto all’inizio del 2021

Dilagano gli attacchi di phishing

Oltre agli attacchi di alto profilo che hanno dominato i titoli dei giornali durante gli ultimi sei mesi, e ai rischi che Acronis sta segnalando riguardo all’impatto sugli MSP e le piccole imprese, l’edizione di metà anno del Report Acronis sulle minacce digitali 2021 ha rilevato anche il dilagare degli attacchi di phishing. In seguito all’uso di tecniche di social engineering per spingere con l’inganno gli utenti a cliccare su allegati o link dannosi, le e-mail di phishing sono aumentate del 62% tra il primo e il secondo trimestre dell’anno.
Un picco particolarmente preoccupante, poiché il 94% del malware viene introdotto tramite e-mail. Nello stesso periodo, Acronis ha bloccato per i suoi clienti oltre 393.000 url dannosi e di phishing, impedendo agli hacker di accedere a dati preziosi e introdurre malware nei sistemi dei clienti.

Aumentano i casi di esfiltrazione dei dati

Nel 2020, più di 1.300 vittime di ransomware hanno visto i loro dati divulgati pubblicamente, poiché gli hacker cercano di ottimizzare il tornaconto economico ottenuto da attacchi messi a segno. Durante la prima metà del 2021 poi sono state già rilevate oltre 1.100 fughe di dati, il che potrebbe significare un incremento del 70% entro la fine dell’anno.
Inoltre, se sulla scia della pandemia di Covid-19 prosegue la necessità di ricorrere ai lavoratori remoti, due terzi dei lavoratori ora utilizzano i dispositivi aziendali per attività personali e i dispositivi personali per attività lavorative. Di conseguenza, gli hacker stanno studiando attivamente chi lavora da remoto. Acronis ha osservato un incremento di oltre il doppio degli attacchi informatici a livello globale, con un aumento del 300% degli attacchi brute-force ai danni dei sistemi remoti sferrati tramite RDP.

Dormire bene, il segreto per essere cyber-educati

L’irritabilità derivante da un sonno poco ristoratore potrebbe riversarsi nelle e-mail di lavoro mentre una bella dormita potrebbe metterci al riparo dall’essere cyber-maleducati. A dirlo sono gli scienziati della West Texas A&M University, che hanno condotto uno studio proprio sulla connessione tra sonno e civiltà informatica pubblicato sulla rivista Sleep Health. La ricerca ha esaminato 131 dipendenti per un arco temporale di due settimane. Durante questo periodo, gli esperti hanno chiesto ai lavoratori di tenere una sorta di diario, rispondendo a due questionari giornalieri. Alle 7 di ogni mattina, i partecipanti all’esperimento segnavano come avevano dormito la notte precedente, mentre alle 16 dovevano indicare se avevano avvertito segnali di stanchezza e se soprattutto avevano manifestato episodi di inciviltà informatica. Con questo termine, si fa riferimento a atti di “maleducazione o scortesia consentiti dalla tecnologia”, come ad esempio ignorare una richiesta di programmare un incontro o fare “osservazioni umilianti o dispregiative tramite e-mail”.

Meno sonno, più aggressività

I risultati suggeriscono che i dipendenti che dormivano meno o peggio mostravano una maggiore frequenza di episodi di cyber maleducazione. Lo studio ha totalizzato complessivamente 945 questionari mattutini e 843 sondaggi pomeridiani. I ricercatori hanno così riscontrato che una notte di sonno più breve comportava maggiore affaticamento, minore capacità di autoregolamentazione e soprattutto un più alto numero di episodi di inciviltà informatica sul lavoro. L’autore principale dello studio, Trevor Watkins, ha spiegato: “I nostri risultati si basano su ricerche precedenti che suggeriscono che l’autocontrollo viene ripristinato mentre le persone dormono. Dopo una notte di sonno di scarsa qualità, invece, gli individui perdono l’autocontrollo e hanno maggiori probabilità di incappare in episodi di cyber-maleducazione al lavoro il giorno successivo”. 

