PMI, per molte la transizione digitale è percepita come un costo

La transizione digitale è una strada segnata per le Poi grandi, mentre per li piccole la strada è ancora lunga. Non solo: per le big – ovvero quelle che superano i 249 occupati e i 50 milioni di euro di fatturato –il digitale è un investimento necessario, per le piccole un costo ancora ingente, da valutare con estrema attenzione. Questi sono alcuni dei dati presentati dall’Innovazione Digitale delle PMI della School of Management del Politecnico di Milano.
“Circa 250mila PMI sono in grado di produrre intorno al 40% del fatturato nazionale e di assorbire oltre il 30% della forza lavoro: numeri che fanno comprendere non solo l’importanza del ruolo giocato dalle PMI in Italia, ma anche l’attenzione che il Paese deve loro dedicare per salvaguardare questo patrimonio economico e sociale” dichiara Claudio Rorato, direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI. “Prima di parlare dei singoli, però, dobbiamo parlare di responsabilità del sistema: troppo spesso sentiamo parlare di arretratezza delle imprese, di scarsa cultura digitale degli imprenditori, di visioni poco evolute. L’imprenditore, per la sua stessa estrazione, prevalentemente tecnica, si concentra più sul prodotto che sulla gestione e la programmazione, più sulla quotidianità che sulla pianificazione e la gestione del cambiamento. Ecco, allora, che le associazioni di categoria, le filiere, le supply chain, gli istituti finanziari, la classe politica, la pubblica amministrazione, gli hub territoriali per lo sviluppo digitale devono fare la loro parte per creare le condizioni che permettano di fare impresa. Solo a quel punto, le responsabilità individuali di fare o non fare potranno essere attribuite alle singole organizzazioni.”

Il ruolo del digitale

In Italia, il digitale è un punto di forza per le PMI “Large” (cioè con fatturato sopra i 50 milioni di euro o numero dipendenti superiore a 250), ma non ancora per quelle “tipiche”: 71% delle prime mostra, infatti, un profilo “convinto” o “avanzato”, rispetto al 50% delle PMI in senso stretto. Il digitale è considerato come un costo solo dal 2% delle Large (rispetto al 16% delle PMI), mentre, per il 61%, è lo strumento cardine per costruire il futuro dell’azienda (rispetto al 35% delle PMI). In entrambe le categorie, però, risulta ancora carente l’attività di formazione svolta per i dipendenti e per il management.

Poca formazione per tutti

Il digitale è considerato come un costo solo dal 2% delle Large (rispetto al 16% delle PMI), mentre, per il 61%, è lo strumento cardine per costruire il futuro dell’azienda (rispetto al 35% delle PMI). In entrambe le categorie, però, risulta ancora carente l’attività di formazione svolta per i dipendenti e per il management.

Internet Advertising: in Italia +24% nel 2021

Da quanto emerge dall’Osservatorio Internet Media della School of Management del Politecnico di Milano, nel 2021 il mercato pubblicitario in Italia, tra raccolta su Tv, Stampa, Radio, Out of Home e Internet Media, sale a 9,3 miliardi di euro, circa 1,4 miliardi in più rispetto al 2020.
Una chiusura positiva, che recupera la flessione dell’8% registrata nel 2020, e consente di raggiungere il valore più alto dal 2009. Internet si conferma il primo Media per raccolta pubblicitaria, con una crescita del +24% e il 46% del mercato, seguito da Tv, con una quota di mercato del 40% e una crescita del 14%, Stampa (7% e +4%), Radio (4% e +10%) e Out of Home (OOH, 3% e +16%). La spinta digitale cresce però anche all’interno dei Media più tradizionali, con fenomeni come la Connected Tv (CTV) e il Digital Out of Home (DOOH) che iniziano a registrare numeri non più marginali.

Audio advertising, +44%, soprattutto su smartphone

Nonostante le vicissitudini legate al periodo pandemico, l’Internet advertising rimane concentrato nelle mani di pochi player tech internazionali, che raccolgono il 79% del mercato, e la percentuale potrebbe ancora crescere nel corso del 2022. Per quanto riguarda i formati, Video e banner, Search, Classified e e-commerce advertising nel corso del 2021 registrano tassi di crescita superiori al +20%, ma il formato con l’incremento percentuale più alto è l’Audio advertising (+44%), caratterizzato da un grande fermento, in particolare sul lato offerta, per l’aumento dell’inventory e la diffusione di nuovi contenuti audio. Quanto al mercato per device, il canale principale è lo smartphone. Il Mobile advertising nel 2021 cresce infatti del 27%, superando in valore assoluto 2,4 miliardi di euro.

