Curiosità, economia, tecnologia.

Lavoro da remoto, tra buon umore e criticità IT

Lavoro da remoto sì o no? Per la gran parte dei lavoratori inglesi, e quindi è plausibile che l’atteggiamento sia del tutto simile anche in Italia, la risposta è sì. Un recente sondaggio condotto dalla piattaforma IT Ivanti Inc. tra i dipendenti del Regno Unito ha infatti messo in luce che il 66% degli intervistati preferirebbe lavorare da remoto anziché ricevere una promozione e quasi la metà (49%) accetterebbe una riduzione dello stipendio in cambio della possibilità di lavorare da casa. Solo il 16% degli intervistati ha sostenuto di voler tornare in ufficio a tempo pieno in futuro. Dello smart working vengono apprezzati maggiormente il calo dello stress (42%), il risparmio di tempo (48%) e l’equilibrio lavoro-vita privata (45%). Ancora, il 55% dei rispondenti ha riscontrato un netto miglioramento del proprio umore.

Tecnologia, croce e delizia

Lavorare a distanza presuppone inevitabilmente il dipendere dalla tecnologia. E proprio in questo campo sono emerse alcune difficoltà, tanto che  il 23,38% degli intervistati ha contattato l’help desk almeno una volta alla settimana e il 25,27% ha richiesto supporto IT da una a tre volte al mese mentre lavorava da remoto. Le le principali criticità sono legate alla difficoltà di accedere alle risorse aziendali (20,78%), a problemi di Wi-Fi (21,98%) e reset delle password (28,77%).
“Poco più di un anno fa, la pandemia ha rimodellato il modo di lavorare di milioni di persone in tutto il mondo, senza tenere conto della preparazione o meno dei datori di lavoro”, ha dichiarato Chris Goettls, Senior Director of Product Management di Ivanti. “È chiaro che molti dipendenti hanno trovato un proprio equilibrio in ambienti di lavoro remoti. L’ingresso in questa nuova ‘era’ del lavoro, dove avremo dipendenti che operano da remoto o in modalità ibrida, richiede alle imprese l’implementazione di una strategia di sicurezza Zero-Trust per proteggere i propri asset digitali e garantire ai dipendenti l’accesso ai dati di cui hanno bisogno, ovunque essi stiano lavorando”.

Più costi per l’elettricità e più… pigiama

Tra i risultati un po” più originali della ricerca si scopre che  il 61% degli intervistati del Regno Unito che ha lavorato da remoto ha riscontrato un aumento della bolletta dell’energia elettrica. I costi dei pasti (38%) sono stati citati come il secondo maggior costo sostenuto, seguito dai costi legati all’home office (31%). Il 42% dei rispondenti ha ammesso di aver indossato i pantaloni del pigiama durante una videoconferenza, mentre il 34% ha guardato la TV o un film attivando la modalità “mute” nel corso di una call. Il 28% ha affermato di aver fatto una doccia durante una call.

Le app più utilizzate dai giovani? YouTube, WhatsApp e TikTok

Quali sono le app preferite dai più giovani tra il 2020 e il 2021? La risposta non sorprende: YouTube, WhatsApp e TikTok, quest’ultima, ha addirittura raggiunto il doppio della popolarità di Instagram. Lo conferma Kaspersky nel suo studio Safe Kids, che ha considerato le ricerche più frequenti condotte online da bambini e ragazzi. La top 10 comprende anche quattro videogiochi per pc, Brawl Stars, Roblox, Among US e Minecraft. E tra le categorie più ricercate, “software, audio e video” (44%), “mezzi di comunicazione online” (22%) e “giochi per computer” (14%).

YouTube è il servizio di video streaming più utilizzato in tutto il mondo

Tra le applicazioni più popolari, YouTube è in testa con un ampio margine e continua a essere il servizio di video streaming più utilizzato tra i ragazzi di tutto il mondo. Al secondo posto si piazza l’app di messaggistica istantanea WhatsApp, seguita dal noto social TikTok. Quanto a YouTube, il 17% delle ricerche totali fatte da ragazzi e bambini riguarda i video musicali. Anche la categoria “tendenze” riscuote un discreto successo, con i video su “pop it and simple dimple” e “ASMR” che rappresentano il 4% delle query. Per quanto riguarda i gusti musicali, oltre alle band di K-POP tra cui BTS e BLACKPINK e i cantanti Ariana Grande, Billie Eilish e Travis Scott, è stato individuato un nuovo trend musicale, il ‘phonk’.

