Mercato Telecom, trend globali 2022 e prospettive 2023

Il 2022 è stato un anno difficile per il settore della Telefonia, che nel complesso ha dovuto fare i conti con una contrazione. A livello globale il mercato ha infatti chiuso il 2022 con un calo del -9,7% a valore rispetto all’anno precedente, anche se alcune categorie hanno continuato a registrare buoni risultati.
“Avevamo già previsto per il 2022 un effetto saturazione dopo le forti vendite negli anni della pandemia, ma il prolungarsi della debolezza del mercato cinese ha avuto un impatto significativo sui risultati”, conferma Jan Lorbach, esperto GfK per il settore Telecom.
In controtendenza il mercato italiano, che secondo i dati GfK ha chiuso il 2022 con una crescita complessiva del +4%. Rispetto all’anno precedente, sono cresciuti a valore sia gli Smartphone (+2,7%) sia i Wearable (+8%).

Smartphone, cresce la domanda dei dispositivi premium

Anche il segmento degli Smartphone, compresi i Phablet, a livello globale ha registrato un calo della domanda (-9,1% rispetto al 2021), per un totale di 908 milioni di unità vendute, così come i ricavi (-10,2%), pari a 330 miliardi di dollari. Nel 2022 il mercato è stato sostenuto principalmente dai consumatori con reddito medio-alto, che rappresentano il 48% di tutti gli acquirenti di smartphone. Di conseguenza, aumenta la domanda di dispositivi premium: il fatturato dei modelli 5G è cresciuto dell’1,2% e quello degli smartphone con capacità superiore a 256 GB del 19%, pari al 41% del fatturato totale del mercato nel 2022. Nonostante la tenuta del segmento premium, il numero totale di acquisti è diminuito. Un trend particolarmente evidente per la GenZ, che estende consapevolmente il ciclo di vita dei propri dispositivi.

Wearable stabili, Visori AR/VR -15%

Uno dei pochi segmenti del comparto rimasto stabile è quello dei dispositivi indossabili. Con 13,9 miliardi di dollari di fatturato, il mercato dei Wearable ha raggiunto quasi lo stesso livello dell’anno precedente (-1,1%). Alcuni dei segmenti più popolari hanno perso terreno (Health e Fitness tracker -31%), mentre altri hanno avuto maggiore successo (Smartwatch +21%). Questi cambiamenti sono legati alla domanda crescente di soluzioni smart per il controllo della salute, come la possibilità di misurare il livello di stress (EDA). Lanciati nel quarto trimestre 2021, questi dispositivi rappresentano già il 16% del fatturato del mercato dei Wearable, e continuano a crescere.
Al contrario, nel 2022 le vendite di visori VR nel mercato europeo diminuiscono del -15%: il primo calo in assoluto dopo anni di crescita a doppia cifra.

Le previsioni per l’anno in corso

GfK prevede un 2023 più forte per il settore Telecom. La Cina, il mercato più grande, dovrebbe riprendersi e trainare la crescita a livello internazionale. Gli sviluppi all’interno delle tre principali categorie di prodotti avranno un impatto positivo, ma nonostante l’allungamento del ciclo di vita gli smartphone acquistati nel 2020/2021 entreranno quest’anno nella finestra di sostituzione.
Per quanto riguarda i Wearable, il mercato sarà trainato dalla nuova generazione di sensori per l’Health Tracking. Inoltre, si prevede una crescita dei ricavi per il segmento Smartwatch.
Nel 2023 la realtà virtuale e aumentata poi dovrebbero crescere oltre l’area del gaming. Uno dei segmenti con maggior potenziale per i prossimi anni.

