GenZ: i trend che i marketer europei devono considerare

In Europa la popolazione tra 14-27 anni è pari a 48,5 milioni di persone, di cui 7,6 milioni in Italia. Pur trattandosi di un segmento meno ampio rispetto alle generazioni precedenti (i Boomer sono quasi 70 milioni), i GenZ continuano a essere al centro delle attenzioni delle aziende.
Ma quali sono i trend che i marketer devono tenere in considerazione, e le domande che devono porsi?

Anzitutto, nonostante gli stereotipi sulla loro pigrizia, dall’Osservatorio Eumetra emerge l’ambizione e il desiderio di guadagnare, ma anche poter lavorare da casa e per gestire meglio l’equilibrio con la vita privata.
Che il denaro a disposizione provenga dal lavoro o dalla ‘paghetta’, poi, la grande maggioranza dei GenZ qualcosa vuole risparmiare. Un aspetto che i player del settore finanziario devono considerare.

Nuovi stili di acquisto e pagamento

Se i social sono anche un modo per esplorare brand o prodotti e fare acquisti, si affermano nuove pratiche di pagamento, come il Buy now, pay later’. Ma è il benessere mentale la meta più ambita dei giovani.
L’ansia è in parte condizionata dai social media e dalla proposta di corpi irrealistici, minacce sui cambiamenti climatici e video di guerra. Il costo della psicoterapia per alcuni è insostenibile. Cosa possono fare i brand per supportare i giovani?

E come è cambiata la relazione con il proprio corpo rispetto al passato? Persiste l’inseguimento di modelli irrealistici o c’è una maggiore accettazione di sé e delle diverse caratteristiche individuali?

Eco-ansia, cambiamenti climatici, sostenibilità

È nota la sensibilità e l’attenzione delle nuove generazioni verso i temi della sostenibilità nella declinazione ambientale e sociale. Otto GenZ su 10 ritengono che sia importante prendere misure urgenti per combattere il cambiamento climatico. Ma cosa fa la Gen Z concretamente per contribuire a cambiare la situazione attuale? Qual è il peso di questi temi sulla loro visione del futuro?

Quanto alla TV, quella lineare non è molto seguita dai GenZ, ma anche la TV in streaming deve competere con la visione di video o altro sulle diverse piattaforme online. Qual è la frequenza di esposizione a questi media? Che tipologie di contenuti sono preferiti?

Un nuovo immaginario per tante domande

Che ruolo ha la socializzazione fra i gamer della Gen Z? E quanto è diffuso il gioco con vincite in denaro? E ancora, quali sono le serie di fiction preferite? E i gruppi o i cantanti preferiti? Gli influencer seguiti? O quelli più associabili ai singoli settori? Qual è il peso dell’influenza di questi ultimi?

Le prime edizioni dell’Osservatorio Eumetra hanno evidenziato un atteggiamento decisamente diverso nei confronti delle marche rispetto alle altre generazioni. Meno legati alla notorietà e alla storicità della marche, i GenZ si attendono di avere qualcosa in ritorno dalle aziende e prestano particolare attenzione alle testimonianza di consumatori reali.
Insomma, come i brand possono coinvolgere i GenZ, e quali sono gli stili e i linguaggi di comunicazione più adatti a parlare con loro?

Healthcare, nuovi trend: benessere psicofisico e utilizzo delle nuove tecnologie

Rispetto a 5 anni fa, il 37% degli italiani dichiara di essere maggiormente interessato al proprio benessere fisico, mentre oltre un terzo è più attento al benessere psicologico, con un picco del 40% nella fascia di età tra 18 e 29 anni (fonte: Osservatorio Sanità UniSalute).
Nonostante l’aumento del costo della vita, le famiglie italiane sembrano decise di non rinunciare alle spese sanitarie, limitando invece quelle per beni e servizi ritenuti non essenziali.

Per approfondire questo tema Nomisma ha realizzato una ricerca i cui risultati completi verranno presentati in occasione dell’evento About Health, dedicato a trend, normative e strategie di web marketing nel settore salute che si terrà a Bologna il prossimo 23 maggio.