I video più ricercati? Cartoni animati e show televisivi

I bambini in questo ultimo anno hanno sfruttato il web anche per imparare. Nello specifico, è stata rilevata una crescita di interesse verso i video “creativi” come i beat e le lezioni di musica. TikTok rimane il principale trendsetter musicale per i bambini.
Per quanto riguarda i video più ricercati, con il 50% si confermano in cima alla classifica i cartoni animati (Lady Bug and Super Cat, Gravity Falls e Peppa Pig), mentre al secondo posto gli show televisivi, con The Voice Kids al primo posto delle ricerche più frequenti in lingua inglese. Per film e serie TV, i trailer più popolari sono stati Godzilla vs Kong, Justice League di Zach Snyder e la miniserie Disney+ WandaVision. Anche Netflix continua ad attirare l’attenzione di molti bambini, soprattutto per Cobra Kai e Stranger Things.

Cresce l’interesse per contenuti educativi e creativi

TikTok rimane il leader indiscusso tra bambini e ragazzi, riferisce Askanews, ma cambiano le attività per cui viene utilizzato. Infatti, oltre a cercare videoclip e lip sync di canzoni, cresce l’interesse verso contenuti educativi e creativi. Si tratta, infatti, di un social network in grado di sviluppare competenze, basti pensare al fatto che per creare video su TikTok è necessario imparare il lavoro degli operatori, cimentarsi nelle vesti di un attore e occuparsi anche della regia. Tutte attività che portano i ragazzi a sviluppare capacità che possono essergli utili in futuro e che addirittura potrebbero diventare una professione.

A maggio l’Indice dei Prezzi Tecnologici arriva a 103,65 punti

Nel mese di maggio 2021 l’Indice dei Prezzi Tecnologici (IPT) arriva a 103,65 punti, registrando una contrazione di -0,60 punti rispetto ad aprile e interrompendo un trend congiunturale di crescita dei prezzi che durava da 4 mesi consecutivi. Al contrario, a livello tendenziale, l’IPT è in crescita di +0,90 punti rispetto a maggio 2020, confermando una tendenza positiva che dura da 12 mesi consecutivi, cioè da giugno 2020. L’IPT è un indicatore sintetico, elaborato dall’istituto di ricerche di mercato QBerg, che misura la variazione nel tempo dei prezzi di 16 categorie e 54 sottocategorie di prodotti tecnologici, acquistabili dai consumatori italiani all’interno di punti vendita fisici di tre canali (catene di Elettronica, gruppi di acquisto di Elettronica e ipermarket).

Le categorie tecnologiche

Quasi tutte le categorie di prodotti tecnologici analizzate dall’IPT, fatta eccezione per il GED, hanno subito una contrazione dei prezzi proposti al pubblico negli store. A frenare l’indice IPT sono stati soprattutto i prodotti dei settori Comunicazione e Trattamento Aria e Acqua. Il comparto Comunicazione ha evidenziato una contrazione dell’indice IPT a livello congiunturale rispetto ad aprile 2021, e tendenziale rispetto a maggio 2020, trend particolarmente marcato per prodotti della categoria Networking/Smart Home e per i Wearable. Di segno ambivalente, invece, la Telefonia e i Dispositivi Mobili, mentre segnali dalla doppia interpretazione arrivano dal settore Entertainment e Informatica. Infatti nell’Entertainment, l’Home Entertainment e, in parte, gli Accessori AV, evidenziano prezzi in discesa, mentre l’Audio/Video registra aumenti sia a livello congiunturale sia tendenziale.

Un settore vivace a partire dal lockdown di marzo 2020

Il settore informatico rimane particolarmente vivace a partire dal lockdown del marzo 2020 continuando a registrare riduzioni dei prezzi. Tuttavia, le Periferiche IT mostrano segnali di inversione rispetto alle diminuzioni di prezzi registrate per 4 consecutivi mesi, facendo segnare un leggero incremento dell’IPT rispetto ad aprile 2021, e uno più marcato rispetto a maggio 2020. Il GED è l’unico comparto che vede un aumento dell’indice IPT a livello congiunturale, con, rispettivamente Built-in +3,06 punti e Libera installazione +1,40 punti rispetto ad aprile 2021.  Diversi, invece, gli indici tendenziali rispetto a maggio 2020: in leggera crescita il GED Built-in e in contrazione il GED a Libera Installazione. Da rilevare anche la contrazione della categoria PED, sia a livello congiunturale sia tendenziale.