Le dritte per una vera buona notte

Per il proprio benessere e per essere più produttivi nella vita, non solo professionale, può essere utile seguire qualche facile consiglio per dormire di più e meglio. Ad esempio andare a letto e svegliarsi alla stessa ora ogni giorno, anche nei fine settimana, ma anche rilassarsi con una sessione di yoga o altre attività piacevoli può essere d’aiuto. Inoltre, gli esperti consigliano a chi ha problemi di insonnia di evitare gli schermi, come quello del telefono o di altri device elettronici, da almeno un’ora prima di andare a letto. A tavola, meglio evitare cibi pesanti o eccedere con il consumo di caffè o alcolici. Infine, la camera da letto dovrebbe essere “sleep friendly”, con un materasso comodo, una temperatura gradevole e tende oscuranti se necessario. 

Mai più senza tecnologia: come sono cambiati comportamenti e pagamenti

Come potremmo vivere oggi senza la tecnologia? Malissimo, o forse addirittura non potremmo più farcela. D’altronde sono proprio le opportunità offerte dalla tecnologia che ci hanno tenuto a “galla” nell’ultimo anno e mezzo, consentendo a tutti – lavoratori, imprenditori, commercianti, studenti e molte altre categorie – di proseguire con le proprie attività. Che la tecnologia sia stata fondamentale negli ultimi 12 mesi è confermato anche da una recente ricerca promossa da illimity attraverso la community “Vai oltre la forma” e i canali social, con l’obiettivo di indagare l’evoluzione dei cambiamenti delle nostre abitudini lavorative, finanziarie e di vita in seguito alla pandemia da Covid-19. I risultati parlano chiaro: per 99 persone su 100 la tecnologia è stata di grande supporto. Al primo posto delle opportunità offerte ci sono i pagamenti (82%), seguiti da acquisti personali (75%) e ricerca di informazioni (72%). 

Abitudini di spesa, quali i cambiamenti con la pandemia?

Impossibile non pensare che le abitudini di spesa degli italiani non siamo profondamente cambiate con la pandemia. Infatti ben 8 persone su 10 dichiarano di aver modificato i propri comportamenti d’acquisto a seguito dell’emergenza sanitaria, incrementando gli acquisti online. E non a caso, per più di 1 italiano su 4, tra le categorie merceologiche che hanno registrato un incremento della spesa rispetto al passato, spicca proprio quella per l’accesso alla rete internet, per gli abbonamenti tv e l’elettronica. 

Differenti comportamenti a seconda dell’età

Non tutte le fasce della popolazione, però, si comportano allo stesso modo davanti a situazioni così particolari come quella che abbiamo vissuto. Tra i più giovani (18-24 anni) è cresciuta in particolare la necessità di definire a priori il budget da destinare ad ogni tipologia di acquisto per gestire meglio le proprie finanze e non dover quindi fare troppe rinunce (35%), mentre Millennials (25-39) e Generazione X (40-59) dichiarano di uscire più raramente per pranzi, cene o aperitivi (32%). Sono i Baby Boomer però (over 60) che dichiarano di aver messo in atto i comportamenti più virtuosi, come evitare gli sprechi e acquistare prodotti più sostenibili e a basso impatto ambientale (29%). 

L’exploit dei pagamenti senza contanti

Ovviamente, sono mutate anche le abitudini in fatto di pagamenti. A seguito della pandemia, riporta Italpress, 1 persona su 2 ha iniziato ad usare di più la carta di credito nei negozi fisici al posto del contante. La spinta a questo cambiamento è dettata da motivi di sicurezza – per ridurre i contatti fisici con il contante (32%) – e da ragioni di comodità e praticità (30%). E guardando al futuro, 1 italiano su 5 pensa che utilizzerà sempre meno il contante a favore dei pagamenti digitali nei punti vendita fisici. Chi invece usa ancora spesso o sempre il contante, preferisce questo metodo di pagamento sostanzialmente per abitudine (43%) o perché ritiene così di poter avere un maggior controllo sulle proprie spese (38%), mentre solo il 26% pensa sia un metodo più rapido e semplice (26%).

