Pmi italiane, nei prossimi due anni serviranno 200mila profili tecnici

Sono essenzialmente i profili tecnici quelli che le piccole e medie aziende italiane ricercheranno maggiormente nei prossimi due anni. Un’indicazione preziosa anche per chi deve terminare il proprio percorso di studi e vorrebbe assicurarsi – giocando in anticipo – un posto di lavoro per il futuro. Anche perché si presume che la richiesta da parte delle Pmi supererà il numero di candidati disponibili.

L’analisi dell’universo delle Pmi italiane

Il tessuto produttivo italiano è composto quasi esclusivamente da piccole e medie imprese. Quelle fino a 250 dipendenti sono il 99% del totale, e di queste il 95% sono imprese micro, con meno di 10 addetti. Altro dato importante: il 68% del valore aggiunto del sistema economico italiano proviene proprio dalle piccole e medie imprese (dati Istat). Un vero e proprio pilastro, dunque. Che rischia però nei prossimi anni di non riuscire a mettersi al passo con la rivoluzione digitale. È quanto emerge dall’ultima ricerca BVA Doxa realizzata per conto di Quadrifor dal titolo “Innovazione, digitalizzazione e competenze delle Pmi del terziario”. Obiettivo: raccogliere la voce dei quadri, manager apicali, spesso polifunzionali, che incidono nella definizione della strategia d’impresa. Tanto più che la loro opinione risulta fondamentale rispetto alla verifica di fattibilità dei processi di innovazione e digitalizzazione all’interno delle medie, piccole e piccolissime imprese italiane.

L’evoluzione dello scenario lavorativo nei prossimi  anni

I cambiamenti sono sempre più veloci e serrati, anche nel mondo del lavoro. Entro i prossimi cinque anni il 60% delle attuali competenze saranno obsolete e serviranno sempre più profili altamente specializzati. Non solo. Nei prossimi due anni ci sarà la necessità di assumere ex novo 200 mila profili tecnici, ma  – stando alla ricerca BVA Doxa per Quadrifor – se ne troveranno  sul mercato solo 1 su 3. Le competenze più richieste sono di analisi dei dati (55,7%), di digital marketing (39,8%), di social media management (37,7%) e di cybersecurity (36,0%). Quanto alle abilità meno centrate sulla tecnologia, sono ritenute prioritarie competenze di analisi e valutazione degli scenari, di gestione del lavoro in team, di rafforzamento di tutti quegli elementi di pensiero manageriale che assolvono ad un ruolo più significativo nella predisposizione al cambiamento e all’innovazione. La formazione continua diventa quindi sempre più un fattore competitivo. Resta però il nodo di dove, e come, reperire le risorse necessarie per assicurare una formazione veramente efficace e costante, anche se ricerche come questa mettono in luce le basi su cui fondare i programmi formativi.

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