Prezzi in salita per le famiglie GED o PED

Tutti le principali famiglie di prodotto con un aumento dei prezzi rispetto ad aprile 2021 appartengono alle categorie GED o PED. Incrementi consistenti dell’IPT congiunturale sono da segnalare per le famiglie del GED Built-in dei Frigoriferi, Lavatrici, Forni e Lavastoviglie. A frenare l’ulteriore crescita del comparto sono stati i Congelatori, che hanno subito contrazioni importanti. Sempre a livello congiunturale, da rilevare come parecchi prodotti dell’affollata famiglia PED hanno registrato un aumento dei prezzi. A partire dai Pulitori a vapore, gli Apparecchi per la cottura, i Ferri da stiro e le Macchine per la cottura.

Italiani e sostenibilità digitale, cosa ne sanno e cosa ne pensano?

Grazie a Next Generation EU nei prossimi anni l’Italia potrà investire 191 miliardi di euro nel PNRR, un piano basato su due assi, digitalizzazione e sostenibilità ambientale e sociale. Ma se una parte degli italiani pensa di conoscere il tema (80%) vi è ancora una grande confusione, soprattutto per le priorità percepite. Inoltre, se il 46% degli italiani ritiene prioritarie le scelte ambientali, il 38% quelle orientate al benessere dell’individuo, e il 16% quelle economiche, allo stesso tempo il 62% non è in grado di correlare la visione di sostenibilità che ritiene prioritaria con le scelte economiche e sociali che dovrebbero essere coerenti con essa. Si tratta dei risultati della ricerca Italiani e Sostenibilità Digitale: cosa ne sanno, cosa ne pensano, realizzata dal Digital Transformation Institute, la prima Fondazione di Ricerca italiana per la sostenibilità digitale.

I contrasti nella percezione del digitale
Per quanto attiene la tecnologia i contrasti sono molto forti. Per il 92% degli intervistati il digitale è fonte di opportunità, ma il 71% ritiene che se ne debbano comprendere ancora i rischi, e il 65% sostiene che è fonte di diseguaglianza, perdita di posti di lavoro e ingiustizia sociale.
“È significativo – sottolinea Stefano Epifani, Presidente della Fondazione – come la paura nei confronti della tecnologia aumenti proporzionalmente al diminuire della competenza: in altri termini meno si conoscono le tecnologie più le si temono. Questo ci deve insegnare molto sul ruolo centrale delle azioni delle Istituzioni rivolte ad aumentare il livello di consapevolezza e di competenza digitali degli italiani di ogni età”.

Divario tra consapevolezza e pratica quotidiana
Benché la maggior parte degli italiani abbia ben poi chiara l’urgenza di affrontare problemi come il cambiamento climatico (74%) e l’inquinamento (76%) e si dichiara consapevole delle opportunità che oggi offre la tecnologia digitale per affrontarli, nella pratica quotidiana non fa quanto potrebbe per usarla come strumento di sostenibilità. Ad esempio, quanto alle applicazioni per la gestione del ciclo dei rifiuti, il 38% degli italiani non le conosce e il 35% non le usa pur conoscendole, e per quelle dedicate ad abbattere gli sprechi alimentari sono sconosciute dal 48% degli intervistati e non usate dal 38% di quanti dichiarano di conoscerne l’esistenza.

Il ruolo di social network e motori di ricerca

Il 90% degli intervistati è poi d’accordo nell’affermare che aziende come Facebook, Google, Apple o Amazon abbiano oggi troppo potere rispetto alla possibilità di influenzare i comportamenti delle persone. Tuttavia il 50% è dell’idea che esse debbano essere lasciate totalmente libere di agire sul mercato, e se il 92% sostiene che garantire la privacy degli utenti sia una priorità il 50% sostiene anche che tutto sommato i servizi personalizzati siano più importanti della privacy. Insomma, quello che emerge è un quadro caratterizzato da molti contrasti, che vanno compresi per capire come supportare il processo di sviluppo del PNRR dal punto di vista delle aziende, delle Istituzioni e dei cittadini.