Foto e video che scompaiono dopo l’apertura, arriva View Once su WahatsApp

E’ appena arrivata su WhatsApp una nuova funzionalità che mira ad aumentare la privacy degli utenti. SI tratta di View Once, la modalità che consente di eliminare foto e video una volta aperti e visionati. La novità è stata inclusa nell’aggiornamento dell’app per iOS e Android. Lo ha annunciato con un tweet la società di messaggistica che fa capo a Mark Zuckerberg.

Solo una volta

Come rivela il nome, View Once consente di inviare immagini e video, che però scompaiono quando il destinatario li apre per la prima volta. I media condivisi con la modalità “visualizza una volta” verranno visualizzati come aperti dopo che il ricevente li ha guardati. La società di messaggistica ha risposto alle prime polemiche, ribadendo che la nuova opzione non è certo destinata per inviare scatti o video illeciti, piuttosto per aumentare il livello di controllo e di privacy. L’utilizzo per cui è stata pensata, infatti, dovrebbe essere limitato all’invio della propria password wi-fi, di foto in ci ci si prova degli abiti e si vogliono consigli per scegliere, del codice del proprio antifurto e via dicendo. I contenuti multimediali di View Once, riporta Ansa, sono protetti dalla crittografia end-to-end, quindi non rintracciabili né da utenti terzi, hacker o dalla stessa WhatsApp. Inoltre, questi elementi non vengono conservati nelle foto o nelle gallerie del dispositivo e non vi è la possibilità di effettuare uno screenshot (però i malintenzionati potranno sempre filmare o scattare con un altro dispositivo quando si apre il file la prima volta), così da evitare del tutto un eventuale salvataggio durante la visualizzazione e prima che il file stesso si auto-elimini. Non sarà nemmeno consentito inoltrarli ai contatti o contrassegnarli come ‘speciali’. Se il messaggio non viene aperto entro due settimane, si auto elimina.

Contraddistinti da un 1

Questa nuova tipologia di messaggi sarà immediatamente riconoscibile: le immagini e i filmati ‘View Once’, da vedere una volta, sono contraddistinti dall’icona con il numero 1 al loro fianco. Sempre a giugno da Zuckerberg era giunta la conferma dell’arrivo, entro l’estate, del supporto multi-dispositivo, con cui si potrà impostare lo stesso numero di WhatsApp su più smartphone e tablet, in modalità indipendente, senza necessità di tenere acceso il device di prima impostazione del profilo. Insomma, WhatsApp continua ad evolversi sulla base delle nuove necessità degli utenti (e anche sulle mosse compiute dai competitor).

Servizi digitali, ecco i preferiti dagli italiani

Anche se la situazione sanitaria è sotto controllo, almeno per la diffusione dei vaccini, gli italiani sembrano non voler abbandonare le abitudini acquisite in tempi di lockdown. Prima fra tutte, l’affezione ai servizi digitali, che hanno fatto veramente la differenza nelle settimane più difficili di restrizioni. Dal commercio elettronico al gaming, i nostri connazionali si confermano affezionati del web, tanto che anche nella prima metà del 2021 i valori relativi all’utilizzo del digital sono in forte crescita, ribadendo il trend del 2020. 

Dal gioco ai podcast, dallo streaming e all’e-commerce, chi sale (e non scende)

Il gambling online è stato uno dei settori che più è cresciuto negli ultimi mesi, sottolinea Aimeg evidenziando un +46,4% nel 2020 e performance positive anche nei primi mesi del 2021 (occhio, però: come precisano i siti web specializzati, come Casino2k.com, è fondamentale rivolgersi solo ed esclusivamente a concessionari autorizzati). Utenti in aumento anche per lo streaming video, cresciuto in modo considerevole, con tutti i principali operatori del settore che mostrano un numero di abbonati in aumento, da Netflix e Amazon Prime Video in grado di superare i 200 milioni di utenti registrati, fino a Disney+ che in appena 16 mesi ha superato i 100 milioni di abbonati. In questo contesto non poteva che beneficiare pure lo streaming audio, con un aumento del 7,4% per l’industria musicale nel 2020 secondo i dati dell’IFPI (International Federation of the Phonographic Industry), con performance importanti da parte di piattaforme come Apple Music, Spotify e Amazon Music. Dati più che positivi anche il settore del podcast: nel 2020 c’è stato un incremento di 2 milioni di ascoltatori di podcast nel nostro Paese, arrivando a un totale di 13,9 milioni di persone, evidenzia un’analisi di Nielsen. Non sorprende, infine, l’exploit dell’e-commerce che secondo i dati dell’Osservatorio eCommerce B2C del politecnico di Milano ha messo a segno un aumento del 26% nel 2020. E il trend è ancora in salita per il 2021.

