Smart working “Bene, ma non solo per le emergenze”: la parola all’esperto

Lo smart working è una modalità di lavoro adottata sempre più spesso dalle aziende di tutto il mondo e, in concomitanza con l’emergenza legata al Coronavirus, è stato adottato a tempi di record da tantissime imprese. Questo anche perché – oltre l’esigenza stretta – un recente decreto del Governo ha permesso di attivarlo in molteplici casi senza tutti gli adempimenti previsti di norma dalla legge. “E’ un atto correttissimo quello adottato dal Governo, a patto che non sia una scorciatoia e che non serva solo per gestire le emergenze”: sono le dichiarazioni rilasciate da Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, in una intervista rilasciata   all’Adnkronos/Labitalia. “In questa fase di emergenza – spiega Corso – sicuramente si velocizza l’attivazione dello smart working, ma non si può prescindere dall’importanza di un accordo di responsabilità datore di lavoro-dipendente”. Come a dire che “In pratica il lavoratore si ‘prende’ l’autonomia di operare da casa, in perfetta flessibilità, e in cambio l’azienda ne misura i risultati. Il lavoratore è comunque subordinato, anche se lavora ‘da casa’, e quindi deve dare conto del raggiungimento degli obiettivi”.

L’importanza vitale del lavoro a distanza

Aggiunge ancora Corso che la possibilità di utilizzare lo smart working consente di assorbire, almeno in parte, l’impatto del Coronavirus, consentendo di lavorare a distanza senza bloccare completamente il Paese. “Certo, non tutte le realtà aziendali sono uguali” precisa il responsabile scientifico. “Questi giorni stanno mettendo in luce delle differenze sostanziali tra chi riesce comunque a mantenere l’operatività normale e chi, invece, non riesce ad inserire nell’organizzazione aziendale questo nuovo modello di lavoro. Anche perché non si può pretendere che, da un momento all’altro, il dipendente lavori da remoto. Non è così semplice: non è sufficiente un pc e una connessione Internet. Ci si deve allenare al coordinamento con il datore di lavoro e con un team di riferimento, nel caso si lavori su un progetto a più mani”.

Un monito per il futuro

Quindi va ovviamente bene cercare di far fronte all’emergenza con lo smart working, ma questa modalità andrebbe applicata consapevolmente anche nel normale, quotidiano svolgersi delle attività aziendali. Una forma di garanzia anche “Nel caso, ad esempio, che ci sia un black out dei mezzi di trasporto o il rinvio dell’orario di un certo lavoro da consegnare, così da essere pronti a lavorare lontano dal posto di lavoro e a un orario diverso” puntualizza Corso. “Lo smart working è, quindi, uno scambio di flessibilità che deve inserirsi nella normale gestione dell’organizzazione aziendale, a prescindere dalle emergenze”.

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