A chi rivolgersi per cure e controlli?

La crisi sanitaria connessa alla diffusione della pandemia Covid-19 ha indubbiamente influenzato l’approccio degli italiani al tema salute e al tema del ricorso a cure e visite mediche. Al tempo stesso, ha condizionato anche l’operato delle strutture sanitarie italiane.

Ma a chi si rivolgono gli italiani per i controlli e le cure?
Dopo la pandemia, circa 13 milioni di persone hanno preferito prestazioni in libera professione, erogate da strutture private. Tra i criteri che guidano questa scelta, oltre a tempi di attesa inferiori (72%), anche maggiore disponibilità di date e orari per visite o esami (43%) e maggiore semplicità nel prenotare la visita o l’esame (28%).

La trasformazione digitale dell’healthcare

Un altro criterio riguarda la disponibilità di tecnologie avanzate (fonte: Osservatorio Sanità UniSalute).
A questo riguardo, il tema della trasformazione digitale del settore healthcare gioca un ruolo rilevante, tanto che la gran parte delle aziende sanitarie in Italia stanno dedicando ingenti risorse su questo fronte. Nel 2022 gli investimenti sono stati 1,8 miliardi di euro, soprattutto per cybersecurity, cartella clinica elettronica e telemedicina.

Del resto, 1 adulto su 3 utilizza strumenti digitali nell’ambito del benessere e della salute, considerando l’opportunità, in particolare, in termini di semplificazione all’accesso e all’utilizzo dei servizi (47%), maggiore possibilità di scelta (38%) e maggiore continuità nella cura (32%).

Internet o passaparola?

Nel complesso, il processo di digitalizzazione in ambito salute rappresenta una modalità integrativa della fruizione del servizio. Il contatto diretto con medici e professionisti sanitari non è messo in discussione, rappresentando sempre la modalità di interazione cruciale con il paziente.

Piuttosto, la digitalizzazione riguarda soprattutto la fase di ricerca di un servizio adeguato alle proprie esigenze.
Nelle fasi preliminari di individuazione della struttura a cui rivolgersi gli italiani si affidano infatti principalmente a internet, ritenuto più efficace per gli utenti del Nord Italia, mentre al Sud e nelle Isole il principale strumento è il passaparola e nelle regioni del Centro trova maggiore riscontro l’azione di promozione intrapresa dalle strutture sanitarie, realizzata tramite spazi fissi dedicati.

Gioco online: la tecnologia che dà sicurezza

Le innovazioni apportate dall’evoluzione della tecnologia permettono di offrire ai giocatori esperienze di gioco più immersive, realistiche e coinvolgenti da parte dell’industria dei casinò online.
Secondo uno studio di Farantube.com, realtà virtuale (VR), realtà aumentata (AR) e Intelligenza artificiale (AI) sono fra le principali responsabili della rivoluzione del settore del gaming e del gambling.

Grazie a VR e AR gli spazi dei casinò virtuali diventano veri luoghi di socializzazione tra utenti, mentre gli algoritmi dell’AI permettono di analizzare il comportamento di gioco e le preferenze dei giocatori, in modo da far vivere esperienze sempre più personalizzate.
Ma il potenziale innovativo tech è impiegato anche in favore della sicurezza. Blockchain e criptovalute, introdotte come metodo di pagamento, offrono elevati livelli di sicurezza e trasparenza nelle transazioni finanziarie dei siti gambling.

I crypto casinò

Su alcuni tipi di casinò, chiamati proprio casinò crypto, vengono utilizzate esclusivamente le criptovalute per le transazioni, perché offrono un livello di anonimato più alto, con commissioni di transazione più basse e tempi di prelievo più rapidi.
Ma il settore del gambling è stato raggiunto anche dall’Internet delle cose (IoT), che permette di raccogliere informazioni sui comportamenti e sulle preferenze di gioco degli utenti per migliorare il design e l’esperienza di gioco in generale.