Pmi e grandi aziende europee aumenteranno il budget per la sicurezza IT 

Il crescente interesse delle aziende per la cybersecurity, dovuto all’aumento dell’uso delle tecnologie digitali e al panorama delle minacce in continua evoluzione, ha già portato a miglioramenti nella sicurezza informatica. La complessità crescente dell’infrastruttura It, la necessità di migliorare il livello di competenze specialistiche in materia di sicurezza, e l’incertezza geopolitica o economica sono i principali fattori che spingono le aziende europee di tutte le dimensioni a investire nella cybersecurity. Il report annuale It Security Economics di Kaspersky suggerisce quindi che al fine di affrontare una serie di criticità i budget It per la cybersecurity nei prossimi tre anni sono destinati ad aumentare fino al 10%.

La spesa It di Pmi ed enterprise

In Europa il budget medio dedicato alla cybersecurity nel 2022 è stato di 1.8 milioni di euro per le enterprise, con 6.30 milioni di euro stanziati per l’It in generale, mentre le Pmi hanno investito 140.000 euro nella sicurezza It, a fronte di un budget medio di 350.000 euro. Tra le ragioni che spingono ad aumentare i budget per la sicurezza informatica gli intervistati hanno evidenziato soprattutto la complessità dell’infrastruttura It (45,8% e Pmi e 53,7% enterprise) e la necessità di migliorare il livello di competenze specialistiche in materia di sicurezza (36,8% Pmi e 33,7% enterprise).

La protezione dei dati diviene più complessa

I potenziali nuovi rischi dovuti a una maggiore incertezza geopolitica o economica sono stati evidenziati come motivi di aumento degli investimenti dal 28,2% delle Pmi e dal 33% delle enterprise.
Il budget aggiuntivo si presume possa aiutare le aziende ad affrontare problemi più importanti legati alla sicurezza informatica. Quest’anno, la metà (50,9%) delle aziende ritiene che i problemi legati alla protezione dei dati siano i più complessi. La seconda preoccupazione, evidenziata dal 33,5% degli intervistati, è il costo della protezione di impianti tecnologici sempre più complessi, seguito dai problemi legati all’adozione di infrastrutture cloud (35,8%).

Aziende più consapevoli della cybersecurity

“La continuità aziendale dipende sempre dalla sicurezza delle informazioni – commenta Ivan Vassunov, VP, Corporate Products di Kaspersky. Al giorno d’oggi, quando le infrastrutture diventano più complesse e gli attacchi informatici più sofisticati, le aziende stanno diventando più consapevoli della cybersecurity e comprendono meglio la necessità di proteggere ogni asset all’interno dell’azienda. Le normative statali sono un altro fattore importante che influenza la crescita dei budget destinati alla sicurezza It. Queste aziende sono tenute a proteggere loro operazioni e i loro dati, a volte le autorità di regolamentazione impongono normative più stringenti per l’intero mercato verticale o per il settore”.

Intelligenza Artificiale: nel 2022 in Italia 500 vale milioni di euro

Il mercato dell’Intelligenza Artificiale in Italia nel 2022 ha raggiunto 500 milioni di euro, crescendo del 32% in un solo anno. Il 73% è stato commissionato da imprese italiane (365 milioni di euro) e il 27% è rappresentato da export di progetti (135 milioni di euro). Nonostante il difficile contesto internazionale, per il comparto dell’AI il 2022 è stato un anno da record, caratterizzato dai continui progressi nelle capacità delle macchine e dagli exploit di Dall-E2 e ChatGPT, che in poche settimane hanno coinvolto decine di milioni di utenti, e mostrato al grande pubblico le potenzialità di questa tecnologia. Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano.

Il 61% delle grandi imprese ha già avviato almeno un progetto di AI

A dimostrazione dell’ormai ampia diffusione di questa tecnologia, oggi il 61% delle grandi imprese italiane ha già avviato almeno un progetto di AI, il 10% in più rispetto a cinque anni fa. E tra queste, il 42% ha in cantiere più di un progetto operativo. Tra le Pmi, invece, il 15% ha almeno un progetto di AI avviato (nel 2021 era il 6%), quasi sempre uno solo, ma una Pmi su tre ha in programma di avviarne di nuovi nei prossimi due anni.

