L’intelligenza artificiale decide chi assumere in azienda

Non saranno più degli esperti o dei responsabili delle risorse umane a vagliare le candidature o a fare i colloqui ai candidati a un posto di lavoro in azienda, ma ci penserà l’intelligenza artificiale. Proprio così: e non stiamo parlando di fantascienza o scenari futuribili, ma di una realtà già in atto: solo negli Stati Uniti, sono oggi più di 100 le imprese – tra cui molte multinazionali –  che si sono affidate a calcoli e algoritmi per selezionare le figure da assumere. Ma chi è – o cosa è – questa nuova forma di AI? Progettato dalla società tech HireVue, il sistema utilizza le telecamere dei computer o dei cellulari per analizzare i candidati, o meglio i loro movimenti facciali, la scelta delle parole e il tono della voce. A questo punto, mette a confronto i diversi colloqui e i vari candidati sulla base di un punteggio di “assumibilità” generato automaticamente. Le valutazioni di HireVue, avverte il Washington Post, sono diventate così pervasive in alcuni settori, tra cui l’ospitalità e la finanza, che le università hanno previsto dei corsi ad hoc per affrontare questi colloqui con l’Intelligenza Artificiale, mettendo gli studenti in condizione di ottenere buoni risultati.  Tra i colossi che già usano questo criterio di selezione del personale ci sono brand noti come Hilton, Unilever e Goldman Sachs. Per dare un’idea delle capacità dell’app sviluppata da HireVu, questa nel giro di un’intervista di mezz’ora è in grado di raccogliere oltre 500mila dati da elaborare su ciascun candidato, scegliendo poi il migliore per il posto disponibile.

Etica in bilico e discriminazioni in agguato?

Anche se potrebbe sembrare un sistema comodissimo, almeno per il datore di lavoro, ci sono diverse ombre su questa modalità di selezione. “Il software – ha detto Meredith Witthaker, cofondatrice dell’AI Now Institute, un centro ricerche sull’intelligenza artificiale di New York – , può dare luogo a discriminazioni”. E ha aggiunto che “E’ profondamente disturbante che ci sia una tecnologia privata che affermi di riuscire a differenziare tra un lavoratore produttivo e uno non adatto sulla base dei movimenti facciali, del tono della voce o sulle maniere. E’ pseudoscienza. E’ una autorizzazione a discriminare. E le persone la cui vita e le cui opportunità dipendono letteralmente da questi sistemi non hanno nessuna possibilità di uscita”. L’azienda ovviamente ha rigettato le accuse. “Queste critiche si basano su una scarsa informazione – ha dichiarato un portavoce HireVue al Washington Post -, e la maggior parte dei ricercatori nel campo dell’intelligenza artificiale ha una comprensione limitata della psicologia che sottintende i comportamenti di un  lavoratore”.

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