È sempre la componente digital a trainare la crescita

La raccolta sui televisori connessi (Connected Tv) vale oltre 230 milioni di euro, più del doppio rispetto al 2020. Il Digital Out Of Home, invece, vale 63 milioni di euro, in ripresa del +30% rispetto al crollo registrato dall’intero comparto Out Of Home nel 2020. La componente digitale pesa per il 22% del totale (+2%): un trend positivo che proseguirà anche nel 2022, con un peso sul totale OOH ulteriormente in sviluppo. 
È infatti la componente digital a trainare la crescita del mezzo, grazie a una diffusione sempre più elevata di impianti digitali, soprattutto nel Nord Italia, dove sono collocati 2 schermi su 3, e dove la raccolta dei formati Roadsid è in continuo aumento, ed è pari a quasi metà del mercato.

L’equilibrio tra privacy, sicurezza e personalizzazione

Quando si parla di pubblicità online, però, nonostante i numerosi interventi su privacy e sicurezza, i consumatori si sentono ancora eccessivamente tracciati, senza avere un ritorno in termini utilità e profilazione. Dall’analisi svolta, è interessante notare invece come la comunicazione geolocalizzata attraverso Smartphone, seppur mostri un certo livello di invasività, abbia un’ottima risposta, con il 40% delle persone raggiunte che almeno una volta si è poi recata realmente al punto vendita sponsorizzato.

Aumentano i cyberattacchi che sfruttano nuova vulnerabilità di MS Office

Si chiama Follina, ed è la nuova vulnerabilità zero-day scoperta di recente in Microsoft Office. Follina consente ai criminali informatici di infiltrarsi nella rete delle vittime distribuendo un documento di testo appositamente progettato in Microsoft Word (.docx) o Rich Text Format (.rtf), che contiene un link a un allegato HTML esterno dannoso. Attraverso documenti di testo compromessi l’attaccante esegue codice dannoso da remoto sui sistemi delle vittime sfruttando una falla nel Microsoft Diagnostics Tool. Per Follina non è stata ancora rilasciata una patch, quindi i ricercatori di Kaspersky prevedono un numero crescente di attacchi che sfruttano questa vulnerabilità.

Il documento preparato dall’aggressore lancia MSDT

Quando viene aperto, il documento preparato dall’aggressore lancia MSDT, lo strumento di risoluzione dei problemi di Windows che raccoglie informazioni e le segnala all’assistenza Microsoft.
La riga di comando fornita a MSDT tramite l’URL distribuito provoca l’esecuzione di codice non attendibile. Questo consente all’attaccante di distribuire e installare programmi dannosi sul computer della vittima (compresi i controller di dominio vulnerabili), nonché rubare i dati memorizzati e creare nuovi account con pieni diritti utente. Insomma, l’attaccante può passare qualsiasi comando da eseguire sul sistema della vittima con i privilegi dell’utente che ha aperto il documento di testo.

In un mese rilevati oltre 1.000 tentativi di attacco

Purtroppo il comando può essere trasmesso al sistema bersaglio anche nel caso in cui la vittima abbia aperto il documento in modalità protetta, o addirittura nel caso in cui non lo abbia aperto affatto.
Complessivamente, dall’inizio di maggio 2022 al 3 giugno, i prodotti Kaspersky hanno rilevato oltre 1.000 tentativi di sfruttamento della vulnerabilità appena scoperta. Circa il 40% di questi tentativi sono stati registrati negli Stati Uniti, seguiti da Vietnam (8,3%) e Pakistan (8,2%).
La situazione è diversa se si considerano i Paesi classificati in base agli utenti unici più colpiti. In questo caso, il Pakistan è in testa, con quasi il 45% degli utenti colpiti, seguito da Russia (6,5%) e Stati Uniti (4,32%).