Il galateo dei meeting all’estero

Paese che vai usanza che trovi, si usa dire. E la regola è valida anche per quanto riguarda le riunioni di lavoro. I meeting, infatti, hanno riti precisi e modalità diverse a seconda del luogo in cui ci si trova. Siccome in un mondo sempre più interconnesso come quello che viviamo è davvero facilissimo incontrarsi, anche se a distanza, con persone che vivono dall’altra parte del globo, è opportuno conoscere le basi del galateo che valgono anche oltreconfine. Pena, altrimenti, il successo dell’incontro stesso, a causa delle brutte figure. Sapere come comportarsi nelle diverse situazioni può rappresentare un grande vantaggio, soprattutto nel corso dei primi incontri, favorendo la creazione di rapporti di collaborazione e fiducia, indispensabili per stringere affari.

I consigli dell’esperta

Le regole del buon meeting sono state svelate all’Adnkronos da Sibyl von der Schulenburg, imprenditrice nel settore delle telecomunicazioni e scrittrice, che ha detto: “Lavorare con l’estero rappresenta una grandissima occasione di crescita personale e professionale, ma è importante conoscere abitudini e usanze delle persone con le quali si interagisce per evitare di commettere errori che possano compromettere le trattative commerciali e/o i colloqui di selezione. Ci sono paesi, pensiamo ad esempio al Giappone, alla Corea o alla Russia, che hanno regole completamente diverse dalle nostre e che non possono essere ignorate. Non tenere in considerazione norme di comportamento che sono ritenute basilari porta a un unico risultato: il fallimento della trattativa commerciale o del colloquio”.

I sì e i no per il successo

Qualche esempio pratico? Ad esempio, dovrebbero essere evitati durante una riunione di lavoro tutti gli argomenti controversi. Insomma, meglio non affrontare temi quali la politica o la religione, più opportuno invece spostarsi su discorsi leggeri e neutri come il cibo e il meteo. Ci sono poi piccoli accorgimenti che possono fare la differenza: ad esempio per gli abitanti dell’Estremo Oriente prendere un biglietto da visita con una mano sola è considerato poco educato o percepito come un insulto; nella cultura araba, invece, non è ben visto afferrare un documento con la mano sinistra (quella proibita). Anche la stretta di mano (in tempi pre e speriamo presto post Covid) non è percepita da tutti come una buona prassi, a maggior ragione se avviene tra uomo e donna: in alcuni casi è preferibile un gentile inchino. No anche a contatti ravvicinati, come pacche sulle spalle, abbracci o peggio baci. Insomma, prima di incontrare un possibile partner straniero, meglio informarsi anche sugli usi e costumi del suo paese, così da non commettere inconsapevoli, ma spiacevoli, gaffe.

Primo trimestre 2021 positivo per il mercato italiano Tech di consumo

I primi tre mesi del 2021 sono stati decisamente positivi per il mercato italiano della Tecnologia di consumo. Con un +28,5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno la Tecnologia di consumo conferma quindi il trend positivo che ha caratterizzato il settore nel corso del 2020. Secondo gli ultimi dati di GfK, i nuovi bisogni emersi con la pandemia stanno continuando a condizionare gli acquisti degli italiani, che continuano premiare in particolare il settore Tech e quello del Largo Consumo. Il mese che ha registrato la crescita maggiore è stato marzo, che ha registrato una crescita a valore del +66% anno su anno. Un trend che non stupisce, se pensiamo che marzo 2020 è stato il primo mese colpito dalla pandemia. 

Il settore con la crescita più sostenuta si conferma l’IT Office

Per quanto riguarda i segmenti che compongono la Tecnologia di consumo la crescita è generalizzata, con tutti i comparti positivi, compresi l’Home Comfort (+10,6%) e la Fotografia (+15,2%). Ma il settore con la crescita più sostenuta è ancora una volta l’IT Office (+41,4%), confermando un trend positivo iniziato lo scorso anno per effetto dello smart working e della Dad, e che non sembra ancora esaurirsi. Continuano a crescere anche le vendite del Piccolo Elettrodomestico (+35%) e del Grande Elettrodomestico (+29,5%), e cresce del +29% anche l’Elettronica di consumo, con performance particolarmente positive per il segmento TV. Dopo i rallentamenti del 2020 torna a crescere a doppia cifra anche il comparto della Telefonia (+19%).