Una grande opportunità per creare un gioco sempre più personalizzato, anche se l’IoT non è troppo rigido riguardo la salvaguardia delle informazioni dei giocatori, la sicurezza dei dati e la protezione della privacy.

Gioco mobile

Le tante applicazioni di casinò mobile e i siti web ottimizzati per device mobili danno la possibilità di giocare in maniera flessibile e accessibile da qualsiasi luogo e propongono una selezione di giochi diversificata, garantendo una navigazione fluida e metodi di pagamento sicuri.

I siti di gambling più all’avanguardia si sono poi muniti di una grafica avanzata e un design immersivo con l’integrazione di immagini HD, animazioni 3D ed effetti sonori autentici.
Gli sviluppatori di giochi ricoprono un ruolo fondamentale, devono tenersi costantemente aggiornati sulle nuove tecnologie e sui metodi di progettazione più innovativi per creare giochi coinvolgenti e dal grande impatto visivo.

Gioco online responsabile

Insieme all’integrazione delle nuove tecnologie, che permettono ai giocatori di vivere un’esperienza di gioco più sicura, esiste la necessità e la responsabilità, da parte degli operatori del settore, di adottare tutte le misure necessarie a promuovere il gioco responsabile. Ovvero, garantire pratiche di gioco corrette e limitare il rischio del gioco patologico.

In ogni caso, ogni tecnologia innovativa stabilisce nuovi modelli di business e strategie operative più mirate. I casinò online, quindi, devono esplorare nuovi orizzonti, raggiungere nuovi mercati, offrire tipologie di giochi sempre diverse e interessanti e operare nel modo più efficiente e sicuro possibile.

Salute mentale, come promuoverla anche in azienda?

Il tema della salute mentale è motivo di preoccupazioni su scala mondiale. A livello globale, infatti, il 32% della popolazione segnala la presenza di disturbi mentali, in aumento del 5% rispetto al 2022. In Italia, la percentuale si attesta al 28%, ma registra una crescita di 6 punti rispetto all’anno precedente.

Questi dati emergono dalla quarta edizione del Mind Health Report, un’indagine condotta da Ipsos per AXA sul benessere mentale in 16 Paesi, inclusa l’Italia.Tra i campanelli d’allarme principali vi è una scarsa consapevolezza sull’argomento e un aumento dell’autodiagnosi e dell’autogestione.

Benessere mentale e lavoro

In particolare, stanno raggiungendo livelli allarmanti i problemi di benessere mentale legati al lavoro. Tuttavia la maggior parte delle persone non considera il lavoro la principale causa di tali difficoltà.

Salute mentale in Italia

In Italia, il 28% della popolazione ha sofferto di disturbi mentali nell’ultimo anno, con un aumento del 6% rispetto all’anno precedente. L’ansia è il disturbo più comune (14%), seguito dalla depressione (12%). Sul fronte della gestione e della cura, il 44% degli italiani ha scelto di auto-gestire disturbi relativi al benessere mentale, un trend in aumento di 7 punti rispetto al 2022 e più diffuso rispetto al resto del mondo (40%). Un terzo degli italiani sospettati di soffrire di depressione, ansia o stress (33%), inoltre, non ha visto un medico quest’anno.  Dalla ricerca emerge una scarsa consapevolezza sull’importanza del supporto professionale e un aumento dell’autodiagnosi e dell’autogestione dei disturbi mentali.

Salute mentale… in ufficio 

A livello globale, le difficoltà mentali sono principalmente attribuite a ragioni personali anziché professionali. Tuttavia, in Italia, il 76% dei lavoratori manifesta disturbi collegati al lavoro, come stanchezza, perdita di interesse, disturbi del sonno, stress e ansia.

Che ruolo hanno le aziende? 

C’è un certo scetticismo sul supporto offerto dalle aziende, con oltre la metà del campione che ritiene che l’azienda non si preoccupi della salute mentale dei propri dipendenti.

Cosa vorrebbero gli italiani?