Le aree di applicazione

La quota più significativa del mercato dell’Intelligenza Artificiale italiano (34%) è legata a soluzioni per analizzare ed estrarre informazioni dai dati (Intelligent Data Processing), soprattutto per realizzare previsioni in ambiti come la pianificazione aziendale, la gestione degli investimenti e le attività di budgeting. Ma è importante anche l’area di interpretazione del linguaggio, scritto o parlato, la cosiddetta Language AI (28%) a cui afferiscono, nella classificazione dello studio, le classi di soluzioni NLP e Chatbot. In quest’area vi sono, ad esempio, le applicazioni di Generative AI come ChatGPT o DALL-E2, che consentono di estrarre ed elaborare automaticamente informazioni anche da documenti come atti giudiziari, contratti o polizze, o per analizzare le comunicazioni interne o esterne, ad esempio, mail, social network, web.

Recommendation System, Computer Vision e Intelligent Robotic Process Automation 

Il 19% del mercato comprende poi l’area degli algoritmi, che suggeriscono ai clienti contenuti in linea con le singole preferenze (Recommendation System). Inoltre, il 10% del mercato va alle iniziative di Computer Vision, che analizzano il contenuto di un’immagine in contesti come la sorveglianza in luoghi pubblici o il monitoraggio di una linea di produzione. Una quota pari al 9% è invece destinata alle soluzioni con cui l’Intelligenza Artificiale automatizza alcune attività di un progetto e ne governa le varie fasi, ovvero, l’Intelligent Robotic Process Automation.

Gli utenti Internet si fidano dell’Intelligenza Artificiale?

Un sondaggio internazionale di Ipsos condotto in 20 Paesi mostra una diminuzione della fiducia degli utenti Internet riguardo alle tecnologie legate all’Intelligenza Artificiale, e una preoccupazione elevata per la tutela della privacy online. Rispetto al 2019, la fiducia in Internet diminuisce, e quasi la metà degli intervistati (49%) sostiene che regolamentare lo sviluppo e l’uso dell’AI migliorerebbe tale fiducia.Il 50% degli utenti ritiene, inoltre, che la sicurezza online sia adeguata, ma il 79% esprime preoccupazione per la protezione della propria privacy online, un dato invariato rispetto al 2019 (78%). In generale, più della metà degli intervistati (57%) ritiene che Internet sia governato in modo efficace, ma in alcuni Paesi, come Gran Bretagna (45%), Stati Uniti (45%), Francia (41%) e Israele (34%), si registrano percentuali al di sotto del 50%.

Internet e privacy online

Se complessivamente la fiducia in Internet diminuita di 11 punti rispetto al 2019, passando al 63%, e la maggior parte dei Paesi esaminati ha registrato un calo, il calo più consistente e rilevante si nota in Polonia, dove si assiste a un calo di ben 26 punti percentuali (50%). Tra le preoccupazioni relative alla privacy e il rapido declino della fiducia a livello mondiale, gli utenti di Internet chiedono nuove normative per rafforzare efficacemente la protezione della propria privacy online, e vorrebbero avere un maggior controllo sul modo in cui i propri dati personali vengono raccolti e utilizzati.

Le azioni sostenute dagli utenti

Secondo gli intervistati, alcune delle politiche governative sostenute più efficaci per migliorare la fiducia in Internet dovrebbero includere protezione della privacy e dei dati personali (65%), politiche di sicurezza informatica per gli utenti di Internet (64%), definizione di standard che descrivono in dettaglio come le aziende raccolgono (62%) e utilizzano (63%) i dati degli utenti raccolti online. Inoltre, il 61% sostiene la necessità dell’istituzione di politiche che consentano agli utenti di controllare meglio i propri dati 

Cosa sanno gli italiani dell’Intelligenza artificiale?