Colpite le reti aziendali

“Una volta segnalata una vulnerabilità precedentemente sconosciuta, i criminali informatici intensificano la loro attività per trarre il massimo vantaggio dalla situazione – commenta Alexander Al. Kolesnikov, esperto di sicurezza di Kaspersky -. La vulnerabilità Follina ne è un esempio. Abbiamo osservato numerosi tentativi di sfruttare la vulnerabilità nei prodotti MS Office sulle reti aziendali e prevediamo che il numero di tali attacchi crescerà. La vulnerabilità potrebbe essere sfruttata per vari motivi, dalla fuga di dati agli attacchi ransomware. Stiamo monitorando attentamente il panorama delle vulnerabilità per migliorare il rilevamento generico di Follina. Pertanto, raccomandiamo vivamente agli utenti di affidarsi alle più recenti informazioni sulle minacce e di installare soluzioni di sicurezza che individuino in modo proattivo sia le minacce note sia quelle sconosciute”. 

Auto, quanto mi costi: il caro benzina limita l’uso delle quattroruote

Il caro bollette, eletto agli aumenti di tutti gli energetici, si fa sentire nelle famiglie italiane. E così i nostri connazionali cercano di correre ai ripari, come possono: tra le tante strategie per salvare il budget familiare, c’è anche quella di utilizzare meno la macchina.
Nonostante il taglio delle accise, il prezzo del carburante continua a salire e il Governo valuta nuovi interventi. 

Il 46% ha ridotto l’uso della macchina

Gli automobilisti, nel frattempo, corrono ai ripari; secondo l’indagine commissionata da Facile.it a mUp Research, negli ultimi tre mesi quasi 1 italiano su 2 (46%) ha ridotto l’uso dell’auto, specialmente nel tempo libero, pur di risparmiare. Le strategie adottate – si legge nell’indagine condotta su un campione rappresentativo della popolazione nazionale – sono diverse; il 47% dei rispondenti, pari a circa 20 milioni di individui, ha dichiarato di prestare maggiore attenzione nella scelta della pompa di benzina, mentre quasi 1 automobilista su 3 ha modificato il proprio stile di guida adottandone uno idoneo a ridurre i consumi di carburante.

Il prezzo continua a salire

Purtroppo lo scenario non sembra destinato a migliorare, almeno nel breve periodo. Il prezzo del carburante è infatti tornato a salire. Secondo i dati ufficiali aggiornati al 31 maggio, nella modalità self il costo medio della benzina è arrivato a 1,914 euro al litro, mentre per il diesel a 1,831 euro al litro; tra le cause dei recenti rincari vi sono le quotazioni del greggio, in continua salita, e l’embargo al petrolio russo deciso dell’UE.

Le soluzioni degli italiani contro il caro-benzina

Un’altra indagine condotta da MediaWorld, denominata “Gli italiani e l’energia”, evidenzia altre strategie messe in campo dagli italiani per affrontare questo momento di sensibili rincari. Dall’analisi è emerso che 7 italiani su 10 hanno scelto di reagire contro l’impennata dei prezzi cambiando abitudini di vita, mentre gli altri si sono rassegnati a pagare di più. Ad esempio il 70% degli italiani ha deciso di trovare un sistema per usare meno l’automobile tradizionale: di questi il 40% adesso si muove a piedi, il 13% ha virato verso un mezzo elettrificato, il 9% ha sostituito l’auto con i mezzi pubblici e l’8% ha scelto, ove possibile, di lavorare in smart-working per ridurre al minimo gli spostamenti in auto. Tra coloro che sono passati ai mezzi elettrici, più della metà (il 52%) ha scelto l’e-bike, il 23% un’auto ibrida e il 10% una vettura full-electric. Solo il 9%, invece, ha optato per il discusso monopattino elettrico.

Oltre l’84% degli italiani è su Internet

Internet è sempre di più una costante delle nostre vite, e non si parla solo delle fasce d’età più giovani. La riprova sono le evidenze delle analisi di Datareportal, che ha pubblicato tutti i dati aggiornati a febbraio 2022 relativi alla diffusione del web in Italia, rivelando numerosi dettagli sul comportamento digitale nel nostro paese.

Oltre 78 milioni di connessioni via smartphone

Dall’analisi risultano alcuni elementi davvero interessanti. Ad esempio, si legge che su una popolazione di 60,32 milioni di persone ci sono 78,22 milioni di connessioni via smartphone. Gli utilizzatori abituali di Internet sono 50,85 milioni, l’84,3 per cento della popolazione, mentre chi usa i social media abitualmente è il 71,6 per cento, 43,2 milioni di persone. La celebrità più cercata su Google è stata Raffaella Carrà, lo show TV più visto in streaming Lupin su Netflix, e il film che ha guadagnato di più 007 No Time To Die. Il gioco mobile più giocato in Italia è Clash Royale.