Cosa chiedono quindi gli italiani alle aziende per cui lavorano? Su questo tema vorrebbero azioni mirate quali una giornata dedicata al benessere mentale e consulenze specialistiche esterne, quest’ultime particolarmente ricercate da donne e giovani.

Il supporto offerto dal datore di lavoro impatta positivamente sulla decisione di rimanere in azienda, secondo il 50% degli italiani, soprattutto i giovani. Un investimento che paga in salute e non solo, dunque.

LinkedIn punta (anche) sul gaming?

Probabilmente l’obiettivo è far divertire i propri utenti, regalando loro qualche momento di relax oltre che di lavoro. Il tutto a vantaggio dell’engagement. Potrebbe essere questa la strategia di LinkedIn, la piattaforma social di proprietà di Microsoft, che si appresta a entrare nel settore del gaming online. Con oltre un miliardo di utenti attivi, LinkedIn mira a incrementare l’interazione degli utenti attraverso l’esperienza di gioco. La notizia è stata parzialmente confermata da fonti interne alla società. 

Focus su giochi in stile puzzle: una strategia vincente

LinkedIn sta capitalizzando il successo dei giochi in stile puzzle, come il popolare Wordle, che ha catturato l’attenzione di milioni di giocatori in tutto il mondo. I primi tre titoli in fase di sviluppo, “Queens”, “Inference” e “Crossclimb”, promettono di combinare il divertimento dei rompicapo con la competizione tra colleghi e aziende.

Una delle proposte più interessanti che LinkedIn sta esplorando è l’organizzazione dei punteggi dei giocatori in base al luogo di lavoro, creando delle autentiche “classifiche aziendali”. Questa caratteristica potrebbe aggiungere un pizzico di pepe e di competitività in più, incoraggiando i dipendenti a dare il massimo nei giochi proposti e a scalare le posizioni tra aziende. Secondo un portavoce di LinkedIn, l’obiettivo dei giochi basati su puzzle è quello di creare momenti di divertimento, approfondire le relazioni e stimolare conversazioni.

Microsoft e il mondo del gaming: una partnership promettente?

Microsoft, proprietaria di LinkedIn, è un colosso nel settore dei videogiochi, con fatturati stellari provenienti da Xbox, Activision Blizzard e ZeniMax. È ancora da verificare se e in che modo Microsoft sarà coinvolta nel progetto di gaming di LinkedIn, ma il potenziale per una collaborazione di successo è sicuramente alto. I giochi casual basati su puzzle continuano a dominare le classifiche delle app più popolari, sia in termini di ricavi sia di coinvolgimento degli utenti. Piattaforme non strettamente legate al gaming, come giornali e riviste, hanno già sfruttato questa tendenza per aumentare il traffico, come dimostra la popolarità dei cruciverba. Ora, anche LinkedIn si prepara a cogliere questa opportunità.

Sperimentare per crescere

Negli anni, LinkedIn ha testato diverse funzionalità per aumentare l’engagement degli utenti, adattando strumenti sempre più tailor made per il suo target. Dalla formazione online allo sviluppo professionale, passando per le notizie e i contenuti video, la piattaforma ha costantemente cercato di offrire esperienze pertinenti per il mondo del lavoro. L’introduzione dei giochi online rappresenta un nuovo capitolo in questa strategia di crescita. Non resta che aspettare e vedere come gli utenti accoglieranno la novità. 

Chatbot a robotica entrano nel Food

Dalla robotica alle automazioni di ordini e prenotazioni, dai software gestionali alle strategie di comunicazione e marketing, nel 2023 si consolida l’impiego di tecnologie in sala e in cucina. Per un ristoratore su due questi strumenti consentono di far risparmiare allo staff fino a 20 ore di lavoro a settimana.
Emerge dalla ricerca ‘Tecnologia in Ristorazione – Scenari e Opportunità’, effettuata dall’Osservatorio Ristorazione.