Le prospettive per il settore digitale

La digitalizzazione si sta estendendo anche a settori fino ad ora rimasti al riparo dall’avanzata dei servizi online, mostrando una serie di prospettive importanti per il rafforzamento delle soluzioni online. Non a caso, secondo un’analisi di LinkedIn tra il 2020 e il 2021 c’è stato un incremento per le professioni digitali, con una richiesta in forte aumento da parte delle aziende per accelerare la trasformazione digitale e creare un business più moderno e resiliente. Tra i settori che più degli altri vedranno aumenti in ambito digitale, spiccano lo sport e – ovviamente, considerata la situazione attuale – il mondo dei servizi sanitari online con la telemedicina in primis.

Il Green Pass per gli italiani è più importante della privacy

L’80% dei cittadini italiani rinuncerebbe alla privacy pur di acquisire maggiore libertà di accesso alle attività quotidiane. In pratica, cederebbe le proprie informazioni personali e sensibili in accordo al Green Pass. Stessa opinione per la maggior parte degli europei, anch’essi disposti a fornire i propri dati personali per non subire più le restrizioni imposte dal lockdown. Una nuova ricerca di Kaspersky analizza quanto la privacy dei dati sia importante per gli italiani dopo la pandemia, e quali siano le preoccupazioni principali a essa associati. La ricerca di Kaspersky si basa sulle interviste condotte su un campione di 8 mila persone di nove Paesi europei.

Disposti a rinunciare ai dati personali in cambio di maggiore libertà

Il Green Pass è il certificato Covid digitale dell’Unione Europea, ed è una prova digitale attestante che una persona è stata vaccinata contro la patologia da Covid-19, ha ottenuto un risultato negativo al test, oppure è guarita dalla patologia.
“Nonostante molti europei siano disposti a rinunciare ai loro dati personali in cambio di maggiore libertà, è importante che i governi nazionali siano più trasparenti sulle politiche di raccolta e archiviazione dei dati, per costruire un rapporto di fiducia con i cittadini e superare in sicurezza la pandemia”, ha dichiarato Morten Lehn, General Manager Italy di Kaspersky.

Viaggiare all’estero, andare al ristorante e partecipare agli eventi 

Ma quali sono più in particolare i motivi per cui i cittadini italiani rinuncerebbero alla privacy in favore del Green Pass? Innanzitutto la possibilità di tornare a viaggiare all’estero. Questo il primo motivo che spingerebbe il 36% degli italiani a condividere i propri dati sanitari, seguito dalla possibilità di tornare a frequentare bar o ristoranti (23%) e di poter tornare a partecipare a grandi eventi (24%). Ricominciare a frequentare i centri commerciali dopo la pandemia non sembra invece interessare molto i connazionali: solo il 22% degli intervistati l’ha inserita tra le motivazioni per fornire informazioni personali.

Sì a cedere la privacy, ma resta il dubbio sulla gestione dei dati personali

Nonostante la disponibilità a cedere la propria privacy in cambio di tornare a viaggiare e potere ottenere una maggiore libertà, l’Italia è tra le nazioni maggiormente preoccupate di come vengono gestiti i dati individuali. Secondo la ricerca di Kaspersky, se il 98% dichiara che la privacy è un argomento importante, solo il 63% degli italiani ritiene di avere effettivamente il controllo sulle organizzazioni che vi hanno accesso. Parallelamente, l’85% degli intervistati è preoccupato che i propri dati possano cadere nelle mani sbagliate nei prossimi due anni.  