Quasi tutti gli italiani possiedono uno smartphone

Per quanto riguarda i device, il 97,3 per cento della popolazione italiana possiede uno smartphone, l’1,6 per cento un feature phone, il 75,4 per cento un computer laptop o desktop, il 53 per cento un tablet, il 36,8 per cento una console per videogiochi, il 28,1 per cento uno smartwatch, il 19,6 per cento un set top box per lo streaming, il 17,4 per cento almeno un dispositivo per smart home e solo il 2,8 per cento un casco per la realtà virtuale. 

Quanto tempo on line? E per cosa?

Giornalmente, gli Italiani trascorrono 6 ore e 9 minuti su Internet, 3 ore e 12 minuti guardando la TV, 1 ora e 47 minuti sui social media, 1 ora e 22 minuti leggendo testate giornalistiche online e su carta, 1 ora e 5 minuti ascoltando musica in streaming, 48 minuti giocando con una console e 29 minuti ascoltando podcast. Smartphone e computer sono gli strumenti più diffusi per navigare nel web, rispettivamente il 47,37 e il 50,49 per cento del traffico totale. Chrome è il browser più diffuso, utilizzato dal 66,74 per cento degli utenti, seguito da Safari al 18,50 per cento e Edge al 3,99 per cento. Google, Facebook e YouTube sono i siti più frequentati in assoluto, mentre Repubblica.it è la testata giornalistica più letta. Google è il motore di ricerca numero uno, usato dal 94,67 per cento della popolazione, seguito a grandissima distanza da Bing con solamente il 3,33 per cento. 

Il purchase journey digitale nel mercato Pharma

Un’analisi GfK Sinottica mostra come il canale digitale per il mercato Pharma stia acquisendo sempre più rilevanza e target diversificati, con numeri di tutto rispetto, e pari ad altre categorie di prodotto che da più tempo sfruttano l’online come canale privilegiato.
I target coinvolti non sono solo più numerosi, ma anche più diversificati. Si tratta, infatti, sia di segmenti contemporanei già avvezzi allo shopping online sia di componenti più mature e tradizionali, che in virtù della ricerca di soluzioni utili ed efficaci, abbracciano con inedito interesse il web. In particolare, gli acquirenti online di prodotti medicali (farmaci, integratori, dispositivi medico/sanitari) si caratterizzano per gli stili di benessere tipici di Millennials e GenX.

Oltre 7 milioni di italiani acquistano online prodotti per salute e benessere

Gli stili che rappresentano meglio questi due segmenti sono Sporty Performers, Experiency Seekers e Beauty&Wellness Lovers, per i quali benessere e salute significano essenzialmente armonia psicofisica, tempo per sé e benessere della mente, perseguiti tramite performance sportiva, cura del corpo e dell’aspetto, alimentazione sana. Di fatto, oggi più di 7 milioni di italiani si affidano ai canali digitali per l’acquisto di integratori alimentari (54%), dispositivi medico/sanitari (51%) e farmaci da banco (48%). Il tutto all’insegna di un concetto di benessere sempre più olistico, dove l’equilibrio tra mente e corpo è centrale. Il 39% degli italiani dichiara che essere in salute significa godere di una piena armonia psicofisica.

Anche i Baby Boomers apprezzano l’innovazione

L’acquisto online di prodotti Pharma riesce oggi a intercettare però anche frange di Baby Boomers, target dal profilo più classico e maturo. 
In questo caso, si tratta di stili come i Wellbeing Planners, con un’attitudine globale al benessere, alla prevenzione e alla salute, che si sta facendo via via più contemporanea. Gli stessi, apprezzano non solo i prodotti più innovativi, ma anche un canale di acquisto fino a oggi poco esplorato e di interessante potenzialità.

Massimizzare la relazione e l’engagement dei consumatori

Un contesto sempre più sfidante e carico di opportunità, quindi, in cui la propensione all’acquisto online di prodotti per la salute (farmaci da banco, integratori, automedicazione, prodotti omeopatici) raggiunge il 34% della popolazione italiana.I principali takeouts dell’analisi GfK Sinottica confermano elementi cruciali, quali la complementarietà dei canali online e offline in piena cultura phygital, la presenza di target diversi con un approccio al benessere e alla salute dalle molteplici declinazioni, la necessità del prodotto di abbracciare il cambiamento dei consumatori. Fattori che sottolineano l’importanza strategica di individuare tone of voice, codici e linguaggi della comunicazione, in grado di calarsi sulle nuove personas, per massimizzare la relazione e l’engagement dei consumatori.