AI, Metaverso, realtà virtuale, realtà aumentata, Blockchain, Web 3.0 sono solo alcuni esempi delle nuove tecnologie online. Non meno importante è l’ultima frontiera dell’AI, la cosiddetta ChatGPT, che in poco tempo ha conquistato l’attenzione della cronaca e di molti utenti. Una ricerca Ipsos condotta in collaborazione con l’Osservatorio Metaverso rivela che termini quali ‘realtà virtuale’ e ‘Intelligenza artificiale’ sono familiari alla maggioranza degli italiani. In particolare, il 52% afferma di essere a conoscenza di un po’ di cose relative all’Intelligenza artificiale e l’11% di saperne molto sul tema. Al contrario, soltanto il 6% dichiara di non possedere alcuna conoscenza in merito, e un terzo (31%) di averne sentito semplicemente parlare.

Quali sono le barriere all’adozione delle criptovalute?

È l’instabilità uno dei principali freni a una più ampia adozione delle criptovalute. Il calo del mercato nel 2022, unito alle continue attività dannose, ha causato mancanza di liquidità e incertezza sugli investimenti tra i possessori di criptovalute. Queste criticità spaventano i titolari di valute digitali, spingendone alcuni a evitare di investire, o addirittura ad abbandonare del tutto il settore. Una ricerca di Kaspersky ha analizzato le tendenze degli utenti in materia di criptovalute e ha scoperto che quasi la metà teme di perdere denaro a causa della loro volatilità e non utilizza più le valute digitali. Inoltre, alcuni intervistati hanno già registrato perdite di denaro, e di conseguenza hanno smesso di investire.

Il 10% ha già subito perdite a causa di un calo del valore

Il 48% degli intervistati ha dichiarato di temere di usare le criptovalute per non rischiare di perdere il proprio denaro. Purtroppo il 10% degli intervistati ha già subito perdite a causa di un calo del valore della valuta. Allo stesso modo, il 61% che non possiede criptovalute ha dichiarato di rifiutarsi di utilizzarle perché preoccupato di mettere a rischio il proprio denaro. Altri ostacoli all’adozione includono la mancanza di risorse concrete a sostegno delle criptovalute (14%), e il rischio di rivelare dati personali durante un cyberattacco (6%).

Stabilità e sicurezza sono fondamentali per un’adozione più ampia 

Questi risultati, supportati dal fatto che un intervistato su otto non si fida più delle criptovalute, suggeriscono che la stabilità e la sicurezza sono questioni fondamentali per una più ampia adozione. 
Per quanto riguarda le aspettative degli utenti, il quadro è piuttosto eterogeneo. Nella regione Asia-Pacifico, il 41% degli intervistati ha dichiarato che le proprie attese sono state superate, mentre il 35% ha affermato che non sono state soddisfatte. Tuttavia, in Europa, dove i rimpianti per gli investimenti in criptovalute sono stati più comuni, il 41% ha dichiarato che le proprie aspettative sono state soddisfatte solo in parte o per niente, a fronte di un 26% che ha dichiarato che le criptovalute hanno soddisfatto le proprie attese.

“Le prospettive a lungo termine potrebbero essere ancora rosee”

“Nonostante le sfide che il settore delle criptovalute sta affrontando, è importante ricordare che si tratta ancora di uno spazio relativamente nuovo e innovativo con un enorme potenziale – ha commentato Marc Rivero, Senior Security Researcher di Kaspersky’s Global Research and Analysis Team -. Come per ogni tecnologia emergente, ci potranno essere difficoltà di crescita e battute d’arresto, ma le prospettive a lungo termine per le criptovalute potrebbero essere ancora rosee. Dando priorità alla sicurezza, gli investitori in criptovalute possono ridurre al minimo il rischio di perdere denaro o informazioni personali, e proteggersi dalle minacce che dipendono da loro”.

