Zoom Fatigue, c’è già l’effetto collaterale delle videoconferenze

Un surplus di videoconferenze può portare a una serie di disturbi reali: si tratta di una vera e propria forma di affaticamento dovuta a un eccesso di attenzione alle parole più che alla comunicazione non verbale. Un fenomeno che ha già un nome, Zoom Fatigue, riferendosi alla app più famosa del momento per riunioni e meeting. Certo, meno male che ci sono queste soluzioni tecnologiche per svolgere incontri, lezioni e briefing a distanza, in un periodo in cui le relazioni interpersonali fisiche sono pressoché impossibili. Però, anche questa comodità ha un effetto collaterale.

Osservare troppo affatica il cervello

Come riporta un articolo apparso sulla versione internazionale del National Geographic, strumenti come questi sottraggono alle conversazioni con altre persone molto dell’aspetto non verbale, ‘costringendo’ a prestare fin troppa attenzione alle parole. “Stiamo sperimentando un sovraccarico di messaggi non verbali”, ha commentato Jeremy Bailenson, direttore del Virtual Human Interaction Lab della Stanford University. 

Bailenson ha spiegato che la videochat rovescia le norme dell’interazione sociale: “Il comportamento che di norma riserviamo alle nostre relazioni più strette, come guardarsi negli occhi per lungo tempo e osservare il volto dell’altro da vicino, è diventato improvvisamente il modo in cui interagiamo con conoscenze casuali, colleghi e persino sconosciuti”. Ad esempio, quando partecipiamo a una riunione in videochat con altre otto persone, per tutto il tempo stiamo costantemente a osservare questi otto individui: una modalità che non seguiremmo durante una riunione in una normale sala meeting. Inoltre, con così tante piccole caselle da guardare, la visualizzazione della galleria Zoom rende difficile concentrarsi veramente su una sola persona. Tutti quegli stimoli possono essere faticosi, se non stressanti, per il cervello.

L’importanza dei segnali non verbali

Lo stesso vale per la mancanza di segnali non verbali, come il linguaggio del corpo. Quando si conversa con qualcuno di persona, si notano – anche inconsciamente –  aspetti come la postura, i gesti e i suoni del respiro. Quando questi segnali non ci sono o sono più difficili da cogliere, il cervello deve lavorare di più per comunicare correttamente. Andrew Franklin, esperto di Cyber ​​Psicologia presso la Virginia Norfolk State University, ha commentato: “Per chi è veramente dipendente da questi segni non verbali, può essere un grosso problema non averli”. Insomma, la videoconferenza può non essere la soluzione giusta per tutti. Però, in alcuni casi è un toccasana: come per chi soffre di problemi dello spettro autistico, che può preferire le riunioni online a quelle di persona perchè si genera meno confusione e parla una persona alla volta.

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