Il 2023 della ristorazione verrà tuttavia ricordato come l’anno della diffusione capillare dell’AI. Quattro ristoratori su 10 ne hanno fatto uso in maniera costante, e per il 2024 il 73% dichiara di volerne implementare o potenziare l’uso, tra chatbot e strumenti generativi di foto e video, per proporre contenuti sempre più calibrati sul gusto dei clienti.

La tecnologia sopperisce alla mancanza di personale

L’84% dei ristoratori utilizza strumenti tecnologici in sala, in prevalenza gestionali di cassa, prenotazioni e ordini. Il 9% utilizza sistemi di self order, tra totem e menu digitali integrati con la cassa, che consentono di risolvere il problema del reperimento di personale ai tavoli. Solo l’1% dispone di robot di sala.

I ristoratori che utilizzano tecnologia in cucina rappresentano il 77% e fanno ricorso a supporti in grado di elevare la qualità della produzione.
Tra gli impieghi, spopolano i software per la gestione del magazzino e il calcolo del food cost, sistemi di ricezione e gestione delle comande, e per il 16%, l’utilizzo di robotica da cucina.
Anche in questo caso, l’impatto principale è sul lavoro più operativo, senza sacrificare a creatività degli chef.

Anche fuori dal ristorante spopola il ricorso al tech

All’esterno del ristorante, il 95% mette in moto azioni di marketing digitale nei confronti del mondo esterno.
Sul podio degli strumenti più utilizzati, social media (91%), piattaforme per le prenotazioni (73%) e WhatsApp Business (60%).
Molto utilizzati anche i software per l’email marketing (49%) e le piattaforme di intermediazione (The Fork, Just Eat, Deliveroo e affini, 24%).

Il 12% dichiara inoltre di utilizzare e-commerce per vendere i propri prodotti, l’8% di declinare la comunicazione in prodotti editoriali come podcast e web-radio, e il 6% di fare ricorso ai canali Telegram per aggiornare i propri clienti.

Il 2023 è l’anno dell’AI

Il 78% dei ristoratori nel 2023 ha fatto uso dell’AI per velocizzare o migliorare la stesura di testi, come contenuti social, e-mail e app di messaggistica. Ampio impiego (tra 23% e 35%), anche per l’elaborazione di piani editoriali, traduzioni, descrizioni dei piatti, stesura di procedure interne, ricerca di informazioni e dati.

Alla domanda sulle previsioni di utilizzo dell’AI nel 2024, riporta Adnkronos, la percentuale relativa alla stesura di testi per comunicare verso l’esterno cala al 54%, mentre crescono notevolmente l’analisi di dati (dal 13 al 40%), la produzione di idee creative (37%, 53%), la generazione di foto e video (36%, 47%) e la ricerca di spunti per le ricette (23%, 33%).

Le aziende utilizzano AI e IoT nei processi operativi

Intelligenza artificiale (AI) e Internet of Things (IoT) costituiscono una rete in continua crescita di dispositivi, applicazioni e sistemi collegati a Internet e tra loro. Trasformano le imprese, consentendo di raccogliere più dati e automatizzare i processi, ma comportano anche nuovi rischi e sfide per la sicurezza delle risorse aziendali, e la protezione dei clienti.

Un recente studio di Kaspersky ha rivelato che oltre il 50% delle aziende ha implementato l’AI e l’Internet of Things nelle infrastrutture aziendali. E il 33% prevede di adottare queste tecnologie entro due anni.
Ma gli esperti consigliano ai dirigenti aziendali di assicurarsi di adottare le soluzioni di cybersecurity adeguate per proteggerle.

Connettere il futuro del business

Per aiutare le aziende ad affrontare i cambiamenti che le tecnologie interconnesse comportano, Kaspersky ha realizzato la ricerca ‘Connecting the future of business’, che ha coinvolto 560 responsabili senior di IT security provenienti da Nord America, America Latina, Europa, Medio Oriente e Africa, Russia e Asia-Pacifico.
Con questo studio, Kaspersky ha cercato di analizzare l’opinione degli intervistati sulle tecnologie interconnesse. Oltre ad AI e IoT, anche Realtà aumentata (AR), Realtà virtuale (VR) e digital twins, 6G, Web 3 e Data space.