Riprende la frequenza di acquisto, ma si ridimensionano i carrelli 

Il mercato della tecnologia è destinato a crescere almeno per tutto il primo semestre. Unica variabile da tenere in considerazione sarà lo “shortage” di prodotto e i problemi di logistica legati all’arrivo della merce, che stanno impattando tutti i settori. I dati GfK Consumer Panel evidenziano però come alcuni fenomeni emersi lo scorso anno stiano lentamente rallentando. Dopo un 2020 caratterizzato prevalentemente da riduzioni di frequenza di acquisto e carrelli decisamente più grandi (One Stop Shopping), si assiste negli ultimi mesi a una ripresa della frequenza di acquisto e un ritorno a carrelli di dimensione più normale. La situazione non è ancora tornata ai livelli precedente alla pandemia, ma per quanto riguarda le modalità di fare la spesa degli italiani il trend sembra prefigurare un lento ritorno alla normalità.

Online al 46,6%, discount 82,4%

Dal punto di vista dei canali di vendita, il dati del GfK Consumer Panel confermano la crescita dell’online e dei discount: il primo raggiunge il 46,6% di penetrazione nel Largo Consumo Confezionato (+6,7% rispetto allo scorso anno), mentre il Discount raggiunge la penetrazione massima storica dell’82,4% (+1,3%). Si stabilizza invece la frequentazione dei negozi di prossimità, che erano cresciuti molto lo scorso anno, specie durante il primo lockdown, e diminuisce ancora la penetrazione degli Ipermercati (-3,5%), come già successo nel 2020.

Caffè, le città più care: espresso a 1,21 euro a Trento, a 80 centesimi in Calabria

Caffè, quanto mi costi? Fermo restando che alla classica tazzina di espresso non si rinuncia, neanche con le restrizioni imposte dal Covid, rimane il fatto che questo piccolo piacere può avere un costo molto differente a secondo da dove ci si trovi. Proprio così: al Nord generalmente il caffè consumato al bar costa di più che al Sud, pur con i lievi aumenti che scattano ovunque di anno in anno. La media, comunque, si aggira intorno a un euro, con i picchi più alti in Trentino e i più bassi in Calabria.

A Trento la tazzina più costosa

In Italia il caffè più costoso si beve nei bar di Trento: il prezzo medio raggiunge 1,21 euro. Il dato risulta da un’elaborazione dell’Adnkronos dal Rapporto Ristorazione 2020 di Fipe Confcommercio (su dati Istat dicembre 2020) che rileva il prezzo della tazzina di caffè nei diversi capoluoghi di provincia. Si rimane in Regione per il secondo posto della classifica, che vede Bolzano come seconda piazza più costosa per il tradizionale espresso, che al bancone si consuma a una media di 1,19 euro. Scontrino sempre sopra l’euro anche in due capoluoghi su quattro del Friuli Venezia Giulia: Udine e Pordenone, città alle quali si aggiunge Brescia dove il prezzo medio è di 1,12 euro. Ma anche Trieste è nel top della classifica con un centesimo in meno 1,11 euro a pari merito con Padova e Bologna. In molte città del nord e del centro nord i prezzi medi sono di 1,10 euro: Belluno, Ferrara, Gorizia, Modena, Ravenna, Rimini, Rovigo e Vicenza. Situazione più o meno analoga nelle principali città d’arte, come Firenze, Venezia e Torino, dove per un espresso al bar bisogna mettere in conto circa 1,09 euro.

A Catanzaro l’espresso più economico

All’estremo Sud d’Italia la situazione cambia sensibilmente, con differenze di prezzo importanti. Scorrendo l’analisi, si scopre che il prezzo più basso per un caffè si paga a Catanzaro, dove un espresso preparato al bar costa ben al di sotto dell’euro, 80 centesimi di media. Scontrini simili – circa 0,88 euro – sempre in Calabria, a Cosenza e a Reggio Calabria, mentre in Sicilia la medaglia d’oro della città più economica per un espresso va a Messina, con 0,81 euro. Ma anche a Roma si spuntano ottimi prezzi: nella capitale un caffè al bar in media costa 0,93 euro, 10 centesimi in meno di Milano con 1,03 euro. E Napoli, la capitale ufficiale della “tazzulella”? Sotto il Vesuvio i prezzi rimangono popolari, al di sotto dell’euro: la media per un buon caffè di 90 centesimi.