Crescono gli investimenti digitali degli studi professionali  

Avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro nel 2020 hanno investito 1,694 miliardi di euro in strumenti digitali, +l 7,9% rispetto all’anno precedente, e per il 2021 le stime indicano un’ulteriore crescita (+5,6%), fino a sfiorare quota 1,8 miliardi. A trainare la spesa negli studi di piccole, medie e grandi dimensioni sono stati soprattutto gli investimenti in tecnologie per la gestione elettronica documentale (+34%), strumenti di workflow (+57%), CRM (+120%), business intelligence (+86%) e machine learning (+125%), mentre le micro strutture, oltre che sulla gestione elettronica documentale (+37%), hanno puntato su tecnologie più centrate sulle esigenze immediate, come canali social (+26%) e VPN (+44%). Sono i risultati della ricerca dell’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale della School of Management del Politecnico di Milano.

Emergenza sanitaria e professionisti

L’emergenza sanitaria ha portato nuova consapevolezza sui cambiamenti necessari per mantenere competitivo lo studio, come una maggiore comprensione dei propri punti di forza e debolezza, soprattutto fra gli avvocati (nel 25% dei casi), e una più attenta valutazione delle attitudini dei collaboratori, oltre che dei soli aspetti organizzativi del lavoro in remoto, soprattutto fra i consulenti del lavoro (34%) e negli studi multidisciplinari (43%). Uno studio su quattro, poi, è pronto a ripensare i propri modelli organizzativi, e per il 70% la crisi ha cambiato le modalità di gestione della clientela, per la quale servono più adeguate tecnologie collaborative e un investimento nella formazione. 

Gli investimenti digitali

Nel 2020 il 31% degli studi professionali ha investito oltre 10mila euro in tecnologie digitali (+6% rispetto al 2019), il 36% fra 3mila e 10mila euro, il 17% fra mille e 3mila e il 12% meno di mille euro. Il 4%, composto quasi totalmente da micro e piccole strutture, non ha dedicato risorse all’innovazione digitale, esponendosi a ulteriori rischi di marginalizzazione in un periodo in cui la tecnologia è risultata ancor più abilitante per lo svolgimento delle attività lavorative. Gli studi multidisciplinari sono la categoria che ha investito di più (in media 25.300 euro), seguita da commercialisti (12.100 euro), consulenti del lavoro (10.100 euro) e avvocati (8.700 euro). Questi ultimi hanno anche aumentato maggiormente la spesa digitale (+29,9%).

Quali tecnologie adottare?

Le tecnologie più presenti in tutte le categorie professionali sono la fatturazione elettronica e le applicazioni per le videochiamate. Quasi un commercialista su due punta sull’e-learning (49%), mentre è ancora limitato l’investimento nei canali digitali, con solo il 39% che ha un sito proprietario e il 25% che è presente sui social media. Limitata ma in miglioramento la presenza digitale dei consulenti del lavoro (il 45% ha un sito e il 27% uno o più account social), che risulta invece più sviluppata fra gli avvocati (il 54% ha un sito e nel 36% è presente sui social) La VPN invece è la terza tecnologia più adottata dagli studi multidisciplinari (61%), che hanno anche la presenza digitale più strutturata: il 59% ha un sito web, il 40% almeno un account social.

Il mercato dei Media in Italia, cresce la fruizione “smart”

La ricerca The Media Challenge: tra fruizione lineare e on-demand, condotta da BVA Doxa, conferma che da novembre 2020 alla primavera 2021 il tempo dedicato dagli italiani all’entertainment rimane alto. Il 50% lo dedica alla televisione e il 35% dedica più tempo ai video, a fronte di un leggero calo della stampa. Se da un lato rimane alta la fruizione di contenuti dalla TV tradizionale, in crescita è anche il possesso di dispositivi “smart” a cui accedere per ampliare la gamma di possibilità offerte. Quanto ai contenuti televisivi (programmi, film, serie TV), il tempo dedicato alla TV è molto più alto tra i Baby Boomers, in media, 20 ore settimanali contro le 15 della Generazione X e le 10 dei Millennials.