AI e IoT sono già utilizzati rispettivamente dal 54% e dal 51% delle aziende, e una su tre prevede di adottarli entro due anni. I data space sono invece utilizzati dal 32% delle imprese, e quasi la metà (49%) ha intenzione di adottarli nel prossimo futuro.
Digital twins, AR, VR, Web 3.0 e 6G sono utilizzate solo da un’azienda su cinque (20%-21%), ma più del 70% sta pensando di integrarle nei propri processi aziendali.

L’innovazione è più difficile da proteggere

Ma a fronte di un’incredibile diffusione AI e IoT sono vulnerabili a nuovi vettori di attacchi informatici.
Il 16%-17% delle organizzazioni ritiene che AI e IoT siano difficili da proteggere, mentre solo l’8% di chi utilizza l’AI e il 12% di chi dispone dell’IoT ritiene che le proprie aziende siano completamente protette.

Tuttavia, minore è l’implementazione delle tecnologie, maggiore è la difficoltà di proteggerle, e viceversa.
Ad esempio, AR/VR e 6G, che sono meno adottati, secondo il 39%-40% delle aziende risultano essere le tecnologie più difficili da proteggere.

Immense opportunità commerciali, ma attenzione alle minacce informatiche

“Le tecnologie interconnesse offrono immense opportunità commerciali, ma inaugurano anche una nuova era di vulnerabilità a gravi minacce informatiche – ha commentato Ivan Vassunov, VP, Corporate products, Kaspersky -. Con un numero sempre maggiore di dati raccolti e trasmessi, le misure di sicurezza IT devono essere rafforzate. Le imprese devono proteggere le risorse più importanti, rafforzare la fiducia dei clienti in un panorama interconnesso in espansione e garantire risorse adeguate alla sicurezza informatica, in modo da poter utilizzare le nuove soluzioni per fronteggiare le nuove sfide della tecnologia interconnessa”. 

L’intelligenza artificiale? Sempre più simile a quella umana (anche nelle debolezze)

L’intelligenza artificiale (IA) sta sempre più assimilando tratti umani, al punto da manifestare stati d’animo riconducibili all’esperienza tipica delle persone. Lo hanno dimostrato recenti studi che indicano la possibilità che l’IA possa addirittura sperimentare stati di ansia.
Un approfondimento su questo fenomeno è stato pubblicato sulla rivista PNAS, dove sono stati analizzati i comportamenti dei più avanzati modelli di chatbot IA, in particolare le versioni GPT-3.5-Turbo e GPT-4 sviluppate da OpenAI.
E dall’analisi sono emerse notevoli somiglianze con il comportamento umano.

Menti umane e artificiali a confronto

Lo studio ha coinvolto un vasto campione di oltre 108.000 partecipanti provenienti da oltre 50 paesi a cui è stato somministrato un test di Turing.  Le stesse domande sono state rivolte ai chatbot con un database di risposte umane, e poi confrontate con quelle del campione. I risultati ottenuti attraverso l’impiego del questionario OCEAN Big Five per valutare i profili di personalità e sei giochi comportamentali per esaminare tratti come altruismo, equità e avversione al rischio, sono stati davvero sorprendenti.

I chatbot? Più inclini alla generosità delle persone

ChatGPT-4 ha dimostrato di rispecchiare le medie umane in tutte le dimensioni della personalità, presentando leggere deviazioni rispetto a ChatGPT-3. Entrambi i chatbot hanno evidenziato comportamenti simili a quelli umani, con particolare attenzione all’estroversione e alla nevrosi. Inoltre, i chatbot hanno dimostrato una propensione alla generosità e all’equità superiore alla media degli esseri umani. I giochi comportamentali hanno rivelato che ChatGPT-4 ha spesso superato o eguagliato le performance umane, suggerendo la sua capacità di superare il test di Turing in specifici contesti.

Nota interessante, riferisce Adnkronos, è che i comportamenti dei chatbot si discostano dai comportamenti umani di base, orientandosi maggiormente verso l’altruismo e preferendo soluzioni che prevedono la cooperazione.