Prestiti: ad aprile crescono le richieste da parte degli italiani

Anche nel mese di aprile 2022, continua a crescere in maniera sostenuta la propensione da parte delle famiglie a richiedere un sostegno all’acquisto di beni e servizi. Sebbene ad aprile l’inflazione abbia toccato il +6,2%, il massimo storico da settembre 1991, e i tassi di interesse siano in salita, dall’analisi delle richieste registrate sul Sistema di Informazioni Creditizie di CRIF, i prestiti finalizzati all’acquisto di beni e servizi segnano un +35,6%, confermando la crescente propensione delle famiglie a far fronte a nuove spese tramite un finanziamento. Sostenuta anche la crescita delle richieste di prestiti personali, sia rispetto a marzo sia rispetto al corrispondente mese del 2021 (+32,3%).

Diminuisce l’importo medio, ma si allungano i piani di rimborso 

Ad aprile, l’importo medio dei finanziamenti richiesti per i prestiti personali e finalizzati si attesta a 8.811 euro, con una contrazione del -7,0% rispetto al valore dello stesso mese nel 2021. Nel complesso, il 54,3% delle richieste presenta un importo inferiore ai 5.000 euro. Per quanto riguarda i prestiti finalizzati, l’importo medio richiesto si attesta a 6.089 euro (-13,2% rispetto ad aprile 2021), contro i 12.940 euro dei prestiti personali (-1,3%). In generale, gli italiani preferiscono una durata dei finanziamenti più lunga: il 20,4% del totale delle richieste prevede un piano di rimborso fino a 36 mesi, e il 23,8% oltre i 5 anni, privilegiando quindi soluzioni che pesino il meno possibile sul reddito familiare. E se la fascia di età maggiormente rappresentata resta quella tra 45-54 anni (24,4%), gli under 35 sono il 25,1% del totale.

Il Buy now pay later si afferma nel mercato dell’e-commerce

Il Buy Now Pay Later (BNPL), linee di credito con ticket molto contenuti e un piano di rimborso di brevissima durata, è la nuova modalità di pagamento che si sta affermando nel mercato dell’e-commerce. Il BNPL registra tassi di crescita della domanda sensibilmente maggiori rispetto al credito al consumo finalizzato, con un incremento medio annuo del +134% e picchi trimestrali del +194%.
I Baby Boomers (nati tra dal 1944 al 1964) fanno registrare la crescita maggiore, con un trend medio del +173%. A conferma che seppur il BNPL sia una modalità di acquisto particolarmente diffusa tra la Gen Z, cresce l’interesse manifestato anche all’interno delle generazioni meno giovani.

Il BNPL non è del tutto ‘risk free’

Pur rimanendo un fenomeno tendenzialmente a basso rischio, i contratti BNPL registrano una rischiosità maggiore rispetto ai finalizzati small ticket. Nel primo semestre 2021 la rischiosità dei contratti BNPL è stata 1,7 volte quella dei finanziamenti tradizionali, a conferma di come il BNPL non sia del tutto ‘risk free’, e stia registrando tassi di insoluto in aumento. Quanto al profilo creditizio degli utenti che richiedono un prodotto BNPL, la percentuale di clienti New to Credit (clienti che non hanno alcuna storia creditizia pregressa) è nettamente superiore alla media di mercato (13% del totale). Chi ricorre a questa forma di credito, solo nel 28% dei casi è titolare di un mutuo, mentre è preponderante il possesso di prestiti, in particolare, finalizzati (60%).

Picco di iscrizioni per Mastodon, “l’alternativa etica a Twitter”

Fondato nel 2016 dal tedesco Eugen Rochko, allora 24enne, Mastodon è il social che si autopresenta come “l’alternativa etica a Twitter”. Una piattaforma conta 4,4 milioni di iscritti, e che negli ultimi giorni sta registrando a un vero e proprio boom di download. Una crescita considerevole, causata forse dall’acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk: da quel momento infatti è scattata la corsa degli utenti verso piattaforme alternative, e la principale candidata al momento sembra essere Mastodon.
Secondo lo stesso Rochko, la notizia dell’acquisizione di Twitter da parte di Musk ha innescato un picco di iscrizioni. E su Twitter ora Mastodon è al quarto posto tra gli argomenti più cinguettati.