Anno nuovo: quali nuove e sane abitudini digitali seguire?

Tra i buoni propositi da pianificare con l’inizio dell’anno gli esperti di Kaspersky suggeriscono anche cinque abitudini digitali più sane, accorgimenti che oltre a rafforzare la sicurezza dei dati personali, aiutano a ‘semplificare la vita’. Questo è infatti il momento giusto per controllare e cambiare le password, magari avvalendosi di un password manager, o di un generatore automatico di password, che aiuta a generare password uniche e complesse per ogni account, sebbene l’utente dovrà ricordare solo una master password. E per proteggere i dati personali o aziendali è possibile prevenire i furti degli stessi utilizzando servizi che analizzano le ultime fughe, e verificano se contengono i propri dati. I password manager avanzati includono questa funzione, e notificano gli utenti se vengono trovati un login o una password salvata.

Per una maggiore privacy usare una VPN

Un tempo destinate a utenti esperti e aziende, oggi le VPN sono un must per garantire la sicurezza e la privacy dei dati personali online. Le moderne soluzioni VPN soddisfano tutte le esigenze degli utenti, sono facili da usare e forniscono un’elevata velocità di traffico, fino a 4K.  La gamma di scenari possibili per l’utilizzo di una VPN si è notevolmente ampliata. Permette infatti di fare acquisti online in tutta sicurezza, utilizzare servizi di streaming ovunque, o accedere a contenuti locali.
Inoltre, permettono di nascondere il proprio indirizzo IP a siti web e inserzionisti, garantendo maggiore privacy.

Trasferire i documenti in un luogo sicuro

Grazie alla digitalizzazione dei servizi, scansioni e versioni elettroniche dei documenti sono ormai utilizzate con la stessa frequenza degli originali cartacei. Ma come archiviare le versioni elettroniche in modo che rimangano al sicuro e non cadano in mani indesiderate? Creare una cartella sul proprio computer o caricarla su un cloud protetto da password sono opzioni poco sicure. Un’alternativa molto più sicura è archiviare i documenti in un’applicazione di password manager. Si tratta di veri e propri archivi elettronici crittografati, molto più sicuri rispetto alle modalità di archiviazione più tradizionali, perché possono essere decifrati solo con l’aiuto di una password principale conosciuta solo dall’utente.

Scoprire (insieme) gli interessi su Internet dei figli

Oggi i bambini dispongono di dispositivi digitali fin dalla più tenera età, intorno ai cinque anni. Affinché il percorso dei bambini nel mondo digitale sia sicuro è importante insegnare e condividere con loro le regole della sicurezza online fin dall’inizio. Per rendere questi argomenti più piacevoli e interessanti i genitori possono utilizzare giochi e altre forme di intrattenimento. Inoltre, conviene approfondire gli interessi online dei propri figli chiedendo informazioni, ad esempio, sulla loro serie preferita, o ascoltando insieme brani musicali. I software per la protezione dei bambini online possono poi aiutare i genitori a conoscere meglio le attività dei figli, e sviluppare sane abitudini digitali fin da piccoli.

Offerte via WhatsApp o SMS? Gli italiani dicono sì

Gli italiani sono possibilisti in merito al rispondere positivamente a un’offerta ricevuta via SMS o WhatsApp. Lo evidenzia un recente sondaggio di Esendex, leader nelle soluzioni per la comunicazione mobile in ambito business. Il sondaggio è stato svolto in collaborazione con Pollfish, nel maggio 2022 e ha coinvolto 501 persone residenti in diverse regioni italiane. In estrema sintesi, dall’analisi si evince che il 43,9% del campione senza esitazione valuterebbe di acquistare un prodotto, di cui ha avuto informazione tramite SMS o WhatsApp, e il 39,9% probabilmente lo farebbe. 