Imparare dalle esperienze

Un aspetto affascinante emerso dallo studio è la capacità dei chatbot di adattarsi e di apprendere dalle esperienze. Hanno dimostrato di poter modificare le proprie strategie in base al contesto e alle esperienze precedenti, comportandosi in modo sorprendentemente simile agli esseri umani.
Questi risultati aprono nuove prospettive sul potenziale delle intelligenze artificiali e sulla loro integrazione nella società, sollevando importanti interrogativi riguardo alle decisioni che le IA possono assumere. Per una comprensione più approfondita sull’intelligenza artificiale, è necessario attendere ulteriori test e approfondimenti.

Sì alle recensioni, no agli influencer: gli italiani e gli acquisti online

I consumatori italiani si fidano dei loro “colleghi” quando devono effettuare acquisti on line, mentre sono diffidenti nei confronti degli influencer. In sintesi, prima di comprare seguono le recensioni – specie quelle negative – e non gli adv di tiktoker e star di Instagram. E’ in sintesi quanto emerge ‘Tableau de bord®. L’indice di fiducia dei consumatori, monitor sugli italiani’, documento realizzato dall’Istituto Piepoli per Udicon, e che Adnkronos/Labitalia ha visionato e diffuso.

Il 25% del campione guarda sempre le recensioni online

Dall’indagine condotta tra il 5 e il 7 febbraio 2024 attraverso 500 interviste con metodologia Cati/Cawi su un campione rappresentativo della popolazione italiana, composto da uomini e donne dai 18 anni in su, emerge un interessante quadro sul comportamento d’acquisto degli italiani. Prima di prendere una decisione sull’acquisto di un prodotto o servizio, come ad esempio hotel, ristoranti o servizi medici, il 59% del campione si affida alle recensioni online, di cui il 25% lo fa sempre e il 34% a volte.

Per il 73% di coloro che consultano le recensioni, queste influenzano in modo significativo o abbastanza la loro scelta di acquisto. Sorprendentemente, il 93% ammette di optare solo per prodotti o servizi con recensioni positive molto alte.

Solo i giovanissimi si fidano degli influencer

Dall’analisi si scopre poi che la fiducia riposta nei confronti degli influencer, almeno al momento dell’indagine, non equivale a quella per le recensioni. Solo il 23% del campione dichiara di fidarsi molto o abbastanza degli influencer, mentre il 36% non si fida affatto e il 38% si fida poco. La situazione migliora nella fascia di età tra i 18 e i 34 anni, con il 44% che afferma di avere una fiducia significativa negli influencer.
Per il 44% degli intervistati gli influencer non hanno nessun impatto sulle decisioni di acquisto

Quanto alla reale influenza dei consigli degli influencer sulle decisioni d’acquisto, il 44% del campione sostiene che non hanno alcun impatto, mentre il 35% dichiara un’influenza limitata. Ancora una volta, è la fascia di età tra i 18 e i 34 anni a distinguersi, con il 44% dei giovani che ammette di essere influenzato – da abbastanza a molto –  dai consigli degli influencer.

Obiettivo trasparenza 

Per il presidente Udicon, Martina Donini, “le recensioni sono fonte di informazione nella vita quotidiana dei consumatori italiani. Viviamo nell’era della reputation economy dove le recensioni online sono diventate uno specchio delle esperienze dei consumatori. La gestione oculata di queste recensioni diventa cruciale per garantire un ambiente online affidabile e trasparente per gli acquirenti. Non possiamo permettere che alcuni giudizi recensiti siano influenzati da pratiche fraudolente o condizionate da bot. È nostro dovere assicurare e garantire che i consumatori abbiano accesso a informazioni oneste e non manipolate per prendere decisioni consapevoli nel processo di acquisto”, sottolinea con Adnkronos/Labitalia. Secondo Donini, “il rischio di commenti non verificati o falsi è sempre più alto e in questo contesto è necessario creare un sistema integrato tra le piattaforme per verificarne l’autenticità, proseguendo e rafforzando quella linea tracciata dalla recente Direttiva Omnnibus”.