Il cellulare? E’ diventato la nostra vera “casa”

Il cellulare non è solo uno strumento per restare connessi con i propri contatti, ma è diventato a tutti gli effetti il nostro mondo. O meglio, la nostra “casa”, in cui viviamo e conserviamo ogni aspetto che ci interessa. I nostri ricordi, valori, hobby sono racchiusi lì, all’interno dello smartphone: perderlo equivale a ritrovarsi come degli homeless, dei senzatetto digitali. Ad affermare quanto sia ormai vitale il cellulare per la gran parte della popolazione mondiale è un nuovo studio condotto da una squadra di 11 antropologi dell’Ucl, University College London, che ha passato 16 mesi a documentare l’uso dello smartphone in 9 paesi in Africa, Asia, Europa (tra cui l’Italia) e Sud America, con particolare attenzione agli anziani. L’analisi e i relativi dati sono stati sono pubblicati su The Global Smartphone: Beyond a youth technology, nuovo libro coordinato dal professor Daniel Miller.

Senza cellulare siamo perduti

L’aspetto più interessante – e anche più sconvolgente – della ricerca è che se perdiamo il telefonino ci ritroviamo in una condizione di autentici senzatetto: questo perché è attraverso gli smartphone che esprimiamo sempre più la nostra personalità, i nostri interessi e valori. Li adattiamo alle esigenze e abbiamo ‘barattato’ il tempo trascorso faccia a faccia con la famiglia e gli amici con le ore “a casa” sui nostri cellulari.

Il “rovescio della medaglia”

Ovviamente, ci sono delle ripercussioni generate da questo nuovo modo di vivere sempre con il telefono a portata di mano. Come spiega il professor Miller, riporta Ansa, “Il rovescio della medaglia è che in qualsiasi momento, durante un pasto, un incontro o un’altra attività condivisa, una persona può semplicemente ‘scomparire’, essendo “tornata a casa” sul proprio smartphone. Questo comportamento, e la frustrazione o persino l’offesa che può causare, è ciò che chiamiamo la ‘morte della prossimità’. Stiamo imparando a convivere con il rischio che anche quando siamo fisicamente insieme, possiamo essere soli socialmente, emotivamente o professionalmente. Allo stesso tempo, lo smartphone ci sta aiutando a creare e ricreare una vasta gamma di comportamenti utili, dal ristabilimento di famiglie allargate alla creazione di nuovi spazi per la sanità e il dibattito politico”.

Sempre giovani

Un altro elemento emerso dalla ricerca è che l’utilizzo così massiccio del cellulare allontana lo spettro dell’invecchiamento. Proprio così: in molte regioni del mondo lo smartphone ha contribuito a cambiare l’esperienza dell’invecchiamento, facendo sentire continuità con la giovinezza. Il fatto di considerarsi anziani, quindi, non è più legato a un fattore anagrafico, ma bensì alla fragilità.

Il lavoro dopo l’emergenza: tra worklife balance, ambiente piacevole e retribuzione adeguata

Un anno di Covid ha cambiato decisamente le condizioni di lavoro del 49% dei dipendenti italiani. Tra chi la propria occupazione l’ha persa, chi invece ha visto diminuire il proprio carico o altri che hanno dovuto fare un surplus di attività, per non parlare di chi è in cassa integrazione, gli ultimi, lunghi mesi sono stati difficili per numerose categorie. Nonostante i forti timori di perdere il posto di lavoro (una possibilità concreta per un terzo dei lavoratori italiani) e la crescente fedeltà alle aziende che hanno sostenuto i dipendenti durante la pandemia, ben il 21% dei dipendenti pianifica di cambiare occupazione entro i prossimi 6 anni. Ma quali sono i desideri di chi cerca una nuova occupazione? Soprattutto datori di lavoro capaci di comprendere l’esigenza di bilanciare vita privata e vita professionale, l’opportunità di lavorare da remoto (4 nostri connazionali su 10 vorrebbero che questa modalità proseguisse anche dopo la pandemia) e ovviamente anche uno stipendio adeguato. I dati sono il frutto dell’ultima ricerca del Randstad Employer Brand 2021, che ha decretato Ferrari come datore di lavoro più ambito in Italia, sulla base della più rappresentativa indagine globale sull’employer branding. Lo studio è stato condotto su oltre 190.000 persone in 34 Paesi del mondo e misura il livello di attrattività delle aziende come datori di lavoro percepita dall’opinione pubblica. In Italia sono state intervistate 6.581 persone di età compresa tra 18 e 65 anni.