Piacciono soprattutto le promozioni

In particolare, il 53,1% degli intervistati ha dichiarato di cliccare sui link ricevuti tramite questi canali se nel messaggio viene annunciato l’inizio di una promozione, il 45,7% se viene comunicato che è di nuovo disponibile un prodotto che si era cercato, il 41,7% nel caso di una promozione flash, il 39,3% quando si tratta di promemoria relativi a un carrello abbandonato su un sito di e-commerce o per notificare un prodotto che potrebbe interessare in base alle proprie preferenze e, infine, il 29,9% qualora si venga informati del lancio di un nuovo prodotto.

C’è chi acquista subito

C’è anche chi si fida ciecamente dell’avviso e acquista subito. Alla domanda se si è mai acquistato un prodotto a seguito di una comunicazione ricevuta via SMS o WhatsApp, è solo il 17,2% a rispondere di non averlo mai fatto, mentre il 63,7% afferma di aver effettuato un acquisto di questo tipo nel corso dell’ultimo mese e tra questi più della metà addirittura nell’ultima settimana. Insomma, appare chiaro che i nostri connazionali ormai si affidano a questi strumenti di comunicazione anche per le loro abitudini di shopping.

Gli effetti della digitalizzazione

“I risultati del nostro sondaggio non stupiscono se si pensa all’accelerazione del processo di digitalizzazione cui abbiamo assistito negli ultimi anni. Lo smartphone, infatti, è nelle nostre mani per molto tempo nell’arco della giornata, quindi, siamo anche estremamente ricettivi nei confronti delle comunicazioni che riceviamo tramite mobile”, ha commentato Carmine Scandale, Head of Sales di Esendex Italia, che ha proseguito: “WhatsApp, che oramai fa parte della nostra quotidianità, e gli SMS, che sono oggi un canale poco affollato e garantiscono elevati tassi di lettura, rappresentano per le imprese due canali davvero efficaci e vantaggiosi per comunicare con la clientela”.

Skype: l’AI traduce le chiamate (quasi) con la voce di chi parla

È in arrivo una novità per Skype. Il celebre software proprietario freeware di messaggistica istantanea e VoIP lancia una nuova funzione che sfrutta l’Intelligenza Artificiale per tradurre in tempo reale, e in altre lingue, le videochiamate tra utenti. La nuova funzione si chiama TruVoice. A differenza di alcuni software odierni la sintesi vocale utilizzata non è ‘robotica’ ma impiega un timbro vocale vicino a quello di chi parla. Questo, per rendere la comunicazione più naturale, anche quando a parlare tra loro sono persone di nazionalità differenti. Microsoft ha definito TruVoice “un enorme passo avanti per Skype, poiché consente a persone che parlano lingue diverse di comunicare facilmente”.

TruVoice migliora la qualità dell’audio

Al momento le uniche lingue supportate da TruVoice sono l’inglese, lo spagnolo, il francese, il tedesco e il cinese, ma in futuro ne verranno aggiunte anche altre.
Finora Skype era già in grado di rilevare automaticamente lingue diverse e avviare la traduzione del testo e dell’audio, ma lo faceva usando appunto un sistema robotizzato, che permetteva di raggiungere lo scopo della comprensione tra gli utenti, sebbene con poca enfasi posta alla qualità dell’audio. Ora il campionamento effettuato dall’AI ‘mima’ il parlato dell’utente senza però registrare e conservare l’audio delle parole. Skype fa quindi un passo ulteriore verso l’abbattimento delle barriere linguistiche tra gli utenti. La funzionalità, una volta disponibile, sarà visibile anche attraverso le app mobili di Skype, seguendo il menu ‘altro’ e poi ‘traduci’ nel riquadro basso della finestra della chiamata in corso.