“Per fare questo -aggiunge- dobbiamo obbligare le piattaforme ad adottare misure sempre più trasparenti e stringenti: rendere pubblico il processo di autenticazione, dichiarare e provare l’utilizzo effettivo di un prodotto, assicurare l’integrità dell’intero processo di raccolta e pubblicazione delle recensioni sono solo alcuni passi fondamentali per garantire la fiducia del consumatore ed evitare possibili pratiche commerciali scorrette”.

Global Risk Report: come affrontare i rischi globali nel 2024?

Da quasi due decenni, il Global Risks Report del World Economic Forum (WEF) svolge un ruolo chiave nel processo decisionale strategico. Realizzato in collaborazione con Marsh McLennan e Zurich Insurance Group, il Report 2024 esplora le sfide più pressanti che il mondo dovrà affrontare nei prossimi anni, con particolare attenzione ai cambiamenti tecnologici, l’incertezza economica, i problemi legati a clima e conflitti.
In un mondo caratterizzato da crescente complessità, incertezza e frammentazione, la previsione e la gestione del rischio globale diventano sempre più cruciali per i leader aziendali e i policy maker.

Tensioni geopolitiche, crisi climatiche e incertezze economiche contribuiscono a un panorama globale instabile, caratterizzato da narrativa polarizzante e crescente insicurezza. E mentre le società si adattano a queste sfide, la capacità di cooperare a livello globale viene messa alla prova.

La soluzione è il dialogo costruttivo tra governi, imprese e società civile

Il rapporto mette in luce la necessità di un maggiore consenso e cooperazione per affrontare efficacemente i rischi globali, identificando la possibilità di uno ‘sforzo minimo vitale’ per affrontare questi problemi in base alla loro natura.

Le intuizioni del rapporto sono supportate da dati originali sulla percezione del rischio globale, raccolti attraverso il Global Risks Perception Survey, che coinvolge leader globali provenienti da diverse aree, tra cui accademici, imprese, governi e società civile.
Guardando al futuro, il rapporto evidenzia la necessità di un dialogo aperto e costruttivo tra i leader del governo, delle imprese e della società civile per affrontare i rischi globali e sviluppare opportunità e soluzioni a lungo termine.

Le sfide future: clima, demografia, tecnologia, migrazioni

Dalla persistenza dei conflitti letali in varie regioni del mondo alle condizioni meteorologiche estreme legate ai cambiamenti climatici, il 2023 è stato caratterizzato da una serie di sfide.
Il malcontento sociale è cresciuto in molti paesi, con proteste violente e rivolte che hanno dominato i cicli di notizie. Sebbene le conseguenze destabilizzanti a livello globale siano state in gran parte evitate, le prospettive a lungo termine suggeriscono la possibilità di ulteriori shock globali.

Il rapporto delinea quattro forze strutturali che modelleranno la gestione dei rischi globali nel prossimo decennio: i cambiamenti climatici, la biforcazione demografica, l’accelerazione tecnologica e gli spostamenti geostrategici. Queste transizioni saranno caratterizzate da incertezza e volatilità, mettendo alla prova la capacità delle società di adattarsi e rispondere efficacemente ai rischi globali.

Supportare con le informazioni le decisioni politiche

A sostenere l’iniziativa del World Economic Forum nella gestione dei rischi globali ci penserà il neo nato Global Risks Consortium.
Il nuovo consorzio si concentrerà sull’elaborazione di azioni proattive per affrontare i rischi globali, migliorando la comprensione e la diffusione della previsione del rischio e promuovendo l’azione concreta attraverso il dialogo nazionale e di settore.

L’obiettivo principale di questa iniziativa è assicurare che i leader politici e aziendali di tutto il mondo prendano decisioni cruciali basate sulle migliori informazioni disponibili, riporta Adnkronos, con una chiara comprensione dei potenziali futuri e delle relative implicazioni.