No a pubblicità sul “social network federato” 

Il social si caratterizza per l’assenza di pubblicità e profilazione degli utenti, ma soprattutto è interamente guidato dalla sua community, che controlla e segnala i post che violano le regole di utilizzo. L’aspetto di Mastodon è quello di un microblogging in stile Twitter, con un limite di 500 caratteri, e si descrive come “la più grande rete di microblogging libera, open-source e decentralizzata del mondo”. Questo perché non si appoggia a un server centrale, bensì su una rete di ‘nodi’ collegati, tanto da definirsi anche come “social network federato”.

La pubblicazione dei contenuti non risponde agli algoritmi di profilazione

Mastodon è formato da circa 3mila canali, chiamati ‘istanze’, ognuna con le proprie regole d’uso e argomenti vietati.
Ad esempio, su Mastodon.uno, la prima istanza generalista indirizzata ai soli utenti di lingua italiana, è vietata l’apologia di fascismo, cosi come sono vietati razzismo, sessismo, transfobia, proselitismo e intolleranza religiosa, nonché la diffusione intenzionale di fake news, riporta Ansa. Inoltre, la pubblicazione dei contenuti non risponde ad alcun algoritmo che metta in evidenza post che si potrebbero trovare interessanti. Infatti Mastodon mostra tutto in ordine cronologico. E non c’è un unico flusso di informazioni: i post sono pubblicati in diversi hub.

La community gestisce la segnalazione dei post che violano le regole

Il controllo dei contenuti, riporta Techprincess, spetta poi solo alla community, che gestisce la segnalazione dei post che violano le regole. Una prospettiva che in un periodo in un cui le fake news abbondano può spaventare, ma Mastodon crede che lo sforzo collettivo funzioni meglio di qualsiasi algoritmo. 
“Se non volete un social network in cui Mark Zuckerberg, Jack Dorsey o un altro ceo miliardario determini cosa potete pubblicare e quali post possano diventare popolari, Mastodon è una buona alternativa”, si legge nell’hub italiano Mastondon.uno. In ogni caso, dopo il debutto su iOS, Mastodon ora arriva anche su Android. Resta da vedere se la crescita della piattaforma sarà davvero sostenibile.

Export digitale italiano: +15% nel 2021

Nel 2021 le esportazioni digitali Made in Italy, ovvero l’export italiano di beni di consumo diretto, tramite sito proprio, marketplace o siti di vendite private, o intermediato, tramite retailer online, sono cresciute del +15%, toccando un valore di 15,5 miliardi di euro. Le esportazioni digitali B2c hanno invece raggiunto un peso pari al 9% dell’export complessivo, online più offline. Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Export Digitale della School of Management del Politecnico di Milano. Secondo lo studio, il settore più importante, pari al 56% del mercato complessivo dell’export digitale B2c e B2b2c, si conferma il fashion, con un valore di 8,6 miliardi di euro nel 2021, +20% sul 2020, superando i valori pre-Covid.

I settori dell’export B2c

Il secondo settore è il food & beverage, con un export online di 2,2 miliardi di euro, il 14% del totale, che prosegue la crescita (+10%), ma rallenta dopo l’exploit 2020 (+46%). Il terzo comparto è l’arredamento (1,2 miliardi, +12%), pari al 7% del totale delle esportazioni online di beni di consumo.
Elettronica, cosmetica, cartoleria, giochi, articoli sportivi e gli altri comparti valgono invece complessivamente il 23% dell’export digitale B2c. Le previsioni iniziali per il 2022 si stanno rivelando però troppo ottimistiche. Un’eventuale totale interruzione delle esportazioni digitali verso il mercato russo potrebbe portare a una perdita di circa 430 milioni di euro di esportazioni B2c, per oltre l’80% riconducibile al fashion.

Cresce anche l’export digitale B2b

L’export digitale B2b nel 2021 ha raggiunto un valore di 146 miliardi di euro, anch’esso in crescita del 15% rispetto al 2020, e con un peso del 28,3% sull’export complessivo di prodotti. Con l’eccezione del settore farmaceutico, in forte flessione dopo il boom del 2020, per tutti i settori B2b l’export online è cresciuto in modo importante, tornando sopra i livelli pre-Covid: nel 2019 il valore era di 134 miliardi. Nel B2b, la filiera più digitalizzata è l’automotive (33 miliardi, il 22,6% del totale), con una crescita quasi doppia rispetto a quella dell’export complessivo (+40% rispetto al 22,6% dell’export complessivo). Seguono poi il tessile e abbigliamento (il 14,8%), la meccanica (10,8%), il largo consumo (6,9%), il materiale elettrico (4,8%) e l’elettronica (3,3%).