La conversazione diventa sempre più “umana”

“Skype usa l’Intelligenza Artificiale per rilevare automaticamente le lingue parlate durante una videochiamata e tradurle in tempo reale – ha spiegato Microsoft, come riporta Ansa -. Questo viene fatto utilizzando una combinazione di tecnologia di riconoscimento vocale ed elaborazione del linguaggio naturale, che sono in grado di comprendere e interpretare le parole pronunciate e tradurle nella lingua desiderata. Inoltre – ha aggiunto la società -, se si attiva l’uso della voce naturale, utilizzeremo l’Intelligenza Artificiale per campionare le parole e ottimizzare la traduzione in modo che suoni uguale, rendendo la conversazione più umana”.

Addio effetto robotico tipico da ‘risponditore automatico’ 

Con Skype TruVoce si possono fare riunioni o conversazioni fra persone che parlano lingue diverse senza aver bisogno di qualcuno che faccia la traduzione simultanea perché ci penserà Skype. L’AI rileva infatti automaticamente le lingue parlate durante la videochiamata e traduce simultaneamente il vocale. Utilizzando una combinazione di tecnologie di riconoscimento vocale ed elaborazione del linguaggio naturale, riferisce Money.it, l’AI è in grado di riconoscere la lingua in cui le parole vengono pronunciate, comprenderle, interpretarle in senso semantico e tradurle nella lingua desiderata. Di fatto, TruVoce elimina l’effetto robotico tipico da ‘risponditore automatico’.

I fattori chiave per aumentare la resilienza della sicurezza

Il 65% delle aziende italiane ha subito conseguenze negative sul proprio business a causa di un attacco informatico: il 37,7% ha subito violazioni di rete o dei dati, il 40,8% interruzioni di rete o di sistema, il 36,2% danni da un ransomware, e il 60% ha dovuto far fronte ad attacchi distributed denial of service.
Sono eventi che hanno comportato un’interruzione dell’operatività e delle comunicazioni (EMEA: 62,6%), disservizi nella supply chain (EMEA: 43%), compromissione delle attività interne (EMEA: 41,4%) e della reputazione del brand (EMEA: 39,7%). 
È quanto emerge dal Security Outcomes Report, Volume 3: Achieving Security Resilience, lo studio realizzato da Cisco in 26 Paesi per identificare i fattori in grado di aumentare la resilienza della sicurezza aziendale.

La sicurezza riguarda la sfera umana

Lo studio si concentra sui fattori culturali, ambientali e le soluzioni che le aziende devono adottare per raggiungere la resilienza della sicurezza. La sicurezza riguarda infatti la sfera umana, poiché leadership, cultura aziendale e risorse hanno un impatto considerevole sulla resilienza. Di fatto, le aziende che segnalano uno scarso supporto da parte dei dirigenti in materia di sicurezza hanno ottenuto un punteggio inferiore del 39% (EMEA) rispetto a quelle che godono di un significativo supporto. E quelle che promuovono una cultura della sicurezza hanno ottenuto un punteggio medio del 46% (EMEA). Inoltre, le aziende che impiegano personale e risorse interne aggiuntive per rispondere agli ‘incidenti’ hanno ottenuto un incremento del 15% nei risultati di resilienza.

Attenzione alla gestione degli ambienti ibridi

Le aziende nell’area EMEA le cui infrastrutture tecnologiche sono prevalentemente on-premise o basate sul cloud, hanno ottenuto, a pari livello, i punteggi di resilienza della sicurezza più alti.
Tuttavia, le aziende che si trovano nelle fasi iniziali di transizione da un ambiente on-premise a un ambiente cloud ibrido hanno registrato un calo del punteggio tra 8,5%-14%, a seconda della difficoltà di gestione degli ambienti ibridi. Le aziende che poi hanno dichiarato di aver adottato un modello zero trust evoluto hanno ottenuto un aumento del 30% (EMEA) del punteggio di resilienza rispetto a quelle che non l’hanno implementato.