Lo smart speaker cresce più velocemente della smart TV

Si riconferma poi la crescita della smart TV, che nel 25% dei casi affianca la TV tradizionale: 1 su 4 possiede sia una TV tradizionale sia una TV “smart”, e il 61% rende la TV tradizionale “connessa” tramite dispositivi esterni. Lo smart speaker cresce ancora più velocemente rispetto alla smart tv (+6%), e viene utilizzato soprattutto per ascoltare musica (63%), informarsi sul tempo (61%), chiedere qualcosa (62%), ascoltare la radio (59%), l’utilizzo di timer o sveglia (55%). Interessante anche la crescita del podcast, che conferma anche la crescita dell’audio, un ambito rilevante per aziende e brand che guardano a diversi mondi per intrattenere gli utenti.

Gli abbonamenti (condivisi) alle piattaforme SVOD

Che venga pagato da un consumatore solo, o che la spesa venga condivisa, o che venga sottoscritto un abbonamento da utilizzare in famiglia, 1 su 3 condivide l’abbonamento SVOD.  Inoltre, il 55% dichiara che sicuramente rimarrà abbonato, con un percentuale ancora più alta tra i Baby Boomers (+7%), che desiderano poter accedere a un’offerta sempre più ampia di contenuti. Inoltre, il 43% dichiara di avere due abbonamenti, il 20% tre, e il 10% quattro o più. Tra chi è abbonato a un servizio di Pay TV, invece, diminuisce la quota di coloro che dichiara di avere un solo abbonamento rispetto, un indice della necessità di allargare la propria offerta di Pay TV sottoscrivendo altri abbonamenti.

Utilizzo di YouTube e tipologie di video

Quanto al tempo dedicato ai contenuti non televisivi (Social, YouTube, Influencer), è trasversale e omogeneo: i Millennials vi dedicano in media 7 ore a settimana e i Baby Boomers 6. Tra i più contenuti guardati su YouTube emergono i video musicali, i video tutorial, e i video comici con interessanti differenze generazionali: sono soprattutto i Millennials interessati ai video tutorial più formativi, mentre i Baby Boomers utilizzano YouTube più per video musicali, sportivi, highlights di eventi e spezzoni di film. I Baby Boomers sono anche coloro che non hanno una preferenza precisa sulla tipologia di video da guardare (61% “indifferente”), mentre i Millennials prediligono soprattutto i video di YouTubers e Influencers (44%) e la Generazione X gli user-generated contents (23%).

Lavoro da remoto, tra buon umore e criticità IT

Lavoro da remoto sì o no? Per la gran parte dei lavoratori inglesi, e quindi è plausibile che l’atteggiamento sia del tutto simile anche in Italia, la risposta è sì. Un recente sondaggio condotto dalla piattaforma IT Ivanti Inc. tra i dipendenti del Regno Unito ha infatti messo in luce che il 66% degli intervistati preferirebbe lavorare da remoto anziché ricevere una promozione e quasi la metà (49%) accetterebbe una riduzione dello stipendio in cambio della possibilità di lavorare da casa. Solo il 16% degli intervistati ha sostenuto di voler tornare in ufficio a tempo pieno in futuro. Dello smart working vengono apprezzati maggiormente il calo dello stress (42%), il risparmio di tempo (48%) e l’equilibrio lavoro-vita privata (45%). Ancora, il 55% dei rispondenti ha riscontrato un netto miglioramento del proprio umore.

Tecnologia, croce e delizia

Lavorare a distanza presuppone inevitabilmente il dipendere dalla tecnologia. E proprio in questo campo sono emerse alcune difficoltà, tanto che  il 23,38% degli intervistati ha contattato l’help desk almeno una volta alla settimana e il 25,27% ha richiesto supporto IT da una a tre volte al mese mentre lavorava da remoto. Le le principali criticità sono legate alla difficoltà di accedere alle risorse aziendali (20,78%), a problemi di Wi-Fi (21,98%) e reset delle password (28,77%).
“Poco più di un anno fa, la pandemia ha rimodellato il modo di lavorare di milioni di persone in tutto il mondo, senza tenere conto della preparazione o meno dei datori di lavoro”, ha dichiarato Chris Goettls, Senior Director of Product Management di Ivanti. “È chiaro che molti dipendenti hanno trovato un proprio equilibrio in ambienti di lavoro remoti. L’ingresso in questa nuova ‘era’ del lavoro, dove avremo dipendenti che operano da remoto o in modalità ibrida, richiede alle imprese l’implementazione di una strategia di sicurezza Zero-Trust per proteggere i propri asset digitali e garantire ai dipendenti l’accesso ai dati di cui hanno bisogno, ovunque essi stiano lavorando”.