I desideri degli italiani

Le risposte degli italiani sono eloquenti. I lavoratori di casa nostra affermano che i fattori più importanti attesi da un datore di lavoro sono il bilanciamento tra vita privata e professionale (indicato dall’66% degli intervistati) e l’atmosfera del lavoro piacevole (64%), seguiti da retribuzioni e benefits competitivi (61%), sicurezza del posto di lavoro (58%), visibilità del percorso di carriera (54%), solidità finanziaria dell’azienda (51%). Seguono poi alcune novità, come un ambiente di lavoro “covid safe” (45%), ma anche un contenuto di lavoro interessante (42%) e la possibilità di lavorare da remoto (39%). Ma queste priorità non coincidono con quelle dei datori di lavoro. Secondo l’opinione dei lavoratori, le aziende italiane invece puntano soprattutto su solidità finanziaria, buona reputazione, ambiente Covid safe e sicurezza del posto, dando poca rilevanza al worklife balance e al clima aziendale, elementi fondamentali per la scelta dell’azienda in cui lavorare.

Come si cerca un nuovo lavoro

Il canale principale per trovare un nuovo lavoro è il contatto personale, strada scelta da terzo degli italiani (32%), seguito dalle agenzie per il lavoro (23%) e LinkedIn (20%). Ci sono poi altri canali digitali come Infojobs.it (18%), Subito.it (17%), Google (17%), portali per il lavoro (17%), social media (13%) e siti web aziendali (12%).

Bonus Vacanze 2021, ecco chi può richiederlo e come fare

L’estate si avvicina velocemente e il desiderio di concedersi un meritato periodo di ferie si fa sempre più pressante. Una buona notizia è che il Bonus Vacanze, la misura introdotta lo scorso anno per incentivare il turismo, è stata prorogata dal 30 giugno al 31 dicembre 2021. Tuttavia, per avere diritto all’agevolazione di 500 euro valida per soggiorni in albergo, campeggio, villaggio turistico, agriturismo e bed & breakfast in Italia è necessario averne fatto richiesta entro il 31 dicembre 2020. L’ammontare del bonus non cambia rispetto all’anno passato: 150 euro per i nuclei composti da una sola persona; 300 euro per i nuclei di due persone; 500 euro per i nuclei di tre o più persone.

Come si calcola l’Isee

Per avere accesso al bonus vacanze, è necessario presentare l’Isee. Come precisa il sito dell’Agenzia delle Entrate “Per il calcolo dell’Isee è necessaria la Dichiarazione sostitutiva unica (DSU), che contiene i dati anagrafici, reddituali e patrimoniali di un nucleo familiare e ha validità dal momento della presentazione e fino al 31 dicembre successivo. L’importo del bonus sarà modulato secondo la numerosità del nucleo familiare: 500 euro per nucleo composto da tre o più persone 300 euro da due persone 150 euro da una persona”. Le informazioni necessarie per sapere come ottenere la Dichiarazione sostitutiva unica e calcolare l’Isee sono indicate sul sito dell’Inps.

Voucher solo in formato digitale

Ancora, l’Agenzia delle Entrate precisa che il bonus potrà essere richiesto e sarà erogato esclusivamente in forma digitale. “Per ottenerlo è necessario che un componente del nucleo familiare sia in possesso di un’identità digitale SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) o CIE 3.0 (Carta d’Identità Elettonica). Al momento della richiesta del bonus, infatti, si dovranno inserire le credenziali SPID e successivamente fornire l’Isee. Se non hai la tua identità digitale richiedila (SPID e CIE 3.0)” spiega il sito delle Entrate. Non sarà necessario stampare nulla, perché sarà a disposizione sul cellulare o smartphone e basterà mostrarlo all’albergatore, quando sarà il momento di pagare il soggiorno, direttamente presso la struttura selezionata per trascorrere le vacanze. Una volta ottenuto, il voucher può essere speso presso la struttura ricettiva prescelta (a condizione che partecipi all’iniziativa) da un solo componente della famiglia. E’ fruibile nella misura dell’80%, sotto forma di sconto immediato, per il pagamento dei servizi prestati dall’albergatore, mentre il restante 20% potrà essere scaricato come detrazione di imposta.