L’e-commerce verso l’estero

L’Osservatorio ha elaborato un indicatore per identificare i paesi di maggiore interesse per l’export digitale italiano. Sulla base della performance di ciascun paese è stato sviluppato un ranking che ordina i paesi in ordine decrescente di attrattività per l’export digitale italiano. Ai primi posti, in questa classifica, si trovano Stati Uniti, Svizzera, Germania e Francia. Gli stessi paesi, anche se in ordine diverso, si trovano ai primi quattro posti della classifica dei maggiori importatori dell’export italiano.
Scorrendo le due classifiche, però, si notano anche risultati che sorprendono. La Danimarca, ad esempio, si colloca a pari merito con la Cina al 5°posto nella classifica dei paesi di maggior interesse per l’export digitale italiano, ma nella classifica dei paesi importatori dell’export italiano non compare neppure nelle prime 17 posizioni. 

Il ritratto dei nomadi digitali 2.0: over 35 che scelgono il Sud Italia

A marzo 2022, con il decreto ‘Sostegni-ter’, è stata approvata una norma che introduce nel nostro ordinamento la figura dei nomadi digitali, definiti come “cittadini di un Paese terzo, che svolgono attività lavorativa altamente qualificata attraverso l’utilizzo di strumenti tecnologici che consentono di lavorare da remoto in via autonoma ovvero per un’impresa anche non residente nel territorio dello Stato italiano”.
I nuovi nomadi digitali 2.0, sono cresciuti: non sono più ventenni, single, freelance della tecnologia al lavoro da qualche remota località asiatica. Oggi in prevalenza sono esperti di marketing e comunicazione over 35, si spostano con il partner e non disdegnano di soggiornare oltre 3 mesi in Italia, meglio se in una delle regioni del Sud.

Un fenomeno che interessa maggiormente le donne

Il 46% dei lavoratori da remoto intervistati dal Secondo Rapporto sul nomadismo digitale in Italia, condotto dall’Associazione italiana nomadi digitali e da Airbnb, ha già fatto esperienze di nomadismo digitale, mentre il restante 54% dichiara di volerlo fare nel prossimo futuro. E se il fenomeno interessa maggiormente le donne, che rappresentano il 54% degli intervistati, l’età di riferimento è quella dai 25 ai 44 anni (67%). A livello professionale cade quindi lo stereotipo del giovane freelance che lavora in ambito tecnologico: il nuovo remore worker è un dipendente o collaboratore (52%), impiegato principalmente nei settori del marketing e comunicazione (27%) e presenta in media un alto livello di istruzione. Il 42% ha una laurea e il 31% un master o un dottorato.

Non solo single

Questo tipo di esperienza, riporta Adnkronos, poi non è più ad appannaggio dei single: chi la sceglie, infatti, preferisce la compagnia del proprio partner (44%) o della famiglia (23%). Il Mezzogiorno e le isole sono destinazioni gradite complessivamente da 3 intervistati su 4 (76%). Le attività che vorrebbero maggiormente sperimentare, e che interessano più remote worker e nomadi digitali, sono gli eventi culturali e quelli enogastronomici (60%), seguiti da attività a contatto con la natura (51%), esperienze originali e caratteristiche del territorio (40%) e attività di socializzazione con la comunità locale (37%).

Fino a 1 anno di remote working

Quanto alla durata del soggiorno, per molti potrebbe andare da 1 a 3 mesi (42%), oppure da 3 a 6 (25%). Complessivamente, per quasi un nomade digitale 1 su 2, la permanenza potrebbe durare oltre 3 mesi e fino a 1 anno (45%). Gli aspetti più rilevanti e irrinunciabili per i remote worker che vorrebbero vivere un’esperienza di nomadismo digitale in Italia, e che influenzano la scelta della loro destinazione, sono qualità della connessione (65%), costi della vita adeguati alle loro esigenze (61%), attività culturali (40%) e possibilità di sperimentare le tradizioni locali (37%).