Più costi per l’elettricità e più… pigiama

Tra i risultati un po” più originali della ricerca si scopre che  il 61% degli intervistati del Regno Unito che ha lavorato da remoto ha riscontrato un aumento della bolletta dell’energia elettrica. I costi dei pasti (38%) sono stati citati come il secondo maggior costo sostenuto, seguito dai costi legati all’home office (31%). Il 42% dei rispondenti ha ammesso di aver indossato i pantaloni del pigiama durante una videoconferenza, mentre il 34% ha guardato la TV o un film attivando la modalità “mute” nel corso di una call. Il 28% ha affermato di aver fatto una doccia durante una call.

Le app più utilizzate dai giovani? YouTube, WhatsApp e TikTok

Quali sono le app preferite dai più giovani tra il 2020 e il 2021? La risposta non sorprende: YouTube, WhatsApp e TikTok, quest’ultima, ha addirittura raggiunto il doppio della popolarità di Instagram. Lo conferma Kaspersky nel suo studio Safe Kids, che ha considerato le ricerche più frequenti condotte online da bambini e ragazzi. La top 10 comprende anche quattro videogiochi per pc, Brawl Stars, Roblox, Among US e Minecraft. E tra le categorie più ricercate, “software, audio e video” (44%), “mezzi di comunicazione online” (22%) e “giochi per computer” (14%).

YouTube è il servizio di video streaming più utilizzato in tutto il mondo

Tra le applicazioni più popolari, YouTube è in testa con un ampio margine e continua a essere il servizio di video streaming più utilizzato tra i ragazzi di tutto il mondo. Al secondo posto si piazza l’app di messaggistica istantanea WhatsApp, seguita dal noto social TikTok. Quanto a YouTube, il 17% delle ricerche totali fatte da ragazzi e bambini riguarda i video musicali. Anche la categoria “tendenze” riscuote un discreto successo, con i video su “pop it and simple dimple” e “ASMR” che rappresentano il 4% delle query. Per quanto riguarda i gusti musicali, oltre alle band di K-POP tra cui BTS e BLACKPINK e i cantanti Ariana Grande, Billie Eilish e Travis Scott, è stato individuato un nuovo trend musicale, il ‘phonk’.

I video più ricercati? Cartoni animati e show televisivi

I bambini in questo ultimo anno hanno sfruttato il web anche per imparare. Nello specifico, è stata rilevata una crescita di interesse verso i video “creativi” come i beat e le lezioni di musica. TikTok rimane il principale trendsetter musicale per i bambini.
Per quanto riguarda i video più ricercati, con il 50% si confermano in cima alla classifica i cartoni animati (Lady Bug and Super Cat, Gravity Falls e Peppa Pig), mentre al secondo posto gli show televisivi, con The Voice Kids al primo posto delle ricerche più frequenti in lingua inglese. Per film e serie TV, i trailer più popolari sono stati Godzilla vs Kong, Justice League di Zach Snyder e la miniserie Disney+ WandaVision. Anche Netflix continua ad attirare l’attenzione di molti bambini, soprattutto per Cobra Kai e Stranger Things.

Cresce l’interesse per contenuti educativi e creativi

TikTok rimane il leader indiscusso tra bambini e ragazzi, riferisce Askanews, ma cambiano le attività per cui viene utilizzato. Infatti, oltre a cercare videoclip e lip sync di canzoni, cresce l’interesse verso contenuti educativi e creativi. Si tratta, infatti, di un social network in grado di sviluppare competenze, basti pensare al fatto che per creare video su TikTok è necessario imparare il lavoro degli operatori, cimentarsi nelle vesti di un attore e occuparsi anche della regia. Tutte attività che portano i ragazzi a sviluppare capacità che possono essergli utili in futuro e che addirittura potrebbero diventare una professione.