La convergenza delle tecnologie di rete

Le funzionalità avanzate di rilevamento e risposta hanno portato a un aumento del 45% (EMEA) del punteggio di resilienza rispetto alle aziende che hanno dichiarato di non avere tali soluzioni. E la convergenza delle tecnologie di rete e sicurezza in un sistema Secure Access Services Edge distribuito in cloud ha migliorato i punteggi di resilienza della sicurezza del 27% (EMEA).
“I Security Outcomes Report analizzano ciò che funziona e ciò che non è efficace nel campo della cybersecurity – dichiara Jeetu Patel, executive vice president and general manager security and collaboration di Cisco -. L’obiettivo finale è quello di fare chiarezza nel mercato e identificare le modalità in grado di garantire risultati certi per i difensori”.

Big Data: un mercato da 2,41 miliardi di euro

Quest’anno il mercato Data Management e Analytics in Italia raggiungerà 2,41 miliardi di euro, +20% rispetto al 2021. Una crescita trainata soprattutto dalla componente software (54% del mercato, +25%), mentre la spesa in risorse infrastrutturali cresce in maniera meno sostenuta, sotto la media del mercato. Un buon andamento che coinvolge tutti i settori merceologici, ma in controtendenza con gli anni precedenti, nel 2022 sono GDO/Retail, PA e Sanità i comparti che segnano la crescita più marcata. Il budget Analytics destinato a servizi di Public Cloud sale a un ritmo doppio rispetto alla media di mercato, e sfiora un quarto della spesa in soluzioni e servizi di Data Management & Analytics. Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics della School of Management del Politecnico di Milano.

Grandi aziende e Pmi 

Nelle grandi aziende permane la difficoltà nell’inserimento di ruoli professionali specializzati su gestione e analisi dei dati: il 49% dichiara di aver introdotto almeno un Data Scientist, il 76% un Data Analyst e il 59% un Data Engineer. Inoltre, il 66% delle grandi realtà ha sperimentato tempi di recruiting più lunghi, e circa il 40% tassi di turnover più elevati. Quanto alle Pmi, il 55% dichiara di aver portato avanti investimenti in ambito Data Management & Analytics o prevede di farlo entro fine anno. Percentuale in crescita rispetto al 2021, ma che non mostra importanti accelerazioni rispetto agli ultimi tre anni. E quattro aziende su dieci non hanno alcuna figura dedicata all’analisi dei dati. 

Gli Analytics nelle Pmi

Così come già evidenziato negli scorsi anni, permangono importanti differenze tra il livello di maturità delle medie (50-249 addetti) e piccole (10-49 addetti) imprese. Le imprese di medie dimensioni hanno un livello medio di adozione delle tecnologie più alto delle piccole. Inoltre, solo un terzo dichiara di non avere personale dedicato, almeno parzialmente, all’analisi dei dati. La forbice tra piccole e medie registra comunque leggeri segnali di riduzione rispetto agli scorsi anni. Le piccole e medie imprese che hanno figure interne si affidano spesso anche a consulenti esterni, prevalentemente in maniera spot su specifici progetti.

Le aree della Data Strategy

La ricerca ha costruito un indice di maturità complessivo relativo a tre ambiti (Data Management & Architecture, Business Intelligence e Descriptive Analytics, e Data Science), che mostra come solo il 15% delle grandi aziende può dirsi ‘avanzato’, mentre il 30% ‘intraprendente’, il 22% ‘prudente’ e il 33% ‘immaturo’ o ‘ai primi passi’. Negli ambiti Business Intelligence e Descriptive Analyticsle grandi organizzazioni però sono a buon punto. L’83% dichiara la presenza di competenze e il 69% sfrutta strumenti di Data Visualization avanzati. Sul fronte Data Science, prosegue la crescita delle organizzazioni che hanno avviato almeno una sperimentazione in ambito Advanced Analytics (65%). Le funzioni in cui la Data Science trova maggiore applicazione sono Marketing, Vendite, e Produzione, in cui risulta più semplice valorizzare in termini economici i risultati portati dalle singole progettualità.